Wirtschaft | Trasporti

La partita a scacchi sulle autostrade

Dietro alle battaglie per le grandi opere si nasconde più di qualche semplice bando.
Hinweis: Dieser Artikel ist ein Beitrag der Community und spiegelt nicht notwendigerweise die Meinung der SALTO-Redaktion wider.

L’ha detto in modo chiaro Maurizio Lupi, classe 1959 di Milano, ex-DC, ex-FI, ex-PDL e dal 2013 NCD, ministro delle infrastrutture e dei trasporti sotto il governo Letta e poi riconfermato da Renzi, in occasione dell’inaugurazione di una tratto della Valdastico Sud da Badia Polesine il 15 Dicembre scorso -“c’è un momento in cui il paese decide, e siccome Trento è in Italia anche se non è d’accordo alla realizzazione della Valdastico, si adegua alle decisioni del paese.”

Chissà cosa spinga un governo altrimenti sempre cauto nelle espressioni ad usare toni così duri e autoritari proprio contro Trento, a causa di una strada che in fin dei conti raggiunge a malapena i 40 km (la lunghezza del tratto mancante) e non sembrerebbe poter essere la chiave dell’economia italiana.

Bisogna prima immergersi nel mondo delle grandi opere per poter sentire il lezzo delle motivazioni che portano al sostegno o al rigetto di costruzioni multi-milionarie. Di Valdastico si parla da ormai 40 anni, questo il lasso di tempo che ci separa ormai dal primo progetto della Valdastico Nord, chiamato fin da subito Autostrada PiRuBi, dai nomi dei tre politici DC (Piccoli, Rumor, Bisaglia) che in prima persona si impegnarono per il progetto. L’idea nasceva dal sogno di sempre, ovvero un collegamento in più tra il Veneto e l’Europa che conta. Iniziarono le battaglie diplomatiche, da una parte le due province autonome di Trento e Bolzano che si coccolavano la propria A22, dall’altra una regione Veneto che sperava di deviare parte del traffico gomma su una strada gestita dai veneti, che si sarebbe potuta costruire grazie ad appoggi da ricercare nella politica romana.

Valdastico non era l’unica idea di quegli anni di pazzie cementifere - nel 1960 nasceva il progetto Alemagna che, come il nome suggerisce, avrebbe dovuto unire Venezia con la Germania. Una rotta diretta tra la città lagunare e Monaco di Baviera, voluta sia dai veneti che dai bavaresi, ma osteggiata da trentini, sudtirolesi e tirolesi - i primi due non volevano vedere diminuire il traffico merce sull’A22, mentre gli ultimi avevano al contrario paura di vedere aumentare il traffico sulla propria rete stradale. Motivazioni opposte per lo stesso scopo. Alla fine non è rimasto nulla se non i soldi spesi per il “marketing” del progetto, dato che la holding è stata sciolta l’11/9/2013 in modo definitivo: dopo 43 anni nulla di fatto.

Gli stessi schieramenti sono in campo per la Valdastico - Trento e Bolzano ufficialmente contrarie perché a favore del trasporto “green” su rotaia, meno ufficialmente perché più TIR passano sulla A22 più gli enti locali, azionisti di Autobrennero spa, riscuotono in utili. Come dire, sì ad una regione verde, ma non al verde. Se nel caso dell’Alemagna era la Val Pusteria a lamentarsi con veemenza di un possibile aumento del traffico sulle strade locali in caso di via libera al progetto, per la Valdastico Trento tira invece in ballo la Valsugana, con dei dati però sempre tutti da interpretare.

La regione TAA, che insieme alle due province autonome e ai comuni arriva a gestire il 54% di Autobrennero, se da un lato investe e fa lobby per la costruzione del BBT del Brennero fondamentale per il traffico su rotaia, dall’altro pianifica l’allargamento dell’A22 e delle infrastrutture ad essa collegate per aumentare contemporaneamente il traffico su di essa. Giusto a ricordare a tutti come il traffico gomma sia, seppur pubblicamente sempre da criticare, un sicuro bancomat per la casse provinciali.

Tutti i piccoli e grandi sostenitori della Valdastico avevano riposto molta fiducia nel decreto “salva Italia”, licenziato il 31/8/2014 dal governo Renzi in pompa magna, che avrebbe dovuto regolare i bandi di concessione delle grandi infrastrutture. Il piano era semplice: tutte le istituzioni locali avrebbero cercato di ottenere il prolungamento delle concessioni delle rispettive autostrade, troppo preziose per farsele sfuggire, attraverso una tattica semplice quanto efficace - prima trovare il sostegno politico, quindi progettare nuovi investimenti e lavori decennali per poter giustificare davanti alle commissioni europee alla concorrenza un’eventuale proroga della concessione senza gara pubblica. La A22 ha puntato sul progetto BBT, ovvero trasporto su rotaia - progetto enorme e pure green, subito apprezzato sia dalla UE che da Renzi stesso. Allo stesso modo la holding A4, che attraverso la concessionaria della Brescia-Padova gestisce direttamente anche la A31 Valdastico, avrebbe voluto ottenere da Roma una proroga sub-eccezione per via del grande investimento in programma per la conclusione della Valdastico Nord. Invece nulla di tutto ciò, lo “Sblocca Italia”  saluta il Veneto con una pacca sulle spalle, non inserisce la A31 tra le priorità da finanziare, e così sono picche anche per la A4. Doppia vittoria per la A22, che da una lato si vede prorogare la concessione e dall’altro spezzare la possibile futura concorrenza dal versante veneto.

Se la situazione è questa, bisogna allora capire quale peso reale abbiano le recenti parole del ministro Lupi.

Con tutta probabilità pochissimo - da tempo si dice che il futuro su cui investire nell’UE sia la rotaia e non la gomma, per cui sarà sempre più difficile cercare sponsor, anche politici, per nuove autostrade non imprescindibili.

Inoltre le ultime grandi opere del genere in Italia si stanno rivelando un flop anti-economico: in Lombardia sono state inaugurate con gran sfarzosità la Bre.be.mi e la TEEM, quest’ultima una specie di tangenziale dell’hinterland milanese, ed entrambe sono oggi vuote e sotto-utilizzate. Al bando di gara per l’assegnazione delle aree di servizio sulla nuova direttrice tra Brescia e Milano non si è presentato nessuno: costi alti, poche auto. Tutte le stime di traffico sono state riviste al ribasso e l’infrastruttura che avrebbe dovuto essere l’unica finanziata solo da privati continua a elemosinare soldi dalla politica.

La stessa Autobrennero ha chiuso il 2013 con un -5,3% degli utili rispetto al 2012.

Ci sembra insomma di poter prevedere che Lupi con gli alleati veneti, uniti trasversalmente da destra a sinistra, non possano far passare un progetto che andrebbe contro lo spostamento su rotaia promosso dall’Europa, e non riuscirebbero nemmeno a trovare i giusti finanziamenti considerati i numeri presenti di infrastrutture paragonabili. Dal 2004 al 2013 i dati Eurostat dicono che la Francia ha speso in investimenti 606 miliardi di euro, la Germania 383, Regno Unito 367 e l'Italia 335. Dal 2004 al 2011 mentre l'Italia perdeva il 19,6%, la Germania cresceva del 30,7% e la Francia del 26% (dati Sole24). Questa Italia avrebbe molte difficoltà a finanziare una nuova Autostrada senza il sostegno dei privati e di due province ricche come Trento e Bolzano.

Sembra anche verosimile che il governo Renzi vorrà evitare uno scontro con le autonomie, pronte a unirsi tra loro in caso di necessità, per via di una struttura di cui lui stesso non è mai stato convinto. Senza considerare il fatto di essere in Italia: per statistica, a breve, cambierà presidente del consiglio e ministro dei trasporti, mentre il TAA continuerà a lavorare con calma al suo tunnel ferroviario.

Bild
Profil für Benutzer Alberto Stenico
Alberto Stenico So., 21.12.2014 - 10:19

Rimane da capire e da spiegare come una grande Opera Pubblica costruita col denaro dei contribuenti italiani come l'Autostrada del Brennero, affidata 40 anni fa in gestione con affidamento diretto alla società Autostrada del Brennero ed ora a convenzione scaduta, non debba essere sottoposta a regolare gara. Nel frattempo la Società Autostrada del Brennero partecipa peraltro alle gare bandite in altre regioni (e le vince). Libera concorrenza a corrente alternata?

So., 21.12.2014 - 10:19 Permalink