Wirtschaft | Grandi manovre

Fusione SEL-AE: “Il processo sia traparente"

Per l’ex amministratore delegato di AE Pietro Calò ci vuole il coraggio di coniugare il ‘chilometro zero’ per l’energia prodotta con le esigenze del mercato globale.

Pare sia questione di giorni: la preannunciata fusione tra SEL e Azienda Energetica sta calamitando l’attenzione dei molti che vedono questa vicenda come un cruciale banco di prova per l’amministrazione provinciale, a pochi mesi dall’appuntamento elettorale nei comuni.
Al dibattito in questa occasione si aggiunge la voce di Pietro Calò, per molti anni ai vertici di Azienda Energetica come amministratore delegato.  

Pietro Calò, qual è il suo giudizio sulla prossima fusione di Sel e Azienda Energetica?
Già nel 2004, prima della bagarre sulle concessioni idroelettriche, dissi che in una logica di prospettiva industriale sarebbe stata un’idea intelligente arrivare alla fusione delle due società. Allora Azienda Energetica aveva una posizione di assoluto predominio industriale. Però già si intuiva che la politica provinciale avrebbe potuto far aumentare di molto lo spessore industriale dell’impresa, andando in qualche modo ad usufruire delle concessioni di grande derivazione idroelettrica. 

Quale fu la reazione all’epoca?
Non fui ascoltato ed anzi fortemente criticato. Anche perché dissi già allora che poi la prospettiva per un’impresa che avrebbe avuto quelle dimensioni non poteva che essere quella di andare in borsa. Quello che succede oggi è, in grave ritardo, l’inevitabile conclusione di un processo di aggregazione industriale che qualsiasi manager vedrebbe come naturale. 

Di mezzo tra il 2004 e oggi, però, è avvenuto niente meno che lo scandalo che ha travolto Sel ed i politici di riferimento in Provincia.
Sì, sulla fusione oggi grava l’ombrello preoccupante dei ricorsi, tra l’altro da me firmati a suo tempo. Le note vicende giudiziarie stanno contribuendo a fare chiarezza sul chi e il come è stato alterato un processo di naturale concorrenza. 

Cosa dire a chi dice che la fusione è un colpo di spugna sulle responsabilità oggettive?
Non dovrebbe succedere. Ma si deve avere la capacità più politica che giudiziaria di trasferire nella fusione la composizione di un conflitto giudiziario, per dare lo spazio a quello che a ben vedere è processo industriale naturale. Nella vita bisogna avere anche il coraggio di guardare avanti. Quello che è successo è molto grave, ma se la prospettiva industriale è a beneficio dei nostri concittadini allora bisogna senz’altro muoversi verso la fusione. Per venire a capo la situazione che ha oggettivamente alterato le condizioni di mercato sono al lavoro fior fiore di professionisti. Quello che accadrà lo capiremo anche perché ci sono a fare dei precisi passi di natura formale. Se gli equilibri che si verranno a creare verranno considerati politicamente compatibili e tali da sostenere anche il giusto esame da parte dell’autorità giudiziaria, allora si sarà ottenuto un grande risultato. 

La fusione evidentemente però non accontenterà tutti.
Mi auguro che, proprio per la delicatezza del tema, tutto il processo avvenga in assoluta trasparenza. Ogni cittadino della provincia deve essere messo nelle condizioni di leggere quello che succederà. Se così sarà, scontenti o non scontenti, i contrari avranno meno giustificazioni. I numeri industriali dovranno essere resi pubblici, e lì si capirà subito se saranno tali da giustificare l’operazione. I numero, in prospettiva futura, dovranno offrire ai soci quelle garanzie anche di ordine economico di cui hanno oggettivamente bisogno. Dal canto suo anche la politica dovrà fare un passo indietro e avere la lungimiranza di capire che se queste aziende non si muovono nel mercato saranno nel tempo destinate a diventare sempre meno remunerative. 

In realtà in questo momento la politica sta facendo un nuovo passo avanti, per cercare di venire a capo della situazione…
Sì, e lo sta facendo giustamente. Se trova l’architettura adeguata affinché la dimensione pubblica venga tutelata, deve poi naturalmente fare un passo indietro per lasciare a pratiche di tipo industriale e manageriale la gestione e lo sviluppo della nuova azienda elettrica della provincia. 

In merito da sempre in provincia ci sono sensibilità diverse. C’è chi vede come ideale la presenza di un unico grande ente gestore, controllato bene o male dalla Provincia. E chi invece preferirebbe che la produzione fosse affidata più ad una rete di piccole realtà sul territorio.
I due modelli non sono naturalmente in contrapposizione. Il modello centralista è quello con cui si sta sul mercato globale ed è inevitabile. ma ciò non toglie che il modello cooperativistico possa coesistere trovando una cerniera di interazione. Sei comuni e le piccole aziende elettriche vogliono continuare offrendo in maniera cooperativistica un certo servizio lo possono fare. Devono però collegarsi con la struttura centrale per tutta una serie di aspetti che vanno anche ad ottimizzare la gestione economica del loro agire. Quindi per riassumere: a livello locale chilometro zero per l’energia prodotta e distribuita ed invece collegamento con la realtà in grado di governare questi processi per quanto riguarda la centralizzazione delle reti e del mercato internazionale. 

Gli attuali politici e tecnici che stanno cercando di comporre il mosaico sono all’altezza di questo compito?
Solo il risultato potrà dare la risposta a questa domanda. Vi saranno senz’altro logiche di tipo politico territoriale ed anche di poltrone, valvole di sfogo che vedono in queste aziende l’evoluzione naturale dell’agire politico. Ma esiste anche la consapevolezza che nel mercato ormai non c’è più spazio per il dilettantismo o per l’assenza di una strategia a medio e lungo termine. La consapevolezza più o meno esiste. Poi che cosa produrrà lo sapremo spero fra poco. 

Qual è la vera sfida per il futuro?
Quella che si prospetta è una vera e propria rivoluzione culturale. Se io vado in borsa rischio anche di essere anche scalato domani. Il nostro non sarà più un territorio protetto. Se sarò bravo andrò a fare un’espansione, se invece non sarò all’altezza manterrò comunque una forte dimensione territoriale ma sarà qualcun’altra che metterà il naso a casa mia. Io questa partita sono disposto a giocarla, per cultura e formazione. Bisogna capire se la politica si mette in gioco fino a questo punto.