Gesellschaft | L'intervista

Brennero e Bolzano ad alto rischio?

Mario Deriu, segretario del sindacato di polizia Siulp, sulla situazione dei profughi, sull’ombra del G7, sull’inutilità delle scorte trilaterali, sull’urgenza di agire.

Deriu, dal vertice di martedì scorso fra le forze di polizia italiane, austriache e tedesche è emerso in sintesi che sarann0 rafforzati i controlli sul territorio e sui treni dal momento che la Germania chiuderà le frontiere dal 26 maggio per tre settimane in occasione del G7 in Baviera. Che tipo di situazione si prospetta?
Ho idea che dal punto di vista politico sia stato già tutto determinato a monte. La Germania nel pieno della sua legittima sovranità decide di sospendere l’accordo di Schengen e chiudere le frontiere per questioni di sicurezza, l’Austria, a sua volta, comprimerà i flussi sull’Italia e le scorte trilaterali triplicheranno gli sforzi, ma non basterà.

E quindi?
Va aperto parallelamente un corridoio umanitario, altrimenti saranno Brennero e Bolzano a subire le maggiori conseguenze. Del resto se i numeri restano questi, e cioè una media di 200-300 persone al giorno da moltiplicare per circa 20 giorni, il problema non può essere sottovalutato.

Un quadro poco confortante, insomma.
Non voglio essere allarmista ma anche dal punto di vista operativo si sa ancora poco, nessuno si è messo in contatto con le organizzazioni umanitarie, per esempio, e pianificare una situazione così complessa all’ultimo momento può determinare difficoltà di qualsiasi natura, di ordine pubblico per quanto riguarda l’assetto della polizia di stato ma anche in termini di impatto sociale.

Eppure Provincia e Prefettura dicono che la situazione è sotto controllo.
A me piace basarmi sui dati. Come detto arrivano 200-300 persone al giorno, che poi sono solo quelle che riusciamo a monitorare, ritengo infatti che questi non siano i dati reali perché i flussi non si riversano esclusivamente in stazione. Bisogna perciò comprendere l’entità del fenomeno e fare delle valutazioni a livello operativo per individuare i luoghi dove accogliere i profughi. Se siamo in grado di gestire migliaia di persone sul nostro territorio durante quei 20 giorni allora significa che abbiamo enormi capacità. Spero di aver torto ma ho la sensazione che in queste condizioni non ce la faremo.

Si è parlato anche di sbarrare le porte dei treni e controllare uno a uno chi ha diritto di viaggiare e chi no.
Sono delle esuberanze operative inapplicabili sul nostro territorio. È chiaro che la polizia austriaca e la polizia tedesca vogliono che si faccia quanto più possibile da filtro, e allora ci si inventa delle “prove muscolari” che rimangono però solo in forma propositiva visto che mancano anche le risorse umane necessarie per iniziative del genere. È poi evidente la totale inutilità delle scorte trilaterali, sia dal punto di vista operativo, che giudiziario e politico, perché i profughi non si fermano. E dunque, di fatto, il problema non è stato ancora affrontato.

Come stanno vivendo la situazione, anche dal punto di vista umano, le forze dell’ordine?
Questo flusso migratorio esiste già da due anni, certamente non con questa intensità, ma i segnali che l’emergenza avrebbe raggiunto tale portata c’erano tutti. Durante questo periodo la polizia ha supplito a tutte le carenze della nostra società dal punto di vista umanitario, deontologico e dell’accoglienza. Ricordo che a Brennero, due anni fa, un collega mi disse che aveva comprato di tasca sua delle coperte perché i profughi che arrivavano non avevano niente con loro, e all’epoca non c’era alcuna associazione umanitaria che prestasse aiuto. Assistere a tanta sofferenza è un travaglio psicologico anche per chi indossa la divisa. Se la politica internazionale si fosse occupata per tempo della questione credo che si sarebbe potuto arginare il fenomeno in maniera dignitosa, soprattutto per i profughi stessi. 

Come bisogna agire ora?
Quello che mi preoccupa, come cittadino in questo caso, è l’impatto che questa moltitudine di persone avrà sulla nostra società, penso a tutte le fasi di accoglienza, di integrazione culturale e religiosa, ma anche al futuro. Ora ci troviamo solo nel primo stadio, che è quello della sopravvivenza, dopo dovremo poter essere in grado di offrire anche la possibilità di vivere degnamente. Se la società non si organizza in questo senso verrà sconvolta dalle probabili conseguenze di questa mancanza di azione, e la Francia, con le sue periferie, ne è un esempio. L’intervento diplomatico nelle terre di origine dei migranti è necessario per ridurre i conflitti e aiutare queste persone a vivere nei loro stessi paesi. Siamo in ritardo di dieci anni, è tempo ormai di assumerci le nostre responsabilità perché, che piaccia o meno, e al di là di qualsiasi ideologia, questo è un problema che ci riguarda tutti.