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Gesellschaft | Storia

I cento anni

La Costituzione federale austriaca compie un secolo. Oggi andrebbe forse letta sotto una nuova luce interpretativa?

Con il primo di ottobre 2020 l’Austria ha celebrato i cento anni della sua Costituzione federale. Al pari della Costituzione di Weimar, promulgata appena un anno prima, nell’agosto del 1919, l’austriaca «Bundes-Verfassungsgesetz» sorgeva tra le macerie della prima guerra mondiale.

Alla fine del mese di ottobre 1918 i deputati eletti sette anni prima nel Parlamento imperiale si erano costituiti in una Assemblea nazionale provvisoria, scegliendo come Cancelliere il socialdemocratico Karl Renner. Appena insediatosi, il governo provvisorio varò una legge sulla sovranità popolare, che costituì la prima svolta costituzionale, decretando la fine della monarchia asburgica. La guerra volgeva al termine, la monarchia al collasso. Carlo d’Asburgo, salito al trono nel 1916, fu costretto ad abdicare l’11 di novembre stesso.

Gli Austriaci si lasciavano alle spalle la monarchia e progettano un nuovo ordinamento, repubblicano e democratico. L’Assemblea nazionale provvisoria contemplò immediatamente l’istituzione di un’Assemblea nazionale costituente, che fu eletta nel febbraio del 1919 a suffragio universale (votarono per la prima volta anche le donne) con lo scopo principale di redigere una carta costituente. Fu allora che il Cancelliere Renner chiamò ad imprimere la sua propria impronta al processo costituente l’astro nascente della scienza giuridica austriaca, il maggiore giurista dell’epoca, la cui fama si stava estendendo rapidamente in tutta Europa. Quel giurista era l’allora trentanovenne Hans Kelsen.

Kelsen era il caposcuola delle «Dottrina pura del diritto» («Reine Rechtslehre») e a Vienna aveva sostenuto che il diritto dovesse essere depurato da ogni elemento ideologico e morale per ridursi a un «pura» forma. Per Kelsen la scienza giuridica doveva mantenersi neutrale rispetto ai valori e il diritto costituzionale limitarsi a stabilire, per così dire, le “regole del gioco”, senza però determinarne i contenuti. A differenza della posteriore Costituzione italiana del 1948 o di quella tedesca (la «Grundgesetz» del 1949) la Costituzione federale austriaca non contemplava una «Werteordnung», un ordinamento valoriale. La sua lettera non prevede un catalogo di «principi fondamentali» né di dichiarazioni programmatiche. Dal suo primo articolo si possono ricavare il principio democratico e quello «repubblicano» e, per deduzione, il principio liberale dello Stato di diritto e di legalità, con tutti i loro corollari, come ad esempio la divisione dei poteri. Il suo secondo articolo proclama il principio federalista. Non altro. Questi “principi” non erano però pensati come astratte dichiarazioni di intenti, ma come norme che dovevano trovare concreta specificazione nel testo della Costituzione (scritta) a seguire. Anche un catalogo dei diritti fondamentali non trovava spazio nel testo del 1920, se non per via di un rinvio (contenuto nell’art. 149) alla «Staatsgrundgesetz» del 1867, che contemplava un catalogo, successivamente ampliato, dei diritti fondamentali dei cittadini. Il riconoscimento dei diritti fondamentali fu poi rafforzato da una progressiva fiducia nel diritto sovranazionale, dall’incorporazione della «Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali» nel diritto costituzionale austriaco e, infine, dal processo di integrazione europeo, il cui ultimo stadio è oggi rappresentato dal Trattato di Lisbona.

...urge ricordare che un ordinamento democratico non può mai prescindere da alcuni presupposti, come la dignità dell’uomo («Menschenwürde») e i suoi inalienabili diritti

A differenza della Costituzione di Weimar, la Costituzione austriaca sopravvisse alla seconda guerra mondiale e, fatte salve alcune importanti modifiche, continua a vigere ai nostri tempi. A cento anni dalla sua promulgazione i più autorevoli giuristi austriaci e tedeschi si interrogano se essa abbia davvero mantenuto quella neutralità valoriale che i suoi ideatori intendevano imprimerle o se, invece, sotto la sua parvenza formale e sotto la “lettera della legge” essa non contenga una scrittura più radicale. Ci si interroga se una Costituzione come «Spielregelverfassung» non contenga pure impliciti principi fondamentali e «leitende Prinzipien» sottratti alla disponibilità del potere politico e quindi inabdicabili, rafforzati dalle grandi trasformazioni del diritto sovranazionale. Molte voci pensano sia così (penso, per esempio, al giurista Ludwig Adamovich, che già da tempo aveva prospettato questa evoluzione in contrasto con la dominante dottrina formalista, e penso alla più avanzata riflessione giuridico-filosofica).

A fronte dei pericolosi moti populisti, che in Austria (come in Italia, come altrove) hanno scorrazzato al grido «restituite la sovranità al popolo!» e invocando l’articolo 1 della Costituzione federale come si imbraccia un’arma mediatica, urge ricordare che un ordinamento democratico non può mai prescindere da alcuni presupposti, come la dignità dell’uomo («Menschenwürde») e i suoi inalienabili diritti. Soprattutto mentre i moti populisti si sforzano di proporre un’idea di democrazia fatta solo di numeri e del tutto scissa dai (se non addirittura ostile ai) diritti dell’uomo, la centenaria «Bundes-Verfassungsgesetz» andrebbe forse letta sotto questa luce interpretativa, riconoscendone così i suoi valori e principi non scritti ma presupposti, pre-costituzionali, radicati sotto la veste formale, nella sua storia. Oggi più che mai essi sono necessari per saldare stretti democrazia e diritto, giacché la prima senza il secondo altro non è che una parola vuota o una favola vana.
Questo è forse il più sincero augurio che si può rivolgere alla Costituzione federale austriaca per il suo centesimo compleanno!