Kultur | Il personaggio

Signora Robinson, le piacerebbe andare al cinema?

Il 20 novembre si è spento a 83 anni Mike Nichols, regista del celebre film “Il Laureato” e attento conoscitore del suo tempo.

Roger Ebert, che è stato uno dei maggiori critici cinematografici americani, nel dicembre del ’67 scrisse a proposito de Il Laureato: “L’acuta onestà e l’imbarazzo di Benjamin [Dustin Hoffman, ndr] sono così accuratamente raffigurati che non sappiamo con sicurezza se dobbiamo riderne oppure guardare dentro noi stessi”. Una cosa che tutti gli impallinati di cinema sanno su Mike Nichols è che sapeva orchestrare per addizione forma e contenuto intingendoli con destrezza nelle pulsioni delle contingenze storiche.
Con Il Laureato l’erotismo borghese che sdoganò il tema sessuale nell’era pre-sessantottina; con Silkwood l’incubo nucleare raccontato attraverso  la storia di un’appassionata attivista sindacale interpretata magistralmente (niente di nuovo) da Meryl Streep; con Una donna in carriera, e il suo meccanismo narrativo preciso come un orologio svizzero, il sentimento di rivalsa femminile che rifiuta qualsiasi compromesso nell'era degli yuppie senza scrupoli. 

Questa sua devozione allo Zeitgeist non è stata, tuttavia, spesso apprezzata dai critici che lo accusavano di non fare film dal taglio personale ma piuttosto di compiacere il pubblico dando loro in pasto quello che volevano vedere.
Nichols era uno che sapeva sempre dove piazzare la macchina da presa e fra le sue peculiarità c'era quella di saper intercettare, con una certa ironia persuasiva, la sensibilità e le vulnerabilità degli attori prima (un esempio su tutti, Harrison Ford in A proposito di Henry) e dei personaggi poi con un grado di empatia spettatoriale coinvolgente, perfino commovente. Che è il motivo per cui, ora che quest’eco emotiva è scomparsa, si fa ancora più assordante quell’indimenticabile “suono del silenzio”.