Gesellschaft | L'indagine

Perché la pena di morte costa troppo

Ecco, secondo un giornalista di Slate, gli elementi più cari dei processi americani che prevedono una condanna capitale. Che sia la volta buona per abolirla?

Da quando, nel 1976, la Corte Suprema ha ripristinato la pena capitale negli Stati Uniti una scomoda verità sta mettendo radici nel granitico sistema giudiziario d'oltreoceano: mandare a morte i detenuti è diventato un affare troppo caro. Il motivo: casi sempre più complicati che richiedono più avvocati, più esperti, più tempo (serve oltre un anno ad accusa e difesa per preparare adeguatamente il processo).
Dove una volta agli psichiatri era sufficiente un interrogatorio veloce e un IQ test per stabilire lo stato di salute mentale di un condannato, ora è invece consuetudine ottenere tutta la storia clinica del soggetto supportata da ricerche di laboratorio sempre più numerose e accurate.
Senza contare i processi d'appello che spesso possono durare anni, tempo che l’imputato trascorre nel braccio della morte, con l'ovvia conseguenza di un maggiore impiego di denaro al fine di garantire le opportune procedure di sicurezza.

Quando una corte d’appello ribalta una sentenza di morte – per colpa di un errore riscontrato nel lavoro dell’accusa o della difesa, per un’istruzione incorretta fornita dal giudice alla giuria, per una prova che si è omesso di mostrare ai giurati, o per un cospicuo numero di altre ragioni – la contea è obbligata ad accollarsi l’intero costo del nuovo processo più il ricorso in appello. David Powell fu giustiziato nel 2010 per aver sparato a un agente di polizia di Austin nel 1978. La sua sentenza di morte è stata rovesciata due volte e la contea, a quel punto, è stata costretta a pagare non uno ma tre processi in tutto.

Un’altra voce da considerare nel budget è la figura del cosiddetto “mitigation specialist”, una specie di analista legale che dagli anni ’90 gioca un ruolo cruciale nella “squadra” della difesa, soprattutto nei casi capitali, fornendo informazioni – ottenute dopo minuziose ricerche – che possano spiegare l’omicidio o rendere l’imputato più “umano” agli occhi della giuria. Capita inoltre che questi pseudo-investigatori si trovino spesso a parlare con diversi membri della famiglia dell’accusato per inquadrare meglio il suo background. Se i familiari vivono in un’altra città o in un altro stato, ecco che le spese di viaggio del mitigation specialist crescono esponenzialmente.

E poi c’è la giuria. Nel 2011 il giudice Arthur L. Alarcón e l’avvocato Paula Mitchell pubblicarono uno studio approfondito sul peso economico della pena di morte sulle casse dello stato della California. Il conto fu piuttosto salato: 4 milioni di dollari dal 1978. I due scoprirono che la selezione di una giuria per i processi capitali poteva richiedere un mese e circa 200mila dollari in più rispetto alle altre udienze per omicidio, del resto non è così semplice trovare 12 persone disposte a imporre, eventualmente, una punizione di questo calibro.

Quel che resta da capire è se le questioni sopra esposte potranno mai essere un deterrente sufficiente per pensare di riconsiderare l'efficacia di una pena che suggella il rifiuto e forse anche l’incapacità di recuperare il condannato a morte o per dirla con Cesare Beccaria: “parmi un assurdo che le leggi, che sono l'espressione della pubblica volontà, che detestano e puniscono l'omicidio, ne commettono uno esse medesime, e, per allontanare i cittadini dall'assassinio, ordinino un pubblico assassinio”.