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Una scelta scellerata?

Il dietro front della Provincia di Bolzano rispetto all’uso del software libero nella pubblica amministrazione sta facendo molto discutere. E non solo i tecnici.

“Abbiamo analizzato quali soluzioni risultino compatibili con i nostri sistemi informatici e garantiscano la massima funzionalità e flessibilità. Alla luce di ciò abbiamo deciso che i prodotti Office della pubblica amministrazione altoatesina si trasferiranno sulla piattaforma Microsoft Office 365"

Quando l’assessora Waltraud Deeg lo scorso 13 aprile ha comunicato la decisione della Provincia di puntare in futuro sul cloud, abbandonando un percorso di anni che la stessa Provincia aveva voluto puntando sull’open source, sono stati in molti a cascare dalla sedia. Anche negli stessi uffici provinciali che gestiscono in modo diretto o indiretto l’intero sistema digitale della Pubblica Amministrazione altoatesina. Comuni, sanità e sistema scolastico compresi. 

In particolare a scendere definitivamente sul piede di guerra è stata la vasta area degli informatici che da tempo prediligono l’utilizzo di sistemi operativi e software open source. Questo per l’utente privato e, a maggior ragione, per la pubblica amministrazione. 
Molti nel settore, ma non solo loro, ricordano l’annuncio dato dal precedente assessore competente Roberto Bizzo pochi mesi prima delle elezioni provinciali del 2013. La decisione (della giunta) era stata quella di procedere nel giro di tre anni al passaggio completo di tutti e 7mila i computer degli uffici provinciali al software libero. Prevedendo anche investimenti in merito, corrispondenti a risparmi in termine di rinuncia a costose licenze per software proprietario. 
La decisione della giunta provinciale del 2013 sembrò all’epoca il completamento di un percorso iniziato nel quinquennio 2004-2008 con il programma eSüdtirol 2004-2008, motore anche per il Free Software & Open Technologies attivato presso il TIS. 
Ebbene: quanto costruito negli anni è stato in pratica definitivamente sepolto attraverso le due delibere approvate il 12 aprile scorso. 

Subito messa sotto pressione, anche dalla stampa, l’assessora Deeg si è subito trincerata. Dicendosi “estranea alle guerre di religione” che a suo dire caratterizzano l’informatica, ma anche ammettendo di “non essere un’esperta” specialmente per quanto riguarda il delicato (e cruciale) tema dei dati sensibili. Come vedremo tra poco nel dettaglio.

Dopo le necessarie premesse cerchiamo però ora di venire finalmente al punto. O meglio ai due termini centrali della questione
1) Quali sono i motivi per cui molti tecnici si sono imbestialiti nell’apprendere le motivazioni che hanno portato la Provincia al suo cambio di rotta? 
2) Queste motivazioni sono solo questioni - appunto - da tecnici, oppure hanno implicazioni intellegibili ai comuni cittadini e magari anche tali da coinvolgerli a livello di opinione?

Ebbene: abbiamo approfondito un po’ la questione e la nostra opinione è che le questioni sollevate siano senz’altro controverse, ma comunque tutt’altro che incomprensibili ai più. Anzi. 


Qual è il vero obiettivo dell’inversione di marcia?

A questo proposito ci siamo fatti l’idea che la Provincia abbia voluto muoversi attraverso questa scelta nelle direzione di una massima semplificazione dell’intero sistema informatico della pubblica amministrazione in Provincia di Bolzano. La decisione di abbandonare l’open source in sostanza ha lo scopo di identificare un sistema ‘esterno’ chiavi in mano, che consenta di operare ulteriori riduzioni di personale rispetto a quelle che negli ultimi 2 anni hanno portato alla migrazione di numerosi tecnici dalla ripartizione 9 (informatica) alla SPA pubblica Informatica Alto Adige (Siag) di proprietà di Provincia, Consorzio dei Comuni e Regione. Migrazione che in corso d’opera ha portato ad una decisa ‘emorragia’ di personale. 
Alcune cose sono certe: la Provincia certo non ha brillato in trasparenza e coerenza durante questo percorso accidentato. Specie negli ultimi tre anni, visto che già pochi mesi dopo il ‘proclama di Bizzo’ la principale comunità dell’open source locale Lugbz già aveva scritto alla Provincia lamentando che alle parole non erano seguiti fatti e la la procedura decisa di migrazione verso il software libero stagnava. 
Per molti di coloro che nel 2013 avevano salutato con gioia la precedente scelta della Provincia, la decisione assunta 3 anni dopo deve aver inoltre assunto tono della beffa. Visto che la scelta dell’open source all’epoca era scaturita da un tavolo tra Provincia e parti sociali insieme impegnate nell’identificare una modalità per risparmiare che preservasse però i posti di lavoro pubblici nel settore. 


Con il passaggio al software proprietario si risparmia veramente?

Pare proprio di no, stando allo studio affidato alla ditta Alpin sulla quale si è basata la decisione della Provincia di mettersi nuovamente nelle mani di Microsoft. Rispetto ai 600mila euro di risparmio previsti nei primi tre anni della migrazione (mai avvenuta) verso Libreoffice (l’Office open source) si parla ora di 1,2 milioni di euro all’anno di spesa ai quali si aggiunge un altro milione e sei per l’Asl, mentre il consorzio dei comuni aspetterà un po’ (anche perché lì in ampi settori il passaggio all’Office libero è già avvenuto con risultati più che soddisfacenti). 
I critici fanno presente che i soldi spesi per le licenze di Office 365 saranno di fatto tolti ad altre voci di spesa in un periodo di vacche magre. 


Che ne è del mercato locale delle ditte private? 

Quando prima abbiamo parlato del Free Software & Open Technologies del Tis di fatto abbiamo fatto riferimento ad un settore di mercato privato che da tempo è ingolfato, fanno notare i critici della conversione informatica ‘proprietaria’ operata negli ultimi giorni dalla Provincia. Perché? E’ presto detto: la crisi è stata provocata dalla situazione stagnante degli ultimi anni per quanto riguarda la non mantenuta migrazione verso l’open source, che notoriamente necessita l’intervento di piccole ditte per l’elaborazione del codice aperto per l’adattamento e lo sviluppo delle applicazioni. Il previsto passaggio della Pubblica Amministrazione a Office 365 non farà che dare il colpo di grazia a questo settore, visto che negli ambienti degli addetti ai lavori è noto che affidarsi a Microsoft significa di fatto spedire all’estero l’86% dei soldi spesi per acquisire il sistema ‘chiuso’.


I dati che fine fanno?

Questa è una questione di non poco conto, sulla quale davvero ci sono poche certezze. 
Vista la scelta del cloud dove verranno di fatto memorizzati in futuro i dati della Pubblica Amministrazione altoatesina che attualmente si trovano in un datacenter al primo piano di via Siemens costato 7 milioni e mezzo di euro? 
Microsoft garantisce che resteranno in Europa, ok. Ma chi può garantire al 100% che tali dati resteranno in possesso dei suo proprietario e cioè i cittadini? Consentendo loro di accedervi in qualsiasi momento senza trovarvi ostacoli di intelligibilità legata al ‘codice proprietario’? Certo si tratta di una ‘bella’ differenza rispetto all’open source che, per definizione, è un sistema ‘a viso aperto’ vista la disponibilità del codice sorgente. 
La faccenda è delicata, specie per i dati sensibili. L’assessora Deeg garantisce che quelli sanitari resteranno nell’intranet. Ma ne siamo sicuri, visto che la Provincia ha deciso di puntare tutto sul cloud?


I problemi non finiscono qui

Il software proprietario, venduto come migliore, in realtà porterà con sé altri problemi. Non ultimo quello - fanno presente i tecnici ‘contro’ - legato al fatto che i dipendenti dell’amministrazione pubblica altoatesina sono ancora abituati ad utilizzare Office 2003 (o Libreoffice). E Office 365 presenta un’interfaccia profondamente modificata, per la quale necessiterà di una formazione specifica. Office di MS presenta poi delle procedure molto impegnative anche per quanto riguarda gli aggiornamenti semestrali che ‘pesano’ parecchio e quindi rischiano di mettere in crisi l’intera rete della PA se realizzati in contemporanea. 


Il caso della scuola

Se c’è un settore nel quale finora si è proceduto a tentoni è quello della scuola altoatesina. Tra scuole italiane e tedesche le vie seguite sono state praticamente opposte. Mentre nella scuola italiana il progetto Fuss in pratica ha spostato su Linux tutta la parte didattica, la scuola di lingua tedesca invece ha stipulato con Microsoft addirittura un contratto (milionario) per consentire agli insegnanti di dotarsi di Office con pochi euro ed agli studenti di ottenere addirittura spazio cloud per i propri dati e per utilizzare Office 365. Nella scuola tedesca dunque negli scorsi anni si è verificata una vera e propria ‘fuga in avanti’  nella prospettiva del passaggio al software proprietario. E’ un caso?


Scelta fatta sulla base di uno studio ‘di parte’?

Com’è noto la Provincia è giunta alla sua decisione sulla scia di uno studio ad hoc commissionato alla ditta locale del settore Alpin. Uno studio che da parte del mondo dell’open source altoatesino è stato ritenuto di parte. Mentre Lugbz non ha messo per nulla in discussione la professionalità della ditta incaricata, ad essere stata giudicata inopportuna è la scelta stessa di incaricare una ditta esterna per svolgere una valutazione cruciale per la Pubblica Amministrazione come quella della comparazione tra software proprietario e software libero per la digitalizzazione in cloud degli uffici. 
Per i paladini del software libero nello studio di Alpin (originariamente realizzato solo in lingua tedesca e poi tradotto ‘da cittadini consapevoli’) sono stati considerati solo gli aspetti tecnici ed economici in termini di licenze. Mentre sono stati completamente trascurati gli aspetti macroeconomici, sociali ed etici. Che sarebbero stati senz’altro considerati - si dice - se lo studio fosse stato compiuto da un gruppo di lavoro che riunisse le menti (anche di differente opinione) che sono operative alla Ripartizione 9 e in Siag. 


Ma è vero che Libreoffice ha problemi con il cloud?

Anche su questo tema non mancano le precisazioni da parte di coloro che vorrebbero la permanenza di Libreoffice nella pubblica amministrazione. Nello studio Alpin infatti si confrontano MS Office 365, Google Ads Work e Libreoffice. Affermando che Libreoffice in merito non offrirebbe le giusta garanzie. Eppure da poco sarebbero uscite due versioni beta della suite in cloud che funzionano. E che potrebbero svolgere tutti i compiti richiesti in Alto Adige.  


Gli altri che fanno?

Trento? E’ passata da tempo all’open source. Come Monaco di Baviera. La comunità del software libero dunque spera che la battaglia non sia persa e che magari la Provincia possa ancora dare uno sguardo dintorni, convincendosi magari a desistere dalla strada intrapresa. 
Hanno già cambiato idea una volta, d’altronde. Perciò… staremo a vedere.