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Foto: Paolo Ghezzi
Politik | trentexpress

Tra futuro radioso e incubo sotterraneo

Il bypass di Trento (10 km da scavare in 4 anni, un miliardo di costo) collegato al tunnel del Brennero ha mobilitato un’opposizione sociale come non si vedeva da tempo

Agganciato alle magnifiche sorti e progressive dell’Eurotunnel BBT in perenne rinvio da vent’anni, nella lunga stagione del Covid il dibattito sul futuro ferroviario di Trento è cresciuto ampio, forte, polemico. Ha già portato a un plateale, incivile, sputo in faccia al sindaco in occasione di una lezione all’Università.

 Lo si chiami, cardiologicamente, “bypass”, lo si bolli per “tav” o lo si chiami per nome e cognome – “circonvallazione ferroviaria” – l’opera epocale che passerà per quasi 10 km nella pancia di Trento (dal sud di Mattarello al centro-nord del rione di San Martino – via Brennero) ha toccato il cuore e i nervi della politica istituzionale e dei movimenti. Opera epocale che dovrebbe essere fatta in soli 4 anni (entro metà 2026) per poi integrarsi con il metrò di superficie Nordus (2025-2029) e con l’interramento della linea ferroviaria storica (2026-2029).

Opera epocale ma necessaria, secondo gli esperti di trasporti che negli ultimi vent’anni ci hanno spiegato che il nuovo tunnel ferroviario del Brennero non ha senso senza le relative tratte d’accesso. Opera di cui è pienamente convinta la giunta provinciale a trazione leghista (che peraltro continua a chiedere a gran voce la nuova autostrada della Valdastico), opera di cui è convinta l’amministrazione comunale di centro-sinistra dove c’è un uomo che da una vita ha le mani in pasta ferroviaria: Ezio Facchin, classe di ferro 1947, ex amministratore di Bbt Se, ex uomo di Ferrovie dello Stato e già presidente di Trentino Trasporti, assessore tecnico chiamato da Ianeselli a gestire il grande progetto, il grande affare.

Opera soggetta a un percorso partecipativo ben definito, troppo stretto e rigido per gli oppositori (anche per qualche blackout tecnico che ha “oscurato” la consultazione dei documenti), ma percorso preso a caso di scuola dai teorici delle decisioni partecipate. Tanto che il famoso sputo al sindaco è arrivato proprio nel contesto di una lezione del dipartimento di Sociologia dell’Università, diretto da Giuseppe Sciortino, per approfondire un tema che viene trattato nel corso «Processi partecipativi di governance».

Le porte chiuse e l' intervento senza «contraddittorio» hanno dato il via alle proteste, il 6 aprile scorso, con un «contro-quaresimale» in strada del collettivo universitario Refresh (vicino ai circoli anarchici e ai sindacati di base anti Cgil-Cisl-Uil). A commento dello sputo, il professor Sciortino ha detto al “Corriere del Trentino”: «C' è una strana idea in un segmento dell' estrema sinistra trentina: pensano che Sociologia sia cosa loro, un atteggiamento a dir poco reazionario. non è più quella del Sessantotto». Edoardo Giudici, presidente del Consiglio degli studenti dell' Ateneo trentino, si è dissociato dal gesto offensivo della ragazza che non aveva partecipato alla lezione e ha difeso la presenza del sindaco, ricordando che “il tema della lezione non era fare propaganda a favore delle grandi opere, ma solo raccontare il processo partecipativo”.

Ma perché è così virulenta la polemica sulla circonvallazione ferroviaria? Perché è il grande progetto, anzi il Metaprogetto dagli echi zuckeberghiani, su cui l’amministrazione di Trento si gioca la faccia e la città si gioca il futuro.

Ma perché è così virulenta la polemica sulla circonvallazione ferroviaria? Perché è il grande progetto, anzi il Metaprogetto dagli echi zuckeberghiani, su cui l’amministrazione di Trento si gioca la faccia e la città si gioca il futuro. Perché il progetto prevede un lungo cantiere sotterraneo, vari espropri e undici edifici da abbattere, problemi di tipo ambientale (le aree inquinate dell’ex zona industriale di Trento Nord) e un’idea di progresso nel sistema dei trasporti su cui non tutti sono d’accordo, nonostante si tratti comunque di spostare traffico pesante dalla strada alla ferrovia, dalla gomma alla rotaia.

Vediamo – al di là delle ormai mille prese di posizione politiche (c’è anche il presidente pidino della circoscrizione Centro storico-Piedicastello Claudio Geat che rema contro il suo partito chiedendo più trasparenza e partecipazione) – come l’amministrazione comunale di Trento presenta il progetto nell’inserto speciale di “Trento informa” uscito a marzo. Il titolo è “Trento connessa all’Europa”, le ragioni dell’opera (progetto di Rete ferroviaria italiana, 10,5 km in galleria, 500 metri in galleria artificiale, 2 km in “trincea”, quattro anni di lavori tra il 2023 e il 2026) sono così sintetizzate: “La circonvallazione serve a far passare i treni merci che, con l’apertura del tunnel del Brennero prevista per il 2032, saranno più numerosi e lunghi perché gran parte delle merci che oggi transitano sull’autostrada viaggeranno su rotaia. I treni non passeranno più nei quartieri decisamente abitati di Madonna Bianca, Clarina, San Pio X, San Giuseppe, centro storico e Cristo Re”.

960 milioni il costo (stima iniziale, da ritoccare fin sopra il miliardo), di cui 930 finanziati dal Pnrr. 12mila posti di lavoro all’anno e un milione di valore aggiunto generato ogni milione investito in progettazione e realizzazione, la stima dei benefici (a parte quelli derivanti dalle minori emissioni nell’aria).

I NoTavTrento, analizzato il Ptfe (Progetto di fattibilità tecnico economica) temono un “disastro ambientale” e replicano con le sei principali ragioni di opposizione riportate dal volantino distribuito alla manifestazione del 2 aprile (circa cinquecento persone in piazza, visto anche un cartello bilingue: “No Tav Kein Bbt”):

  1. A parte il tunnel di base del Brennero slittato al 2032 e il lotto di Trento, nessuna altra tratta risulta progettata e dunque la circonvallazione di Trento rischia di restare una cattedrale nel deserto. Il trasferimento da gomma a rotaia può essere già affrontato con la linea esistente, con una adeguata politica dei pedaggi sull’A22. Inoltre, il “metaprogetto” trentino prevede l’integrazione della circonvallazione con la prospettata metropolitana di superficie Nordus ma “neanche un euro di finanziamento è previsto per le opere collegate”.
  2. Il bilancio energetico è in rosso se è vero che la Bbt Se prevede di ammortizzare in vent’anni la CO2 necessaria in fase di costruzione (oltre 3 milioni di tonnellate). Se il tunnel del Brennero entrasse davvero in funzione tra dieci anni, per il pareggio energetico si sforerebbe il termine del 2050, anno limite che l’Ue si è data per le emissioni zero.
  3. Il finanziamento Pnrr (930 milioni) è vincolato alla fruibilità dell’opera entro il luglio 2026. Secondo i NoTavTrento, non è credibile che un’opera la cui realizzazione era prevista in 10 anni si possa realizzare in soli 4. E dunque è alto il rischio di dover restituire il finanziamento europeo.
  4. L’inquinamento acustico, da traffico e polveri sarà molto impattante: due doppie frese di 150 metri l’una lavoreranno 7 giorni su 7 h 24: “un immane e inedito complesso di lavori e cantierizzazioni, mai sperimentato prima, in una zona fortemente urbanizzata”.
  5. Il progetto indica 222 fonti d’acqua sul tracciato, ma tutte – salvo sette non specificate – “a basso rischio”. I NoTavTrento non si fidano dei dati geologici provinciali non aggiornati e temono anche per la tenuta del monte Marzola, uno dei “colli” a est di Trento.
  6. Le aree ex industriali, fortemente inquinate, delle fabbriche dismesse Carbochimica e Sloi (da cui già uscì una nube velenoso di soda caustica nel 1978), sito inquinato di interesse nazionale, nell’area in cui sbucherà la fine della circonvallazione interrata, sono delle potenziali bombe tossiche, a partire dal pericoloso piombo tetraetile. Non solo: Comune e Provincia sarebbero intenzionati – secondo gli oppositori del progetto – a cedere l’area al braccio immobiliare di Rfi con la contropartita di nuovi volumi edilizi per 300mila metri cubi e un valore di mezzo miliardo di euro.

A parte l’appello alla mobilitazione contro “affaristi e politici senza scrupoli”, che è un po’ caricaturale, i dubbi sollevati sembrano in parte legittimi. Il 31 gennaio è stata avviata la Via (Valutazione di impatto ambientale) e la relativa delibera della giunta comunale subordina il proprio parere positivo a una serie di garanzie sull’impatto ecologico dei lavori, sul monitoraggio delle aree inquinate di Trento nord, sulle misure di mitigazione ambientale all’imbocco sud (Acquaviva di Mattarello).

Le richieste di integrazione progettuale avanzate da diversi gruppi critici (così come le ipotesi di tracciato alternativo) sono state ignorate da Italferr e dunque, secondo il presidente della Circoscrizione di Trento centro Geat, restano sul tavolo quasi tutte le criticità esposte dalla Rete dei cittadini, ma anche dall’Agenzia ambientale Appa e dalla commissione tecnica Pnrr – Pniec (Piano nazionale integrato per l'energia e il clima). Non convincenti sono state considerate le risposte sulle vibrazioni, sui tempi e sui costi reali dell’opera, e soprattutto sulla gestione del cantiere sui terreni inquinati di Trento nord: le acque inquinate non potranno essere scaricate né nella rete comunale delle acque nere né nelle fosse limitrofe, e quindi dovranno essere portate altrove con costi di trasporto e smaltimento molto elevati.

E resta la preoccupazione per l’assetto geologico della collina di Trento: nel primo tratto di galleria – osserva la Rete dei cittadini – le fondazioni degli edifici soprastanti si troveranno appena 30 centimetri sopra la volta della galleria. Il che, ammettiamolo, per chi ci abita non è troppo rassicurante.

Dal canto suo, nel primo quaderno monografico di TrentoLab dedicato alla città e alla ferrovia, il sindaco enuncia una visione di ampio respiro continentale: “Trento è il nodo di un corridoio europeo che parte dalla Scandinavia per arrivare fino al Mediterraneo… Da questo incrocio di passato e futuro, di locale e globale, nascono le “visioni”, i progetti, la prefigurazione della Trento che verrà: con una circonvallazione ferroviaria che allontana i treni dal centro, i binari della linea storica che vengono interrati, la stazione che diventa ipogea, le connessioni veloci tra i quartieri (tram, NorduS), le aree che si liberano per ospitare nuove funzioni, il parco lineare sull’esempio dell’High Line di New York”.

Il progresso ha sempre generato danni collaterali. Ma la nuova ferrovia della Trento futura è in bilico, tra il ruolo di simbolo eccellente della mobilità intelligente e l’incubo di una talpa mostruosa che mangia le viscere della città

Da Gardolo a New York… si pensa in grande… in alto. Nelle strade “basse” del rione di San Martino, perfino sulla chiesa parrocchiale, intanto, sono comparsi gli striscioni di chi vede il Metaprogetto dalla metà più bassa del mondo. Quella degli scavi sottoterra, delle case da buttar giù: “Le nostre case non sono in vendita. Sono la nostra vita”.

Il progresso ha sempre generato danni collaterali. Ma la nuova ferrovia della Trento futura è in bilico, tra il ruolo di simbolo eccellente della mobilità intelligente e l’incubo di una talpa mostruosa che mangia le viscere della città. Probabile che la verità stia nel mezzo e che la circonvallazione sia davvero un’opportunità storica: a patto di fugare le incognite e le mancate garanzie che ancora oggi gravano sul progetto.

Resta perfetta, anche in questo 2022 di missili in Europa e progetti eurotrentini, la citazione di Bob Dylan 1965 (“Highway 61 Revisited”): “It takes a lot to laugh, it takes a train to cry”. Ci vuole molto, per ridere. E in fondo basta un treno per piangere…

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Massimo Mollica Mi., 20.04.2022 - 21:23

È da queste proteste, dalla guerra in Ucraina, dai discorsi dei novax che capisci come siamo in pieno nuovo medio evo. Una paura del progresso, del cambiamento in generale, dell' imposizione a formule economiche improponibili. E penso a quei giovani che hanno dato la vita perché si arrivasse a questo punto. Non si meritano i vaccini, le cure contro i tumori, lo stato sociale, il benessere raggiunto e la possibilità di viaggiare per il mondo. Non si meritano nulla.

Mi., 20.04.2022 - 21:23 Permalink
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Claudio Campedelli Do., 21.04.2022 - 12:00

Manca un aspetto fondamentale nella valutazione della necessità o meno dell'opera.
Già nel 2016 avevamo segnalato che il traffico di autocarri su strada deviato al Brennero è di circa il 50%. Questo vuol dire che ogni anno con le sovvenzioni dannose alla salute e al clima concesse dallo stato italiano si hanno emissioni clima alteranti e dannose alla salute quantificabili in ca. 60 milioni km autocarro per anno. Per nulla, da anni.
Trasferire questo traffico deviato, che raggira essenzialmente la Svizzera, sulla ferrovia del Brennero è un idea bizzarra. Non avendo convenienza economica e temporale tali trasporti si trasferirebbero sul sistema delle ferrovie Svizzere che con il NEAT offrono già oggi ampie capacità di trasporto.
La mancanza di questa valutazione fa si che l'analisi costi benefici e l'analisi energetica della nuova ferrovia del Brennero non corrisponda alla realtà.

Do., 21.04.2022 - 12:00 Permalink
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giorgio santoriello Do., 21.04.2022 - 16:11

Antwort auf von Claudio Campedelli

giusto, purtroppo le valutazioni ambientali sono ormai solo proiezioni lobbistiche o elettorali purtroppo l'ambito ambientale è la prima vittima illustre del conflitto di interessi ove il proponente privato crea il bisogno e la soluzione, al pubblico resta la gratifica e guai se arriva una protesta sociale nelle democrature la burocrazia è dogma

Do., 21.04.2022 - 16:11 Permalink