Kultur | Diplomatie

La bellezza, la ragione, la vita

Alla fine di agosto del 1944 Parigi rischiò di essere distrutta da un folle ordine di Hitler. Volker Schlöndorff ricostruisce in un film magistrale la sua salvazione.

Diplomatie, del regista Volker Schlöndorff, è un film su un duello. Un duello in forma di dialogo che attraversa la notte – fisica e metaforica – distesa dal nazionalsocialismo su tutta l'Europa e qui, in particolare, sulla città di Parigi, dell'Europa uno dei simboli più duraturi. I protagonisti di questo duello rappresentano molto più di quel che sono dal punto di vista del loro ruolo storicamente determinato. Da un lato il generale occupante, alle prese con l'ordine insensato di devastare la città ormai perduta; dall'altro il diplomatico svedese, proteso nel tentativo di salvarla. Si tratta del duello tra le istanze della bellezza, della razionalità e della vita, e quelle dell'orrore, della violenza e quindi della morte. Il film è basato su un fatto realmente accaduto, circoscritto nello spazio e nel tempo, ma la sua forza consiste nel ricordarci che qualcosa del genere potrebbe accadere e anzi sta accadendo ovunque bellezza, razionalità e vita vengano minacciate dall'orrore, dalla violenza e dalla morte.

Personalmente non conoscevo il rischio che la Ville Lumière corse alla vigilia della sua immanente liberazione da parte delle truppe alleate. Che la città del Louvre, di Notre-Dame e della Tour Eiffel potesse essere cancellata da un atto di rabbia compiuto da chi, sto parlando evidentemente di Hitler, non era riuscito nel folle intento di succhiarne tutta la linfa per secernerne poi una mostruosa copia berlinese, era una di quelle nozioni che magari vengono apprese al margine di una lettura, alla periferia di un rimando, ma che tuttavia tendono a sfuggirci perché quasi impossibili da concepire. Forse siamo disposti a seguire i percorsi del male solo fino al limite dell'annientamento totale. Al di là, e il film consiste in una insistente divagazione sul bordo di tale limite, comincia un terreno privato da ogni segno di umanità, se non quello che indica la sua fine.

Senza dubbio, e qualche critica al film non può fare a meno di accennarlo, la finzione drammaturgica semplifica l'intrico di cause che portarono a non compiere l'atto scellerato. Ma se il prezzo diventa ritrovare la fiducia nella parola che agisce e redime – per certi versi il tormento del generale assomiglia a quello dell'Innominato, in un'altra celebre notte raccontata da Alessandro Manzoni –, il difetto è difetto da poco. Quando, alla fine, il generale, stremato dalla ragione dell'altro, oltre che da una tenue promessa di salvezza, cambia il corso degli eventi e, forse per la prima volta, sente la voce della sua responsabilità individuale, noi avvertiamo insieme a lui tutto il peso di una scelta che è il peso stesso della libertà. Lo sguardo della telecamera allora si allarga su una Parigi sfolgorante di luce, inconsapevolmente grata di poter continuare ad esistere, e quindi giunge fino a noi, a nostra volta grati di aver potuto vivere incantati da tanta bellezza.

 

A Bolzano, Diplomatie è in progammazione al Filmclub fino al 3 settembre.