Gesellschaft | Piano vaccinale

Il momento della responsabilità

Dobbiamo arrangiarci, il mondo è cambiato e serve costruire qualcosa di nuovo.
Hinweis: Dieser Artikel ist ein Beitrag der Community und spiegelt nicht notwendigerweise die Meinung der SALTO-Redaktion wider.

La maggior parte di chi oggi vuole dire la sua sul vaccino non sa neanche spiegare la differenza tra DNA e RNA, o non saprebbe spiegare cosa sono una cellula, il genoma, le proteine, come è strutturato un virus e come funziona un vaccino. Ma è invece evidente che tutti sanno riconoscere un vaccino che non serve a nulla o che addirittura è nocivo per la salute. A leggere e ascoltare certi commenti mi viene da pensare che se veramente Bill Gates cominciasse a pilotare le nostre vite attraverso il vaccino, farebbe di certo meno danni di chi dice no al vaccino ma che «sotto la mascherina si respira aria sporca». Chi sa tutto di come si sviluppa un vaccino e a cosa serve, ma questo qui non lo vuole fare perché è stato sviluppato «troppo in fretta». Chi dice che «il vaccino fa male» ma la quantità di plastica che ingerisce ogni anno acquistando cibo scadente e acqua in bottiglia invece no. Chi dice che «la salute e il benessere prima di tutto» e poi favorisce lo sfruttamento lavorativo comprando su Amazon, si fa arrivare la pizza vegana a casa facendo pedalare sulla neve un rider sottopagato, compra cellulari e automobili con le batterie frutto del sangue e del lavoro di bambini del Congo. Chi afferma: «è tutta colpa del 5G», ma lontano dal telefono e dalle reti sociali per due giorni di seguito non ci sa stare.

Ma fermiamoci un attimo, non è il momento di creare scontri ed equivoci. È il momento di “sentire” e ascoltarci. Nel mondo di oggi è vero che siamo tutti più o meno corretti rispetto a quello che sosteniamo. Scopro ogni giorno anche su di me questa incapacità a essere del tutto coerente con i miei principi. E, nonostante le provocazioni che ho scritto, mi rifiuto di credere che a temere il vaccino oggi siano solo negazionisti e no-vax. Ci deve essere una diffidenza, un timore più profondo e, quindi, giustificato. Da dove nasce? Forse da un senso di sfiducia cresciuto nel corso degli anni verso le istituzioni, le grandi aziende, il sistema globale. E cosa è più giusto e utile che l’uomo faccia per superarla?

Centinaia di anni di studi in medicina hanno permesso oggi di usare tecnologie che fino a qualche anno fa non c’erano. La ricerca ha prodotto vaccini ad alta tecnologia ma anche dei modelli predittivi sui rischi potenziali. Alcuni dei vaccini sono "a RNA" e verranno usati per la prima volta: il loro compito è penetrare nella cellula e produrre delle proteine dette “spike”, che sono quelle che il virus utilizza per attaccarsi alle cellule e che, non infettanti, hanno la capacità di far produrre molti anticorpi. Ma per raggiungere l’immunità di popolazione in Italia tra i 65 e il 75% dei cittadini deve vaccinarsi.

Io mi vaccinerò? Certo. Sono tranquillo a farmi il vaccino? No, l’idea di vaccinarmi, come l’idea di prendere un medicinale e curare una malattia che non conosco, non mi rende tranquillo. Non sono un medico, non sono un ricercatore, ma da cittadino mi sono informato e ho valutato. Non ci sono alternative: senza vaccino l’epidemia è fuori controllo. Quindi mi vaccinerò. Lo farò per la mia salute e per la salute degli altri: delle persone con patologie, degli anziani, di chi non potrà o non dovrà vaccinarsi.

Se la comunità scientifica difende il vaccino dopo averlo analizzato, diventa mio dovere morale, di essere umano e cittadino, ascoltarla e prenderne atto. Perché? Perché io mi fido dei miei coetanei, delle donne e degli uomini che da anni si fanno il culo per studiare le malattie che ci circondano e le loro cure. Vi dirò di più. Dovessi morire per colpa del vaccino, cosa improbabile perché c’è un serio sistema di sorveglianza alla base della sua creazione e della sua diffusione, sarà comunque stato mio dovere di cittadino prenderlo. Non credo nell'anarchia, siamo una comunità e una comunità comporta delle responsabilità. Il vaccino è la risposta per diminuire il tasso di mortalità di un virus che si è portato via già due milioni di persone. Chi ha perso un familiare, un amico, un collega o un conoscente sa bene cosa significa. Non è uno scherzo il rischio che vivono i nostri genitori, le nostre nonne e i nostri nonni.

Da quando sono nato sento parlare di un mondo in trasformazione. Di un mondo che ogni anno cambia e con sempre più punti di crisi. L’emergere di movimenti sparsi per tutto il globo che chiedono un rinnovamento delle istituzioni e del modo di vivere, mi hanno sempre fatto credere che quando avrei compiuto trent’anni tutto sarebbe cambiato. Oggi ne ho venticinque e quello che sento riproporsi sono le stesse pretese di cambiamento: un cambiamento inutile, immediato, in cui gli unici a dover cambiare idea sono gli altri e mai noi stessi; un cambiamento sempre in polemica con le istituzioni e con la società.

L’unico cambiamento che è invece avvenuto davvero, ed è culminato in questo ultimo anno, è stato lo svanire del nostro senso di sicurezza: la minaccia di nuove guerre, la perdita di lavoro, la bassa natalità, ora un virus che minaccia la popolazione. Come se quello che stiamo vivendo fosse un tornare indietro ad atmosfere che, chi è della mia generazione, ha vissuto solo nei libri di scuola. E ora, siamo arrivati a uno dei punti cruciali: la nostra idea di libertà di scelta e di pensiero è stata minacciata. E insieme a lei la sicurezza di cosa è vero e cosa è falso, di cosa è giusto e di cosa è sbagliato. Perché oggi al tema della libertà se ne è affiancato uno nuovo e fondamentale: la responsabilità. Responsabilità nei nostri confronti e responsabilità nei confronti degli altri.

Occorrono impegno e volontà per proseguire questo cammino: sono due capacità individuali, cioè dobbiamo arrangiarci, il mondo è cambiato sul serio adesso e già da ora abbiamo il compito di costruire qualcosa di nuovo. Un cammino individuale e lento, chissà se la nostra generazione ne vedrà la fine. Un cammino che richiede pazienza, coraggio e sempre e comunque entusiasmo. Stiamo vivendo tutti la stessa epoca. Abbiamo tutti le stesse responsabilità e le stesse scelte da prendere, stavolta non solo in funzione di noi stessi ma anche in funzione degli altri.

Voi informatevi bene e decidete. La vita è vostra, ma in gioco è anche quella degli altri. La vostra lotta dovuta alla sfiducia nelle istituzioni, contro le grandi aziende, contro il mondo globalizzato non è la lotta contro il vaccino. «Io sono stufa di fare i turni di notte e controllare se i pazienti respirano» mi ha confessato un'amica infermiera. È il momento di assumersi delle responsabilità serie. Non riguarda solo casa nostra, ma la vita di tutti. La mia pelle, ve lo garantisco, non vale né più né meno di quella del mio vicino di casa. Né di Bill Gates.