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Politik | Elezioni provinciali

Giunta, scenari da scongiurare

Una vera classe dirigente non sceglie gli alleati sulla base dei numeri ma di valori condivisi.

Non che fosse scritto esattamente negli astri, ma persino il più pasticcione dei cartomanti poteva indovinare questo risultato che di sorprendente ha poco o nulla. Sulle cause e concause che hanno condotto all’esito elettorale di domenica scorsa, si potrebbero scrivere fiumi di inchiostro e intavolare tante accese discussioni da osteria. La realtà resta quella che è. E nell’ora presente occorre tenere lo sguardo affisso su ciò che è reale, rinunciando per il momento ad individuare analiticamente le cause, le responsabilità e le varie congiunture che hanno portato a questo disastro.

La Südtiroler Volkspartei ha appena superato il 40% delle preferenze. Ha perso voti, ma poteva andare peggio. Il male populista che ha infettato l’Italia e mezza Europa non ha risparmiato la nostra isola felice: la Lega non dilaga, ma racimola quanto basta per confermare il trend nazionale. Köllensperger ottiene un significativo successo personale. I partiti tradizionali escono tutti malconci dalla tornata elettorale. Alcuni più di altri. La estrema destra tedesca e la restante italiana, invece, non fanno male a nessuno.

All’indomani di quello che rischia di essere il 4 marzo della provincia di Bolzano, ripeto ciò che più volte ho scritto in altre occasioni: la forza dei numeri - il consenso strappato all’elettorato – non ha il potere di convertire il bianco in nero. Non ha il potere di trasformare un’idea banale in un pensiero intelligente. Né quello di insufflare lo spirito dei lumi in una zucca vuota. In altri termini, il successo elettorale, di per sé, non significa proprio nulla. La storia delle democrazie occidentali è irta di pazzi furiosi o di lucidi pazzi che hanno ottenuto in un certo momento storico il voto degli elettori per poi precipitare la loro vita nell’incubo e nel disastro. Solo una mente stolta si fa impressionare dalla forza dei numeri. Solo una mente stolta si pasce dei punti percentuale. Una mente politica segue il detto del poeta e volge lo sguardo oltre le cifre e i conti della serva. Una mente politica non si fa impressionare, perché sa che dietro ai numeri si può nascondere il vuoto pneumatico. Il nulla. Nella scienza politica non vi è proprio niente di più triviale del principio “in democrazia la maggioranza vince”. Chi lo sostiene, dovrebbe augurarsi di non finire mai dall’altra parte, da quella della minoranza. Come diceva il compianto Giorgio Gaber, chi sostiene queste cose fa un po’ la parte del pesce più grande che si mangia quello più piccolo. E meriterebbe di finire nella vaschetta delle balene.

Ora, questo presupposto, che può suonare accademico, ha invece ripercussioni molto concrete che coinvolgono tutti noi e il futuro del nostro vivere civile insieme.

Due considerazioni sono da svolgere. Entrambe di ordine politico.

La prima: se parte della Svp sta seriamente meditando di sigillare un “contratto” con la Lega, allora può commettere un errore tremendo. Se siamo arrivati fino a questo punto, è perché le forze politiche liberali hanno voluto chiudere gli occhi davanti alla realtà. Non hanno voluto vedere l’onda lunga della crisi. Ora, abbiamo tutti ben visto cosa accade quando si siglano simili accordi. La forza più estrema traina l’esecutivo, lo assorbe, lo spinge a radicalizzarsi. In Austria i popolari dell’imberbe Sebastian Kurz sono stati fagocitati dall’estrema destra (la Fpö) con cui sono andati al governo. Nel momento stesso in cui i popolari si sono dichiarati disposti a quell’accordo, la Övp (il partito popolare austriaco) si è semplicemente dissolta. In Italia, Salvini ha trainato Di Maio e Conte fino ad oggi.

La Svp ha una lunga e grande tradizione e tra i suoi epigoni vi sono ancora alcuni capaci di distinguere tra l’interesse autonomistico e lo spirito di conquista delle istituzioni romane così come locali. Con grandi difficoltà questa parte del partito di raccolta accetterà di fare comunella con la compagine leghista, seppur provvisoriamente appollaiatosi sugli scranni romani.

Veniamo alla seconda considerazione. Qualcuno nella Svp ha detto di essere pronto a governare con chi “rappresenta” gli Italiani. Frase interpretabile in più modi, si dirà. Io dico che il grande inganno dei partiti populisti consiste nel contrabbandare il proprio effimero consenso politico per rappresentanza di un’intera comunità. La Lega rappresenta se stessa. La sua ideologia. I suoi “valori”. Nelle scelte di palazzo delle prossime ore, questo dato “politologico” (ma in realtà giuridico) deve avere un peso. Una mente politica - cioè una classe dirigente degna di questo nome – non sceglie i propri alleati sulla base dei numeri, ma di valori condivisi.  

Infine: alcuni profeti di sventura pensano che la Lega in giunta possa facilitare i rapporti con Roma. Anche questo argomento è poco lungimirante, poiché confidiamo che maggioranze e capi di maggioranza (o vice primi ministri) passano e a volte svaniscono. Le idee, invece, quelle no. Quelle superano la prova del tempo. E in esse dobbiamo riporre la nostra convinta, incrollabile speranza in queste ore di smarrimento. Per ripartire da lì.

(già in "Alto Adige" e "Trentino", prima pagina)