Kultur | Tempi di crisi

Se Cacciari confonde Lilli Gruber con Eschilo

Cronaca semiseria di una serata all’insegna della banalità del bene. E pensare che ce la stavamo per perdere...

Preludio (noi, quasi-quasi, ci perdiamo l’evento)

“Aldo, ma sei sicuro che Cacciari e la Gruber la facciano qui la conferenza?”. È mercoledì, sono le 20.40 e noi – Aldo Mazza e io – ce ne stiamo tranquillamente seduti su una panchina (anzi, sull’unica panchina) piazzata sul marciapiede, davanti alla Biblioteca Civica di Merano. Intanto aspettiamo. Parliamo e aspettiamo. Il portone della biblioteca resta serrato come quello di una banca cinque minuti prima dell’annuncio di una bancarotta di Stato. A un certo punto si avvicinano due persone, una coppia, molto compita. Vedendoci, si rassicurano (“sarà qui”, dicono) e noi, incautamente, ci rassicuriamo vedendo loro. Certo, a dire il vero un po’ pochini, mancano già dieci minuti e siamo solo in quattro. Avremo sbagliato giorno? Allora Aldo si alza come in preda a una strana agnizione e va a leggere il manifesto. “No, guarda che non è mica qui, la fanno al Kursaal!”. Ci alziamo e improvvisiamo uno scatto improbabile. La coppia compita ci insegue.

Fuori, una folla

Accipicchia quanta gente. (Aldo: “Ma allora saranno qui per il concerto, stasera c’era anche un concerto”). Altro che concerto, sono tutti qui per sentire la Lilli Gruber e il Massimo Cacciari, due “personaggi” famosissimi, lei giornalista televisiva, figlia del tempo & madre dell’uva, lui sulfureo filosofo eracliteo da copertina. L’occasione è la presentazione dell’ultimo libro della Gruber, Tempesta, peraltro già molto pubblicizzato e venduto. Si parlerà certamente di storia locale, del nazismo, della memoria divisa e anche di questi tempi difficili. E allora vedi che alla gente gli piace, la cultura?

Dentro, una folla

Il Kursaal è pieno come per un congresso della Svp quando si tratta di “zammen halten”. Molti si sono anche vestiti eleganti, il posto lo richiede. C’è la televisione (non poteva mancare) e un mucchio di facce note. Si corre a prendere i posti. Ma i posti sono già finiti. Allora si corre verso il loggione. Alla fine riusciamo a sederci. Lo spettacolo – pardon, la conferenza – sta per cominciare.

Il bilinguismo ha sfondato

La Gruber parlerà in tedesco, Cacciari in Italiano. Ormai non si stupisce più nessuno, siamo nell’era Kompatscher, uno che se gli chiedi di definirti la sua identità non ti dice mica per prima cosa che è un tedesco: “Io amo le fragole, le gite in montagna, i quadri di Van Gogh e il jazz” – ti dice – e poi, ma solo alla fine, magari ti confessa a denti stretti che sì, è anche un tedesco. Le lingue si mescolano, insomma, il tempo dei muri è alle spalle e per vederlo ci vorrebbe un cannocchiale zelgeriano. Certo, è prevista la traduzione simultanea e qualcuno ha già in testa le cuffie, ma si tratta di una aussterbende Minderheit. Il gruppo etnico provvisto di cuffie, suvvia: roba da ridere. “Il bilinguismo ha sfondato”, mi fa Aldo sornione.

Quello che dice Cacciari

Dopo una breve presentazione fatta dalla Gruber, è Cacciari che inizia. E lo fa, ovviamente, parlando del libro della Gruber. Il filosofo - molto telegenico, tanto da sembrare quasi in collegamento da Königsberg – abbozza una lezione da prima liceo. “Il romanzo della Gruber ci dice cose fondamentali”, azzarda. “Al centro io vi vedo tre pensieri capitali”, insiste. “L’impossibilità di giudicare il passato stando alla sua stessa altezza, perché quando siamo coinvolti negli eventi non li possiamo giudicare – ur-teilen, sottolinea in tedesco; la forza lacerante della crisi – krisis, sottolinea in greco – che squarcia l’οἶκος, le calde pareti dell’Heimat, anche quella che si credeva più sicura e indistruttibile; la natura profondamente anarchica della tirannia, della dittatura, che porta χάος e insicurezza proprio a chi, affidandosi incautamente a un dittatore, vorrebbe trovare ordine e sicurezza”. Il pubblico, impressionato dalla potenza del λόγος cacciariano, vince la lotta contro i primi sintomi di sonnolenza e concede l’applauso.

Iperboli cacciariane

Le cose dette da Cacciari non sarebbero neppure male, peccato voglia strafare e a un certo punto decida di sfidare persino il ridicolo: “Questo libro della Gruber è un capolavoro, mi ha ricordato le opere di Joseph Roth” (e infatti snocciola, citandoli in tedesco, tre o quattro titoli del grande cacanico). L’iperbole è troppo colossale per passare inosservata. Eppure passa inosservata. Forse sorpreso dalla mancanza di obiezioni, l’ex sindaco di Venezia allora infierisce. “Si tratta di un libro tragico, che si rifà alla tradizione di Eschilo e al suo πάθει μάθος”. Qui ammutoliscono tutti, sia quelli che dell’eleusino ignorano persino la liofilizzazione appena squadernata così impunemente, sia quelli che, avendone un vago ricordo liceale, per la prima volta nella loro vita avranno pensato che il morbo di Alzheimer stia bussando alla loro porta. Per fortuna c’è ancora qualcuno che ha la forza di applaudire e la massa (come avrebbe detto Canetti) gli scodinzola dietro.

E la Gruber?

La Gruber, donna sagace, accoglie il lifting culturale regalatole da Cacciari immaginando di convocarlo come ospite di Otto e Mezzo: from here to eternity. Poi, spinta dall’eccesso ad eccedere, racconta un po’ la storia della composizione del libro, dicendo che era proprio l’ora che finalmente qualcuno in Sudtirolo parlasse ai tedeschi di nazismo (applausi) e agli italiani di fascismo (silenzio). Come dire, le altre decine e centinaia di autrici e autori che l’hanno preceduta sul tema, scandagliandolo con una perizia incomparabilmente superiore, non oseranno mica credere di aver fatto qualcosa di realmente originale…   

Uno sguardo all’attualità

Grazie alle domande del pubblico si parla anche di attualità. Cacciari – che, non scordiamocelo, ha scritto addirittura una poco letta Geofilosofia dell’Europa – ci ammonisce e ci invita a rimetterci le galosce. “Siamo davanti a un cambiamento epocale, a qualcosa che ridisegnerà il nostro stesso modo di pensare. Quando qualcuno diceva che la storia era finita, io ridevo. La storia è all’inizio (ennesimo titolo cacciariano), altro che finita! E se non ci attrezziamo come si deve, saranno dolori”. Una ricetta? “Dare un calcio nel culo ai populisti e a quelli che pensano di affrontare tali sconvolgimenti con delle battute”.  Allora un tizio con l’accento siciliano si alza, si toglie le cuffie che si era scordato sulla testa, e fa la domanda delle cento pistole: “Ma lei, Cacciari, in questa situazione, in questa catastrofe, per quale partito, da che parte starebbe?” Il filosofo, sdegnoso, si liscia la barba socratica e carica la risposta ultimativa: “Ma da che parte volete che stia? Da nessuna!”. Tripudio e sipario.     

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Max Carbone Fr., 04.09.2015 - 09:44

C'ero. Bravo Gabriele, applausi. E' che Cacciari reputa tutti, ma proprio tutti, degli imbecilli. Attento al marketing, liscia la Gruber che concede ampi ritorni. Certo, arrivare a Roth..... ma non potevi sibilarglielo in diretta, magari gridando sdegnato dal tardivo loggione?

Fr., 04.09.2015 - 09:44 Permalink
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Hannes Obermair Fr., 04.09.2015 - 23:12

"Il filosofo - molto telegenico, tanto da sembrare quasi in collegamento da Königsberg" (eine Kritik der reinen Un-Vernunft ?) + "lifting culturale" (ein historisches Botox ?) -- grande, grandissimo, Gabriele, come sempre!!!

Fr., 04.09.2015 - 23:12 Permalink