Gesellschaft | Abusi

Turismo sessuale minorile: “Occorre parlarne”

Intervista a Carlo Costa, responsabile del progetto “Ala Bianca” per la onlus Volontarius nato per contrastare gli abusi a danno dei minori.

Due giorni fa a Bolzano, precisamente nella sala polifunzionale Europa di via del Ronco, si è tenuto un seminario sul turismo sessuale minorile a cura dell'associazione Volontarius e di Ecpat Italia onlus, rappresentata per l’occasione dalla dottoressa Yasmin Abo Loha. Il fenomeno, le cui proporzioni sono in costante aumento, sembra coinvolgere un numero consistente di “clienti” italiani che contribuiscono a rendere questa pratica il terzo traffico illegale dopo droga e armi, con un volume d'affari complessivo intorno ai 100 miliardi di dollari.

Il dott. Carlo Costa, responsabile del progetto “Ala Bianca” per Volontarius nato per osteggiare gli abusi a danno dei minori, ci ha spiegato meglio l’entità di questa deplorevole declinazione di turismo sessuale.

Costa, come si contrasta un fenomeno del genere?

È un problema anzitutto culturale, occorre veicolare l’attenzione su questo tema, bisogna cominciare a parlarne. Nelle scuole ad esempio si esplora pochissimo, certo esiste l’educazione sessuale, ma viene trattata solo da un punto di vista fisiologico. Anche dai genitori la sessualità viene affrontata con molte riserve, e nel caso in cui succeda qualcosa di “disdicevole” questi spesso non reagiscono in maniera “adulta”, si arrabbiano, vengono presi dal panico o evitano di discutere con i propri figli.

Sono sufficienti le sanzioni adottate dall’Italia per arginare il problema o servono norme più specifiche?

Servono norme specifiche, è un argomento che è rimasto troppo a lungo sommerso, non c’è un’adeguata sensibilizzazione, che è la cosa più grave.

C’è differenza fra un abuso su un minore di 6 anni e su uno di 16? A volte si ha quasi la percezione che l’adolescente venga inquadrato in maniera diversa rispetto al bambino e che in quel caso la violenza sia più facilmente “assolvibile”.

Diciamo che dal punto di vista legale esiste l’età  per il consenso (14 anni) e quella per l’adescamento. Sono comunque minori; il sedicenne ad esempio possiede un’esperienza limitata rispetto ad un trentenne, bisogna perciò slegarsi dall’idea che un ragazzo di quell’età non sia una vittima, è un minorenne a tutti gli effetti.

In quali paesi si concentra maggiormente il turismo sessuale a danno di minori?

Sicuramente in quelli più indigenti: Cambogia, Messico, Venezuela, Brasile ecc.; il paese in cui questa pratica ha preso forma è il Vietnam, dove la prostituzione (anche minorile) veniva sfruttata dai militari durante la guerra. La situazione è degenerata negli anni: ora, per dire, ci sono agenzie che si occupano solo del traffico sessuale.

E l’Italia come fruitore che ruolo occupa?

Di notevole rilevanza, purtroppo, e come l’Italia anche la Germania, la Francia, l’Inghilterra e l’Europa in generale, senza contare poi che la gente del luogo – i cambogiani per fare un esempio - usufruisce abitualmente di questo “servizio”.

Quanto incide oggi Internet e la sua totale accessibilità sul fenomeno?

Molto. Ha contribuito a far sì che lo sfruttamento sessuale proliferasse. Internet è uno strumento piuttosto particolare: i minori che ne fanno un uso inconsapevole spesso non sono in grado di difendersi o di chiamare aiuto, come magari potrebbero fare nella vita reale se venissero importunati; oppure rivelano informazioni compromettenti come indirizzo o numero di cellulare.

Siamo abituati a pensare che gli abusi sessuali siano perpetrati solo dagli uomini, vengono tuttavia commessi anche dalle donne, non è così?

Assolutamente sì, è solo un pregiudizio quello che inquadra gli uomini come gli unici in grado di usare violenza. Bisogna poi tracciare una differenza obbligatoria: non sono solo i pedofili ad essere coinvolti nel giro della prostituzione minorile, ma ci sono anche i cosiddetti turisti abituali o occasionali. In certi paesi il sesso è a portata di mano, lo si offre perfino nei ristoranti e per strada.

Come onlus cosa farete concretamente per porre fine a questa situazione?

Abbiamo la possibilità di metterci in ascolto e di accogliere qualsiasi richiesta di aiuto. Alcuni nostri collaboratori sono stati in Brasile e in Bolivia e hanno avuto la possibilità di entrare in contatto con minori che hanno subito violenza; una volta tornati ci hanno sottoposto questa problematica, che abbiamo preso immediatamente a cuore.