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Disabilità: i passi indietro della scuola

Intervista a Dario Ianes, docente di pedagogia speciale e didattica speciale a Scienza della Formazione: "E' evidente un fenomeno di strisciante decadenza".
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Dario Ianes è docente di pedagogia speciale e didattica speciale a Scienza della Formazione a Unibz nonché fondatore delle Edizioni Centro Studi Erickson di Trento. Proprio per quest'ultima, ha dato recentemente alle stampe "L'evoluzione dell'insegnante di sostegno" (video) che analizza difficoltà e prospettive dell'integrazione scolastica degli alunni con disabilità. Un libro utile che punta il dito contro il "fenomeno di strisciante decadenza del sistema".

Professor Ianes, anche da questo punto di vista l'Italia fa passi indietro?
"Abbiamo norme, circolari, atti formali che tutelano l'integrazione scolastica delle persone disabili. Il tutto è condivisibile e all'estero ci invidiano, ma nella realtà, continuano ad aumentare meccanismi di microesclusione, ovvero di alunni che sono tirati fuori dalla classe e "parcheggiati" in aule di sostegno. Studenti che, quindi, escono dalla classe per finire in situazioni di relativo isolamento per svolgere attività solo a volte significative. I dati dimostrano come circa la metà degli alunni sia già parzialmente esclusa, mentre il 6-7% lo è sempre. Un dato non accettabile, per questo parlo di decadenza strisciante.

Sempre colpa della crisi economica?
"No, gli insegnanti di sostegno sono sempre di più. La scuola è impoverita dal punto di vista generale, ci sono meno risorse, ma il filone della disabilità ne è esente ed il numero di insegnanti di sostegno continua ad aumentare. Non è una questione di tagli, piuttosto di irrazionale distribuzione delle risorse. La disabilità è una riserva indiana tutelata.

Lei propone cambiamenti strutturali. Quali?
"Troppo spesso si considera la disabilità un problema individuale del soggetto e non qualcosa che riguarda le variabili di contesto, si tratta di una visione solo speciale, tecnica e medica. L'alunno con disabilità viene collocato in una casella particolare e dopo una diagnosi gli viene assegnato un insegnante speciale. Un meccanismo perverso dal punto di vista culturale perché si saldano due persone "speciali" e si innesca un meccanismo di delega e quindi di esclusione. E' una situazione che andrebbe scongelata, diffondendo elementi di normalità".

In che modo?
"Io credo che l'integrazione sia responsabilità di tutti i docenti, non solo di quelli di sostegno. Occorre cambiare in due direzioni, 90.000 dei 110.000 insegnanti di sostegno dovrebbero diventare un organico funzionale curricolare a pieno titolo. Ventimila dovrebbero, invece, diventare insegnanti specialisti e itineranti, per permettere loro di mettere in gioco le competenze molto importanti che hanno acquisito, fornendo all'intero corpo docente informazioni specifiche. Quindi, da una parte più normalità, dall'altro più specificità. Questo toglierebbe anche certi alibi al corpo docente perché, da una parte non potrebbero più delegare la questione dell'integrazione ad un unico insegnante - perché la responsabilità diventerebbe condivisa - dall'altra potrebbero ricevere l'aiuto tecnico di una persona competente".

Allargando il discorso all'intera società, come procede l'integrazione delle persone disabili.
"A doppia velocità, il mondo della scuola, influenzato da movimenti pedagogici e politici degli anni settanta, ha elaborato un nuovo modo di fare scuola che prevedeva anche l'integrazione dei disabili. Nel mondo extrascolastico questo non è avvenuto e sull'integrazione sociale siamo molto indietro, i dati sull'inserimento lavorativo sono sconfortanti rispetto al resto d'Europa".

E qual è la situazione oggi in Alto Adige? Su questo tema scuole italiane e tedesche avevano idee differenti...
"Le scuole in lingua tedesca stanno "colmando il ritardo" con velocità notevole grazie anche ai cambiamenti avvenuti in Germania e Austria. La Convenzione Onu per i diritti delle persone con disabilità approvata dall'Onu nel 2006 ha spinto questi paesi a ragionare su politiche inclusive nelle scuole. Così mentre noi davamo per scontate certe indicazioni, nel mondo tedesco si sono avviati corsi universitari e si sono create cattedre per raggiungere l'obiettivo. Personalmente posso toccare con mano tutti i giorni i progressi ottenuti. Il mondo tedesco ha una sua metodica che credo possa portare a casa ottimi risultati, certo, ci sono ancora alcune resistenze ma sono ottimista"