Kultur | LETTERATURA

ANAMORFOSI MENTALE

Ricordando Kafka
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Kafka
Foto: Valentina Stecchi

I ragazzi di COOLtour rileggono i grandi autori della letteratura attraverso una rielaborazione attualizzante fatta di immagini e parole.

ANAMORFOSI MENTALE*

Con le basi in tasca, provo a ritmare la giornata. Mi si è presentata una creatura al primo turno sull’asse terrestre. Guance che diventano ali, occhi di fango magnetico, quando e se sorrideva pareva di vedere Tarzan passare da un albero all’altro aggrappato alle liane: così piacevole  e delicata risultava l’apparizione di questo esserino.

Quando lo vedemmo per la prima volta, se ne stava a nuotare senz’acqua, con la propria musica lungo le vie, fermo dove l’importanza diventava tangibile. E passava di mano in mano, convinto di seguire i rami della sua breve permanenza sul globo. Mi sembrava di poterlo collocare su un mappamondo tapirulan, a correre in direzione opposta al sole, non ancora pronto ad accettarne i raggi. Questa creatura ha portato l’equilibrio nella mia recente città.

Chiedeva silenziosamente ospitalità alle foto degli sconosciuti, che a tratti da lui attratti, appoggiavano in pieno il suo non essersi ancora disilluso.  Infine, con gli occhi rimboccati dalle palpebre coperte, aggiungeva riposo alla sua lista giornaliera.

La notte in cui lo trovammo era un piccolo merlo gentilmente cedutoci (momentaneamente abbandonato in quanto non ancora pronto a spiccare il suo volo) dalla mamma giusto il tempo di renderci vivi per una notte.

Lo vedemmo al parco dietro il ponte, nostalgico di braccia umane divenuti rami da lui commossi. Quasi un bimbo che cerca il biberon agli angoli delle coperte o nelle dita vive degli altri che post-esplosione sembrano placarsi: fummo per lui un transfert e lui per noi un gradino riposto nel vuoto di prima.

Ci sembrava un umano trasformato in uccello, così vicino a noi lo sentivamo. Andammo per ore alla ricerca della madre naturale, quasi a cercare altro, fischiettando al vento, con in mano lanterne, bevande, linee della vita che s’intersecavano e negli occhi uno stupore recente: un atto d’infanzia mancato.

Il merletto non mostrava tentativi di voler cambiare giro di giostra, quindi quasi come per calcolo di probabilità toccava a noi prendercene cura o lì farlo sostare. Chi in casa altre trasformazioni (gatti) aveva, preferì non addentrarsi nell’impresa. E allora, in mutazione pure io, feci accomodare l’esserino sul manubrio della mia bicicletta. Lievemente, per non voler essere motivo di volo, a non urtare la sensibilità educativa familiare, me ne andai verso casa. Il tempo raddoppiato in quella corsa lenta mi sembrava guadagnato in sostanze emotive.

Accolto da voci sconosciute, subito dichiarato re della poltrona d’autore, passò la notte in studentato. Una notte di sonno materno e attese all’orizzonte, notte prima degli esami più maturi, di qualsiasi altro tentativo di approccio alla vita.

E come dal nulla, convinto più che mai che la pratica diventi solo abitudine migliorata costantemente e che la grazia divina derivi dall’imparare osservando e stando in pace col cosmo, spiccò il volo dal nostro nido a quello che sarebbe diventato il mondo intero con tutte le sue creature in trasformazione. 

*è un effetto di illusione ottica per cui una immagine viene proiettata sul piano in modo distorto, rendendo il soggetto originale riconoscibile solamente guardando l'immagine da una posizione precisa

Racconto di Joana Preza ed illustrazione di Valentina Stecchi