Umwelt | Animalismo

Dalla parte del toro

Di cosa parliamo quando parliamo di antispecismo.

L’antispecismo è un movimento filosofico, politico e culturale che presuppone il superamento delle gerarchie di supremazia basate sulla specie. Un movimento di carattere internazionale che si aggrega in diverse associazioni e gruppi, fra cui l’Animal Liberation Front (ALF), che si prefigge, tramite azioni dirette, di contrastare la violenza sugli animali. Chi in mezzo a questi movimenti ci vive utilizza perfino un codice linguistico peculiare: appella se stesso “animale di specie umana” e gli altri “animali di specie non umana”. Una categorizzazione che contiene già in sé il superamento della diseguaglianza delle specie.

“Non esistono animali superiori e inferiori, così come non esistono razze umane superiori e inferiori, ma esistono esseri viventi dotati di peculiarità uniche e come tali rispettabili e inviolabili”.

Diceva il filosofo Jeremy Bentham. Il circo, luogo di sfruttamento elettivo per antonomasia, è l'esempio lampante di un microsistema in cui la presunzione della supremazia si attua nei ruoli del dominatore (la specie umana) e del dominato (animale non umano). Il circo è paradigma di un mondo fantastico, colorato, abitato da orsi ballerini, leoni domati che saltano in cerchi di fuoco, scimmie ammaestrate per sembrare “umane”; un mondo non reale, nient'affatto depositario di quella vivacità cromatica che sponsorizza così sguaiatamente per la gioia del pubblico pagante. Un deterrente, inoltre, per l’abilità dell’arte puramente circense declinata da giocolieri, prestigiatori, trapezisti, promotori di un’alternativa altrettanto entusiasmante.

L’antispecismo è anche e soprattutto questo. È tutto ciò che non considera una specie più debole dell’altra, che rifiuta ogni congegno di repressione e abuso che ha progressivamente desensibilizzato il concetto di violenza. Più in generale l’antispecismo è una sorta di rivoluzione copernicana, uno sviluppo instancabile di quelle ideologie che prevedono la sostituzione di visioni del mondo gerarchiche con presunzioni a favore dell’eguaglianza, un auspicio sublimato nelle parole illuminanti del filosofo statunitense Tom Regan: “Dobbiamo svuotare le gabbie, non renderle più grandi”.