Gesellschaft | L'appuntamento

La lezione di Pirano sull’integrazione

Secondo incontro sull’identità al Teatro Cristallo con Achammer, Tommasini e il sindaco di una città slovena bilingue, il ghanese Peter Bossman. Bolzano come Pirano?

Come si supera la propria quarta parete emotiva, etnica, sociale per scoprire una nuova dimensione delle relazioni umane? Nel dibattito perenne, irrisolto, fra multiculturalisti e identitari un insegnamento che andrebbe appuntato lì dove lo sguardo cade sempre è quello di Pirano, ridente cittadina della Slovenia sud-occidentale di quasi 18mila anime, che ha eletto sindaco per due volte Peter Bossman, medico di origini ghanesi.

“All’inizio per i concittadini ero solo il sindaco di colore, poi hanno cominciato a definirmi solo ‘il loro sindaco’. Sono arrivato a Pirano con un’identità africana, ora ne ho una nuova da aggiungere alla mia, sono stato accettato”.

Bossman ha raccontato la sua esperienza ieri sera, 4 febbraio, nel corso del secondo appuntamento dedicato alle identità organizzato dal Teatro Cristallo, da Teatro La Ribalta e dalla Libera Università di Bolzano. All’incontro, moderato ancora dal giornalista Massimiliano Boschi, hanno partecipato i due assessori alla cultura italiana e tedesca, Christian Tommasini e Philipp Achammer.

Nella città guidata dal sindaco ghanese - che è stata austriaca, italiana e jugoslava prima di essere slovena -, si parla lo sloveno, appunto, e l’italiano, i cartelli e tutti i dispositivi ufficiali sono bilingui. Per le strade, proprio davanti al Municipio, giocano insieme bambini croati, serbi, croati, kosovari, bosniaci, italiani; esiste un meccanismo ormai coeso e ben calibrato. “In base al mio vissuto posso dire che chiunque qui può diventare sindaco”, ha affermato ancora Bossman, protagonista di una curiosa vicenda: vinse le elezioni con l’appoggio di una forte personalità politica del posto e conquistò il secondo mandato battendo l’avversario che, guarda caso, era lo stesso uomo che aiutò il nostro a farsi eleggere la prima volta.

Il parallelo di Pirano, inevitabile, con la realtà sudtirolese/altoatesina ci ricorda che dalle nostre parti i nodi da sciogliere sono ancora molti, al di là del politically correct, delle coreografie retoriche e delle velleità sgonfie e finora sostanzialmente inconsistenti. “Ogni terra di confine, e la nostra in particolare, può essere concepita in due modi: come luogo monolitico o come piattaforma di plurilinguismo fra il nord e il sud dell’Europa e quindi come elemento di sviluppo e opportunità. Spetta alla politica valorizzarne le risorse, il substrato conservatore in Alto Adige, però, è ancora molto forte e difficile da scalfire”, ha chiosato Tommasini ricordando che martedì prossimo 150 ragazzi partiranno con il Treno della memoria alla volta di Cracovia per visitare il lager di Auschwitz. “Un’esperienza in cui crediamo molto – ha detto l’assessore –, i ragazzi tornano trasformati e si fanno automaticamente sentinelle del rispetto, sviluppando anticorpi contro il razzismo e contribuendo a creare una società migliore”.

Ieri sera è stata anche la prima volta che un assessore alla cultura di lingua tedesca ha messo piede negli spazi del Teatro Cristallo. Fra il divertito e lo stupito, Achammer ha evidenziato quanto effettivamente manchino ai gruppi linguistici presenti in Sudtirolo dei simboli comuni, “dobbiamo cambiare prima di tutto i nostri confini mentali e pensare che l’identità non sia statica ma un processo in continua evoluzione, dobbiamo tornare a mettere al centro la persona e non chiederci, come mi è capitato di sentire una volta, se quel nuovo cittadino diventa poi un ‘albanese tedesco’ o un ‘albanese italiano’. La verità è che una vera convivenza, purtroppo, qui ancora non c’è”, ha detto l'assessore.

Scardinare convinzioni, consuetudini, principi di presunto valore finiti nello strapiombo della nostra stagnante “comfort zone” non è facile ma possibile e doveroso se non ci si vuole sentire tirati in causa da quella vignetta che per tutto il tempo dell’incontro ha campeggiato alle spalle degli interlocutori come un monito perentorio: “più uno è un nessuno, più è geloso della sua identità”.