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Politik | Avvenne domani

Mi spezzi il quorum

E' un semplice calcolo matematico ma ad esso sono appese le speranze e spesso le illusioni dei politici che stanno pianificando le strategie per le provinciali di ottobre

E' il convitato di pietra in tutte le riunioni che in queste settimane si tengono a Bolzano e dintorni con l'obiettivo di preparare strategie programmi per le provinciali del 21 ottobre prossimo. Si aggira come un fantasma nei sogni, ma anche negli incubi, dei futuribili candidati, degli aspiranti assessori, degli strateghi elettorali.

È il quorum.

A dire il vero, consultando il dizionario, il termine di chiara origine latina, si riferirebbe, Treccani dixit, al numero legalmente necessario per la validità delle adunanze e delle deliberazioni di determinati organi collegiali. Da questo originario significato sarebbe poi scaturito quello relativo alla percentuale di votanti necessaria per la validità di un referendum ed infine, per estensione, sempre secondo Treccani, quello del numero minimo di voti necessario per l’elezione di un candidato.

È questo, e solo questo il quorum che al momento ci interessa, quello quale si basano le strategie e le tattiche della dozzina di liste contrapposte che, sul far dell'autunno, si daranno battaglia per definire i nuovi assetti politici su cui si reggerà, nei prossimi cinque anni, l'impalcatura dell'autonomia altoatesina.

Il quorum è un animaletto matematico che vive preferibilmente negli ambienti governati dalle leggi elettorali proporzionali. Quella altoatesina lo è talmente da poter essere utilizzata come esempio in una spiegazione accademica. Legge proporzionale, in primo luogo, perché lo prevede, espressamente, l'articolo 47 dello Statuto di autonomia. È una norma che non ammette deroghe, come hanno imparato a loro spese i legislatori provinciali, costretti alcuni anni fa dalla Corte Costituzionale a rimangiarsi frettolosamente una riforma varata pochi mesi dalle elezioni. La ratio della norma è facilmente comprensibile qualora si rifletta sul fatto che in una realtà dove hanno enorme importanza i vari gruppi linguistici, l'utilizzo di sistemi elettorali maggioritari potrebbe alterare in maniera decisiva la rappresentatività di queste comunità delle assemblee elettive.

Proporzionale dunque e proporzionale puro. Non senza che vi siano state discussioni accanite, si è preferito non accedere neppure alla possibilità, statutariamente prevista, di eleggere direttamente il Presidente della Giunta provinciale o di introdurre la cosiddetta "soglia" per l'ingresso in consiglio.

Accade dunque che la più recente disposizione in materia ovverossia la legge provinciale 19 settembre 2017 numero 14, intitolata "Disposizioni sull'elezione del Consiglio provinciale, del presidente della Provincia e sulla composizione ed elezione della Giunta provinciale", si limiti a introdurre alcune novità, che riguardano i criteri di composizione delle liste o gli strumenti di propaganda elettorale. In materia di quorum invece tutto è rimasto come sempre.

A regolare la questione l'articolo 54 della legge, che prevede il meccanismo, abbastanza semplice in verità, per il calcolo dal nostro famoso quorum. Una volta terminato lo scrutinio delle schede, si prendono tutte quelle validamente votate, escludendo quindi le nulle e le bianche. Il numero complessivo viene diviso per un  numero ottenuto aumentando di due unità il numero dei seggi da attribuire. Nel nostro caso i seggi sono 35 e il numero divisore sarà quindi 37.

Il risultato dell'operazione ci fornirà il famoso quorum ovverossia la cifra corrispondente ad un seggio pieno. Applicato questo divisore ai voti validi ottenuti da ogni singola lista si otterrà un primo risultato: quello relativo al numero di seggi pieni ottenuti da ciascuna formazione. Ci saranno ovviamente dei resti e qui inizia la seconda parte dell'operazione. Determinato il numero dei seggi ancora da assegnare verrà stilata una classifica in base ai resti di ciascuna lista. Nell'elenco, prevede la legge, verranno questo punto incluse anche le liste che non sono riuscite ad ottenere un seggio pieno. Si avrà così anche l'assegnazione dei seggi per così dire "residui".

Questo il meccanismo matematico che però, per acquistare un senso politico, va confrontato con le cifre reali. Il numero dei votanti in Alto Adige fa sì che, nelle tornate elettorali più recenti per l'elezione del Consiglio provinciale, il quorum alla fine sia stato fissato attorno agli 8000 voti. È una cifra che, nelle ultime elezioni, quelle del 2013, è stata leggermente più bassa in quanto c'è stato, come si ricorderà, un calo drastico dell'affluenza alle urne. Si trattò, allora, di una disaffezione concentrata in modo particolare nei grossi centri e nell'elettorato di lingua italiana. Questo fatto, unito anche a una forte frammentazione delle liste, soprattutto nel centrodestra, e quindi ad una notevole dispersione di voti, ha portato a una presenza dei consiglieri di lingua italiana all'assemblea provinciale ben inferiore a quello che è il dato demografico.

Come abbiamo detto sopra, tuttavia, non occorre arrivare al quorum pieno per sperare di poter varcare la soglia del Consiglio. Al riparto dei seggi rimasti vacanti dopo la distribuzione di quelli "pieni" possono partecipare anche le liste che non raggiungono il quorum. Nel 2013, ad esempio, con poco più di 6000 voti la lista Alto Adige nel cuore di Alessandro Urzì riuscì ad ottenere il seggio, mentre cinque anni prima alla lista di Unitalia ne bastarono 5689. Sempre Unitalia, nel 2003 ce l'aveva fatta con appena 4500 voti, mentre nel 1998 alla lista Il Centro guidata da Luigi Cigolla furono necessari, per ottenere il seggio, 5340 voti.

Non hanno quindi torto i giornalisti quando parlano di "lotteria" dei resti. L'attribuzione o meno di un seggio finisce per dipendere dalla distribuzione del voto su tutte le liste. Più quelle che già hanno uno o più seggi "pieni" accumuleranno dei resti importanti ma non sufficienti per partecipare al riparto e più saranno favorite quelle liste che invece contano su un numero di consensi insufficiente per arrivare al quorum ma comunque notevole.

È su questi calcoli che si basa buona parte delle scelte politiche e delle strategie elettorali che si vanno consumando in queste settimane nel mondo politico altoatesino.

La regola base che si ritrova in ogni buon manualetto di politica elettorale è quella secondo cui, con il sistema proporzionale, uniti si perde e divisi si vince. Questo soprattutto in chiara e netta contrapposizione con il sistema elettorale maggioritario, che costringe invece i partiti a formare coalizioni il più ampio possibile per prevalere sugli avversari.

La regola però non va applicata in modo troppo stringente. È vero che il sistema proporzionale con le preferenze di lista come quello che useremo il 21 ottobre per eleggere il nuovo Consiglio provinciale altoatesino, finisce per esaltare le caratteristiche proprie di ciascuna forza politica e, all'interno di essa, per creare un forte antagonismo tra i singoli candidati che, scatenati nella caccia alle preferenze, finiscono per migliorare il risultato della lista stessa.

È vero, altresì, che il numero dei voti necessari per conquistare comunque almeno un seggio non è altissimo, ma si tratta comunque di alcune migliaia di consensi e solo chi non ha mai partecipato ad una competizione elettorale di questo tipo può illudersi che convincere cinque o seimila persone a barrare con una croce il simbolo della propria lista sia un compito agevole.

I cimiteri della politica altoatesina sono pieni delle lapidi che ricordano gli sfortunati tentativi da parte di formazioni più o meno improvvisate, più o meno legate a partiti di rilevanza nazionale, di conquistare quel consenso minimo che permette la conquista di uno dei 35 seggi in palio.

Anche per le elezioni del prossimo ottobre il calcolo politico ruota tutto attorno a questo amletico interrogativo: se sia meglio rinunciare alla propria orgogliosa indipendenza e rischiare di fare i gregari portatori d'acqua per qualche piccolo ras delle preferenze o se non convenga invece tentare la sorte in solitudine sperando nel favore degli elettori e in una buona distribuzione di quella mano di poker denominata calcolo dei resti.