Politik | Ripartire sul nuovo

Scusa

Pensavamo di sapere tutto: sul Covid, sull'economia, sulla politica "giusta", sulla storia. Per andare avanti dobbiamo riconoscere anche le ragioni degli "altri".
Hinweis: Dieser Artikel ist ein Beitrag der Community und spiegelt nicht notwendigerweise die Meinung der SALTO-Redaktion wider.

Scusa è una delle parole più difficili da pronunciare. Lo sappiamo anche dalla nostra vita privata. Tanto più in quella pubblica dove prevale la ragion di Stato, l’orgoglio nazionale o etnico, l’onore da salvare. Gli errori fatti, le offese provocate, volentieri si rimuovono e si dimenticano. Ma le cose cominciano a cambiare e speriamo si continui così, sapendo di dover mettere in conto l’impopolarità che i gesti di scusa provocano tra le “prorie fila”. Nella mia memoria rimane impresso il gesto spontaneo, la genuflessione, di Willy Brandt nel 1970 a Varsavia, davanti al monumento a ricordo delle vittime del ghetto ebraico. Lui, che il nazismo l’aveva subito, chiedeva scusa per gli orrori del nazismo. Altrettanto starordinaria fu la decisione di Nelson Mandela che, alla fine dell’Apartheid in Sudafrica, anzichè animare lo spirito di vendetta verso i bianchi per i soprusi subiti dai neri, istituì il Tribunale per la verità e la riconciliazione, che pretendeva dagli imputati il riconoscimento della propria colpa , una “scusa pubblica” per poi concedere loro l’amnistia. Papa Francesco ha saputo affrontare il terribile tema degli abusi sessuali sui minori nella Chiesa, chiedendo innanzitutto scusa. pubblicamente.
Begli esempi (ancora rari), ma seguiti in questi giorni dalla straordinaria iniziativa dei presidenti della repubblica italiano e sloveno che hanno visitato e commemorato insieme due luoghi-simbolo della reciproca violenza nazionalistica: la foiba di Basovizza e la casa della cultura slovena di Trieste.
Dove le scuse non si usano ancora è nella politica. Eppure è proprio lì che ce ne sarebbe più bisogno. Riconoscimento dei propri errori politici, dell’aver lanciato false accuse ed offese gratuite agli avversari, del riconoscere che “anche gli altri a volte hanno ragione”. L’eterno e sterile gioco del dare la colpa sempre e solo all’altra parte, siano essi partiti od istituzioni. La tendenza a non entrare nel merito delle proposte, ma giudicarle solo dal nome del mittente. Con questi atteggiamenti si rischia di continuare a replicare la propria parte e vivacchiare nella politica alimentando semmai solo una sempre più ristretta tifoseria. Niente a che fare con la sfida straordinaria che la nostra società deve affrontare.
Forse la semplice parola “scusa” potrebbe aprire orizzonti nuovi e liberare grandi potenzialità. Senza pensare che debbano essere gli altri a cominciare, senza illudersi che la migliore medicina sia il tempo, perchè come si sa la memoria di chi ha subito i torti è lunga e quella di che li ha inflitti invece è piuttosto corta. Una parola difficile da pronunciare , ma che consente di ripartire da capo e su basi nuove.
Pensando alle prossime generazioni e non solo alle prossime elezioni.
(www.albertostenico.it)