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Non sono un "giornalista verde"

Dal mito del "giornalista oggettivo" all'attribuzione di affiliazioni ideologiche solo perché responsabili di dire quel che si pensa.

Questo articolo vorrebbe dare forma a un'irritazione. Sono reduce da una discussione - avvenuta su fb - chiusa dalla mia interlocutrice (un'esponente locale del M5S)  in modo sarcastico (mi ha fatto pensare però a un quadro di Salvador Dalì, intitolato Donna con cassetti). Ho espresso delle opinioni molto generali riguardanti l'attuale campagna elettorale per l'elezione del sindaco (o della sindaca) di Bolzano e mi è stato fatto osservare che tali opinioni sarebbero destituite di credibilità in quanto io  sarei un "giornalista verde". Non avrei bisogno di inalberarmi fossi effettivamente un "giornalista" e un dichiarato attivista dei "verdi", ma siccome non è vera né la prima né la seconda delle due affermazioni colgo l'occasione per denunciare il fatto e quello, più generale, che corrisponde ad un affrettato (e anche sciocco) modo di categorizzare esperienze o posizioni che o non si capiscono oppure non si vogliono capire.

Innanzitutto occorre recuperare il rovescio positivo di ciò che mi è stato rinfacciato. Il contrario di un "giornalista verde", evidentemente, dovrebbe essere "giornalista punto e basta". Qui si nasconde il mito di una professione (o di una professionalità) che, per essere dichiarata tale, dovrebbe corrispondere a criteri di oggettività privi di altri tratti qualificanti. Sfido chiunque a trovare un "giornalista" siffatto, una persona insomma che riesca a narrare quel che c'è da narrare (ma già sulla selezione del narrato o del narrabile potrebbero allungarsi parecchi sospetti di sudditanza "ideologica") senza lasciar trapelare anche il proprio pensiero, per non dire giudizio. Personalmente sono molto scettico che si sia mai dato qualcosa del genere, a meno che non sia possibile schiacciare la figura del giornalista su quella di un mero "registratore" di eventi (cose e pensieri) da trasferire su carta - o supporto elettronico - riuscendo dunque nell'impresa di autocancellarsi completamente. Semmai, sarebbe il caso di dare per scontato che una simile impresa sia per definizione impossibile e con ciò auspicare soltanto che ogni "registrazione" venga corredata dall'esplicita indicazione del sistema di filtraggio alla quale è SEMPRE sottoposta.

L'ultima cosa che ho detto suggerisce il passaggio necessario a delineare la figura dell'opinionista, che ovviamente è qualcosa di diverso dal giornalista, ma non così diverso, almeno se abbiamo capito come funziona la mitologia dell'oggettività della quale ho appena parlato. Ora, è chiaro che chiunque esprima un'opinione si troverà più o meno d'accordo con altri che esprimono opinioni simili. Ma quand'è che scatta l'identificazione tra l'opinionista e il "colore" che lo vorrebbe far risaltare come un "opinionista di una certa parte" (nel mio caso: "opinionista verde")? A rigore, tale identificazione dovrebbe scattare se ogni opinione dell'opinionista coincidesse con quelle espresse da quella parte. Però occorrerebbe una minima documentazione al riguardo, una attenta lettura di ogni cosa scritta da quell'opinionista, soprattutto di recente, e un confronto puntuale con la matrice ideologica alla quale si vorrebbe affiliarlo e ridurlo. Siccome nel mio caso specifico non è così - e possiedo cospicue prove al riguardo - mi chiedo sinceramente che cosa abbia potuto farlo credere. Certo, non sono ingenuo, conosco come si producano tali fraintendimenti. E quindi so anche che il fraintendimento serve a schermare la debolezza della propria argomentazione mediante una preventiva riduzione di credibilità dell'interlocutore che non si dichiari subito pronto a schierarsi dalla parte auspicata.

Purtroppo la tendenza ad etichettare chi non la pensa allo stesso modo come affiliato al "campo avversario" (o comunque a un "altro" campo) è un istinto di sconfortante superficialità, talmente diffuso da risultare ormai normale. Per attivarlo non bisogna neppure sforzarsi di esprimere idee in proprio, basta citare una fonte giudicata "incogrua" ed essere bollato come x o y in base alla fonte citata. Ah, tu hai preso quella notizia da quel giornale, citi quell'opinionista? Beh, ma allora sei...  Su questa base non avvengono mai delle discussioni degne di questo nome e il tutto si riduce a una ridicola attività di attribuzioni di etichette perlopiù fasulle.

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Mensch Ärgerdi… Do., 09.04.2015 - 16:16

Concordo pienamente con l'articolo, però facendomi venire a mente gli articoli, i toni e i commenti dello stesso Di Luca riguardo certi ambiti socioculturali e politici del sudtirolo (!), credo che anche l'autore ogni tanto sfori nella mentalità del cassetto. Per carità io non sono certo diverso, è semplicemente nella natura degli uomini fare così. L'importante è tenrelo a mente, sopratutto quando ci accorgiamo che le emozioni giocano in ruolo in quello che stiamo dicendo.

Do., 09.04.2015 - 16:16 Permalink
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Gabriele Di Luca Do., 09.04.2015 - 19:47

Antwort auf von Mensch Ärgerdi…

Ah, e secondo te questo sarebbe un esempio di mentalità da cassetto? Se parlo di un tema che conosco come le mie tasche - visto che critico una piattaforma sulla quale ho scritto per anni e che ho contribuito a diffondere - sto parlando assumendo una posizione ideologica? Boh. Allora dormo tranquillo.

Do., 09.04.2015 - 19:47 Permalink