Politik | Doppia cittadinanza

Doppia cittadinanza, che idea balzana

Il tema della doppia cittadinanza pare concretizzarsi ma si sono fatti i conti con la normativa di protezione dei dati personali? Alla faccia poi dello "spirito europeo".
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Foto: Michele De Luca

I continui, costanti colpi di acceleratore sul tema di stampo squisitamente e smaccatamente elettoralistico come la doppia cittadinanza paiono portare ad una proposta nel prossimo settembre. Rimangono sul tappeto le modalità di concessione, al di là del fatto che la questione spaccherà la popolazione fra i “privilegiati” che potranno godere del passaporto d’Oltrebrennero e i “paria” che ne saranno esclusi.

Facile affermare che ne saranno beneficiari gli altoatesini-sudtirolesi di lingua tedesca e ladina, ma quale documento concretamente verrà richiesto? Un'auto-dichiarazione oppure si ricorrerà al "certificato di appartenenza o aggregazione a gruppo linguistico”? Eh sì, perché la cosa non pare mica semplice nel secondo caso.

Guardiamo cosa dice un certificato di appartenenza/aggregazione:

… si certifica ai sensi dell’art. 20 ter D.P.R. 26 luglio 1976, n. 752…

Cioè sono le Norme di attuazione dello Statuto speciale della regione Trentino - Alto Adige in materia di proporzionale negli uffici statali siti nella provincia di Bolzano e di conoscenza delle due lingue nel pubblico impiego”.

E come la mettiamo con chi non si è dichiarato appartenente ad un determinato gruppo, ma solo “aggregato”? L’aggregazione è solo una fattispecie tecnica, non una dichiarazione di appartenenza. Ci hanno pensato a Vienna? L’art. 18, comma 1 del D.P.R. 752/1976 è chiaro in merito: “Coloro che ritengono di non appartenere ad alcuno dei predetti gruppi lo dichiarano e rendono soltanto dichiarazione anonima di aggregazione ad uno di essi.”

Quindi la dichiarazione etnica viene fatta e la certificazione rilasciata solo per gli scopi della normativa italiana in vigore. Fra l’altro molti “nuovi/e cittadini/e” di default, ma perché ne hanno capito i vantaggi, scelgono il gruppo linguistico tedesco. Quindi è capibile che, se ciò dovesse passare, il certificato di appartenenza rappresenta lo strumento meno adatto per la concessione della cittadinanza biancorossa.

Quindi oggi possono gli uffici rilasciare una dichiarazione a fini della richiesta della cittadinanza? Parrebbe scontata la risposta negativa perché la raccolta di dati sensibili (oggi definiti dal DGPR “particolari”), come lo è l’appartenenza etnica, è finalizzata solo per quella norma.

A cosa andrebbe poi incontro un/una cittadino/a italiano/a che utilizzasse tale certificato per ottenere la cittadinanza biancorossa? Salvo che a livello legislativo italiano non ci si inventi qualche norma transitoria, che consenta di utilizzare i dati delle dichiarazioni etniche anche per la concessione della cittadinanza biancorossa.

Insomma, la questione diventerà, come sempre, il solito motivo per lamentarsi con Roma perfettamente in tempo per le prossime elezioni provinciali (curiosa coincidenza, eh...), che per non pochi idealmente è schierata con un esercito di invasione alle porte di Salorno. Non è una battuta, è il sentimento che ho palesemente riscontrato in non pochi al Forum dei 100.

Appare quindi certo che se in Austria si dovesse approvare una norma che facesse riferimento alle norme italiane di dichiarazione etnica, potrebbero crearsi dei “cortocircuiti” giuridici, oltre a quelli politici, di non poco conto, a partire dal Garante italiano per la protezione dei dati personali e per finire sui tavoli di Bruxelles, che non ha mai visto bene l’abnorme raccolta in massa delle dichiarazioni etniche rispetto allo scopo concreto e che potrebbe quindi causare qualche guaio giuridico collaterale piuttosto serio.

Insomma, da una norma schiettamente populistica e irrazionale, potrebbero sorgere delle questioni giuridiche di non poco conto.

A leggere cosa prevede l’articolo 20 del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea (ex articolo 17 del TCE) si fa presto a capire quanto sia balzana l’iniziativa populistica viennese:

1. È istituita una cittadinanza dell'Unione. È cittadino dell'Unione chiunque abbia la cittadinanza di uno Stato membro. La cittadinanza dell'Unione si aggiunge alla cittadinanza nazionale e non la sostituisce.

Quindi oggi siamo tutti cittadini europei. I futuri neocittadini altoatesin-sudtirolesi austriaci saranno quindi “doppi cittadini europei”, a dir poco demenziale. Come poi questo possa agevolare la “convivenza” fra i gruppi, qualcuno me lo dovrebbe proprio spiegare. Al Forum dei 100 le idee erano molto assortite, confuse e zeppe di pregiudizi, per gran parte smontati dagli esperti intervenuti ma molti hanno fatto finta di non sentire.

Si abbia però la cortesia di non affermare in modo superficiale che ciò viene fatto “nello spirito europeo”. Una vera e propria bestemmia perché se così fosse, semplicemente non si farebbe un bel… nulla. Una cosa appare certa: a Bruxelles non la prenderanno proprio bene.

Un’altra cosa è certa: se il costrutto giuridico in merito alla doppia cittadinanza sarà, come pare, debole, prevedo un gran lavoro per studi legali e per le sedi giurisdizionali. Il tutto per rincorrere dietro ad idee populistiche, a dir poco, d’accatto.

Da sempre convinto sostenitore di un'Europa unita, anche se non del tutto acritico verso la UE, tale vicenda è davvero irrazionale mentre si dovrebbe invece puntare al superamento delle cittadinanze nazionali. In un'epoca "sovranista" (altra insensatezza di questi tempi) mi rendo conto che vuol dire porsi davvero controcorrente ma "I don't care".