Politik | Pensioni d'oro

Il sonno della Regione genera mostri

Non è affatto casuale, a guardar bene, che lo scandalo dei vitalizi ai consiglieri del Trentino Alto Adige sia maturato tutto all'interno della Regione.

È una storia che inizia qualche decennio fa, quando, liquidata la prima autonomia del 1948 e trasferite, con il secondo statuto, quasi tutte le competenze alle due Province, si dovette pensare al destino della vecchia Regione ormai priva di qualunque ragion d'essere.

La soluzione più naturale e ovvia sarebbe stata quella di abolirla, trasferendone il titolo alle due realtà provinciali, ma qui insorse la fiera opposizione di quasi tutti i politici del Trentino. Ritenevano, e oggi non hanno certamente cambiato idea, che eliminando la Regione, sarebbe venuta meno quella sorta di ciambella di salvataggio che tiene avvinta l'autonomia trentina a quella ben più solida e internazionalmente garantita dall'Alto Adige. Convinzione rimasta ben ferma nel tempo, se è vero che, anche ai giorni nostri, basta che nel dibattito politico faccia capolino l'ipotesi di abolire la Regione e subito la politica trentina risponde con un fitto fuoco di sbarramento, fatto più di ipotetici timori che di fondate argomentazioni.

Fatto sta, comunque, che la SVP, di fronte all'alzata di scudi dei colleghi trentini, decise, con il consueto e pragmatico cinismo, di riporre in un cassetto l'antica immotivata avversione per la Regione, e lasciarla sopravvivere, ponendo però alcune precise condizioni. Vollero in sostanza, i rappresentanti della stella alpina, che la Regione sopravvivesse solo come una scatola vuota, dalla quale le poche competenze ancora rimaste furono progressivamente tolte con una serie di leggi di delega alle Province. Nel corso degli anni si è arrivati così alla creazione di una sorta di mostro giuridico, dotato ancora di bilanci di un qualche spessore, anche se non paragonabili ovviamente con quelli delle province, di un apparato dirigenziale e burocratico di tutto rispetto, ma privo, in sostanza, di compiti politici da esercitare.

È un teatro dell'assurdo che vede la propria periodica rappresentazione nelle sedute, ormai rare, di un consiglio regionale nel quale i politici delle due province che ormai, salvo rarissime eccezioni, non hanno nessun rapporto né umano né politico tra di loro vagano stralunati e confusi nell'aula cercando di dare un valore alla propria presenza e alla propria azione. Da un paio di legislature questa parte la regione non ha più nemmeno un presidente in proprio, alternandosi nell'incarico quelli delle due Province. La novità, che fu ipocritamente salutata a suo tempo come l'alba di un rilancio dell'istituto, altro non è che la presa d'atto che è inutile nominare un presidente a un ente politico che, di fatto, non esercita più nessun ruolo.

Se le competenze sono via via svaporate, i soldi sono rimasti in cassa e uno dei problemi che i padroni della Regione si sono trovati a dover risolvere in quest'ultimo ventennio, è stato quello di spenderli in qualche modo senza dover di nuovo investire l'ente di un qualche rilievo istituzionale. Le soluzioni trovate sono state diverse. Ci si è addentrati, ad esempio, nel campo dell'assistenza sociale elaborando progetti più o meno fortunati nell'ambito del cosiddetto "pacchetto famiglia". Ancor vivo, ad esempio, il ricordo dell'infausta operazione denominata "pensione alle casalinghe". Nella stessa covata si è schiuso anche l'uovo contenente l'operazione "Pensplan". La regione è divenuta poi inesauribile erogatrice di contributi, prebende, sponsorizzazioni e patrocini. Nonostante tutto questo alla fine dell'anno ci si è spesso trovati a dover fare i conti con qualche residuo da girare alle due sempre fameliche province.

Questa totale perdita di ruolo politico ha finito per confinare la Regione in una sorta di limbo, molto al di fuori dell'interesse ed anche, inevitabilmente, dell'attenzione del mondo politico, di quello dell'informazione, dell'intera società.
È in questo scenario che dobbiamo collocare, per capirla meglio, la vicenda dei vitalizi. È nel paradosso di un ente istituzionale privo di reali competenze ma ancora dotato di robusti mezzi che va cercata la spiegazione, non certo la giustificazione, una serie di provvedimenti che nel corso dei decenni sono andati ad arricchire progressivamente le tasche dei rappresentanti del popolo. Sembrava giusto a qualcuno remunerare in modo sempre più massiccio l'impegno degli eletti e la regione era, e resta, la mamma ideale, piena di soldi e un po' svagata, cui chiedere periodicamente l'aumento della "paghetta".

Mentre si torna a parlare, in un clima generalizzato di furibonda critica alle autonomie speciali, di revisione dello statuto di autonomia, sarebbe forse il caso di affrontare una volta per tutte, con un po' di coraggio, la questione della Regione. Dovrebbe essere ormai chiaro a tutti che questo fantasma istituzionale che svolazza fra Trento e Bolzano provoca ormai più danni che benefici.

È il sonno della Regione che genera mostri.

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Profil für Benutzer Maximilian Benedikter
Maximilian Ben… Mi., 15.10.2014 - 18:30

Sempre bravo Ferrandi a trovare un angolo di lettura diverso con una visione storica d'insieme. È sempre un piacere trovate un po' di tempo per leggere.

Mi., 15.10.2014 - 18:30 Permalink
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Profil für Benutzer Benno Kusstatscher
Benno Kusstatscher Mi., 15.10.2014 - 20:11

"sarebbe forse il caso di affrontare una volta per tutte, con un po' di coraggio, la questione della Regione".

se abolissimo la regione adesso manderemmo qualche messaggio:

1) Verso Trento che non ce ne freghiamo troppo se la loro autonomia è siccura o meno
2) Verso Roma che i nostri statuti sono variabili e che conviene provare a cambiargli un po' di più ancora
3) Verso tutte le altre province a statuto normale che in questi tempo proprio non hanno da ridere, che noi aumentassimo lo statuto delle nostre province al piano regionale, mentre loro ancora non sanno quanto vengono abolite le loro
4) Verso i ladini che il loro territorio diventasse diviso fra tre regioni
5) Verso la GECT argomentando che bisogna dividersi per unirsi ?
6) Verso i bellunesi che ancora sperano che la regione un giorno potrebbe diventare un porto per la loro nave autonomista
7) Verso Autria e Germania che a Salorno ci fosse un confine da pensarci.

Mi pare che sia più incauto che coraggioso. Tranne di abolirla direi che sia tempo di trovare una nuova interpretazione, una più moderna, anche ancora più leggera se vuoi, un'interpretazione che sarà utile per qualunque obbietivo che ci definiamo. Affrontiamo la questione durante il convento. Ma non mandara certi messaggi. Basta cambiarla. Non bisogna abolirla.

Mi., 15.10.2014 - 20:11 Permalink