Politik | Terrorismo

Il ricordo di Amplatz divide nel web

Ad inizio settembre il membro del BAS verrà ricordato da Heimatbund e Schützen.

A riprendere su facebook l’articolo a firma di Davide Pasquali, pubblicato dal quotidiano Alto Adige ci ha pensato Carlo Alberto Zanella. Lapidario il commento: “Viene festeggiato un terrorista! E noi stiamo zitti? Perché non si fanno marce di protesta?”

Il 50 anni dalla ‘eliminazione’ di Luis Amplatz, avvenuta 7 settembre del 1964 ad opera di Christian Kerbler, infiltratosi nell’organizzazione terroristica sudtirolese BAS di cui facevano parte anche Sepp Kerschbaumer e Georg Klotz, verranno celebrati in due distinti momenti dagli Schützen di Gries a Bolzano e dal Heimatbund a Saltusio in val Passiria. 

Su facebook il rilancio dell’articolo del quotidiano Alto Adige ha suscitato numerosi commenti. Primo fra tutti Christian Welponer, che ha ricordato l’altra faccia della medaglia dell’uccisione di Amplatz (“i Carabinieri lo hanno torturato ma sono stati prosciolti da giudici fascisti”), al quale Zanella ha subito ribattuto ricordando che (“la violenza non va mai bene, ci vuole obiettività, le celebrazioni di questo tipo servono solo a creare barriere"), ma amettendo anche che “non si può protestare in un’unica direzione”
Eliana Favretto dal canto suo ha manifestato la sua costernazione (“quante generazioni ci volgono per dimenticare i torti subiti e sentirsi urti altoatesini e c’è sempre chi per conquistarsi un pugno di voti prosegue con le divisioni”). 
Con lo scopo di ristabilire la verità storica è invece intervenuto niente meno che l’ex vicepresidente della giunta provinciale di Bolzano Michele Di Puppo: “Luis Amplatz non fu torturato dai carabinieri, ma fu ucciso a tradimento da chi si era spacciato per amico”
Il dibattito sul social network è proseguito, attraverso la visione ‘patriottica’ del sacrificio di Amplatz, rilanciata da Opa Fähnrich Remo Bortoluzzi Tirol (“Amplatz ha messo in gioco se stesso,la famiglia e ciò che possedeva per un ideale di giusta rivalsa storica”).
Il dialogo è quindi proseguito, tra ricordi di chi a Bolzano ha vissuto ma poi ha scelto di spostarsi altrove, chi rilancia rifiutando il confronto con superficialità (“siamo in Italia!”) e chi invece invita a guardare in avanti (“la storia è questa e non si torna indietro”) e che (“non piace a nessuno dover pagare per colpe di altri”). 

Il dibattito prosegue e senz’altro tornerà vivace fra poco più di un mese.