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Kultur | Avvenne domani

La montagna, com’era

Come il mondo scoprì le Dolomiti. Nella sede di piazza Walther della Sparkasse la mostra "Le montagne appese alle pareti".

C’è un termine felicemente ambiguo nel titolo che è stato imposto alla mostra* inaugurata nei giorni scorsi e che resterà aperta sino al 5 agosto prossimo nei locali della filiale di piazza Walther della Cassa di Risparmio di Bolzano. Il titolo è “Le montagne appese alle pareti” e il duplice significato è quello, per l’appunto, della parola “pareti”. Sono pareti gli strapiombi di roccia delle Dolomiti, quelli che al tramonto si colorano di un rosa acceso riproponendo, quando il cielo è sereno, la magia di antiche leggende. Sono le pareti delle nostre montagne.

Sono pareti, tuttavia, anche quelle delle case di mezza Europa sulle quali, tra la fine del Settecento e i giorni nostri sono andate a collocarsi le vedute pittoriche con le quali artisti di ogni estrazione hanno voluto immortalare quei panorami, quelle montagne, quelle meraviglie che in questo modo il mondo intero iniziò a scoprire.

Loro, le montagne, c’erano sempre state, ma per secoli erano rimaste quasi come un continente ignoto, percorso e scavalcato quand’era strettamente necessario da viaggiatori, mercanti, guerrieri e pastori. Montagne guardate dal basso con timore, evocate nella fantasia come regno di spiriti e di eroi leggendari.

Le opere esposte a Bolzano sono un esempio di questa forma di racconto visivo che ebbe un enorme successo

Con la fine del settecento, però, inizia un’altra scoperta delle nostre montagne. I viaggiatori non si limitano più a scavalcarle in tutta fretta, ma cominciano a esplorarle, scoprendo più da vicino quelle meraviglie contemplate sino ad allora solo da lontano. È l’inizio di un’avventura in cui protagonisti sono i primi alpinisti-esploratori, accompagnati dalle guide locali che mettono a frutto in questo modo una confidenza antica. Nasce, prepotente, anche la voglia di raccontare quelle esperienze fantastiche e per questo ci sono i libri, gli articoli sui giornali e sulle riviste che si stampano a Londra, a Parigi, a Berlino. La parola, tuttavia, non basta ed ecco che al taccuino del viaggiatore si affianca il cavalletto dell’artista.

Le opere esposte a Bolzano sono un esempio di questa forma di racconto visivo che ebbe un enorme successo proprio perché illustrava a coloro che non le avevano mai viste e che forse non le avrebbero vedute mai di persona, le bellezze di un mondo che veniva riscoperto anno dopo anno da una massa sempre maggiore di persone. Le opere arrivano tutte da una stessa fonte: la formidabile collezione di vedute artistiche delle nostre terre raccolta nel corso di decenni, con pazienza e con passione, da uno dei maggiori esperti di questo genere in Europa: l’avvocato bolzanino Arnaldo Loner.

Tra i suoi archivi, pazientemente e costantemente curati nel corso del tempo, escono le immagini che tutti potranno ammirare e che furono, non vale nemmeno la pena di dirlo, un potentissimo strumento di propaganda turistica per la terra tra i monti. Opere di carattere e di tecnica assai diversa ma accomunate tutte dalla volontà di raccontare un mondo che ci appare oggi profondamente diverso da quello che abbiamo sotto gli occhi.

L’epoca delle vedute artistiche delle nostre montagne finisce, inevitabilmente, con l’avvento della fotografia, che permette di rubare i panorami con un realismo compiuto. La poesia di quelle immagini si perpetua indubbiamente nel lavoro di certi fotografi che hanno continuato a raccontare un mondo in cambiamento costante. Nulla a che fare con il selfie scattato davanti a una chiesetta della Val di Funes e nel quale il panorama retrostante è solo il pretesto per confermare la propria esistenza in vita.