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Il giovane anti-divo

Samuel Girardi si racconta dopo il successo di 'Amelie rennt'. “Ora sono un neofascista nel film 'Abbi fede'. Il bilinguismo è un asso nella manica, perché chiuderci?”.
Samuel Girardi
Foto: Amelie rennt

Fisionomia riconoscibilissima, capelli rossi sbarazzini e sorriso largo, Samuel Girardi, 18enne star del film di Tobias Wiemann Amelie rennt, rifugge ogni sipario autocelebrativo: “Sono lo stesso di sempre, quello che pratica mille sport, che è sempre fuori casa come un cagnolino, che scopre nuove passioni come l’improvvisazione teatrale, che se ne sta in giro con la sua ragazza e gli amici, che gioca a briscola e a Risiko”. E nel frattempo, al suo ultimo anno di liceo classico, il giovane attore di Soprabolzano, dopo Fräulein di Caterina Carone, Radegund, il nuovo lavoro di Terrence Malick, Narziss und Goldmund del regista vincitore del premio Oscar al miglior film straniero Die Fälscher (Il falsario - Operazione Bernhard), Stefan Ruzowitzky, ha ottenuto un piccolo ruolo anche in Abbi fede, di Giorgio Pasotti, co-produzione italo-austriaca. La pellicola, che uscirà nel 2019, è ambientata in Alto Adige e racconta la storia di un prete, interpretato dallo stesso Pasotti, impegnato a redimere Adamo (Claudio Amendola), un camorrista di estrema destra. 

 

salto.bz: Samuel, hai raggiunto la notorietà grazie al film “Amelie Rennt”. Come si gestisce il successo così giovani?

Samuel Girardi: Per me è ancora qualcosa di surreale. Il fatto di aver girato finora più all’estero rende il tutto più distante e più simile a qualsiasi altro lavoro, con la differenza che c’è un pubblico che giudica, ma questo vale per il mestiere, personalmente invece non è cambiato granché nel mio quotidiano, vado a scuola e cerco di conciliare tutto. C'è che ho la fortuna di poter viaggiare molto di più rispetto a come farei di solito. Gli amici però sono rimasti gli stessi.

Un sognatore con i piedi per terra.

Ci provo [ride]. 

Che percezione avevi del mestiere dell’attore prima di iniziare?

L’incontro con il mondo della recitazione è avvenuto abbastanza casualmente, mi è sempre piaciuta l’idea di fare l’attore ma era una specie di utopia, un desiderio sopito, finché un giorno non ho saputo che stavano facendo un casting per Fräulein e ci sono andato, e la stessa dinamica è avvenuta più o meno per Amelie rennt, ho visto su Facebook che cercavano un attore per il cast e mi sono buttato, poi mi hanno chiamato a Monaco e offerto la parte. Confesso che ho realizzato davvero cosa fosse successo quando il film è uscito e ha avuto grande risonanza, quando mi sono ritrovato alla Berlinale e mi sono detto: “Fermi tutti, sono sul tappeto rosso, cosa?!”.

 

 

E i social? Facebook, Instagram, Twitter sono un mezzo per promuovere la tua attività di attore o preferisci il basso profilo?

Sarebbe difficile con i social, ho un cellulare che risale all’anteguerra… Diciamo che naturalmente mi capita di postare mie foto nei panni di un personaggio che interpreto per fare promozione a un film, non nascondo certo il fatto di essere un attore, ne vado fiero, ma non è la prima cosa che dico a una persona quando mi presento, ecco. 

La tua prima impressione quando hai letto la sceneggiatura dell’ultimo film a cui hai preso parte, “Abbi fede”?

Devo subito dire che non ho letto tutta la sceneggiatura, mi hanno piuttosto inquadrato il concetto del film che è un remake del film danese Le mele di Adamo. Senza svelare troppo posso dire che da quello che ho visto sarà una commedia amara molto ben riuscita. Ho fatto casting per diversi ruoli e alla fine mi hanno preso per interpretare un neofascista, è stata un’esperienza peculiare, diversa da tutto quello che ho fatto finora. È un ruolo minore il mio, avevo poche scene da girare, perlopiù di gruppo, e molto divertenti, in una mi hanno coperto tutto di sangue.

L’ispirazione per il film non deve essere mancata dati i frequenti, odierni richiami del neofascismo e delle forze della destra radicale in Europa.

Infatti. È stato interessante perché mi ricordo che prima delle riprese mi sono posto la domanda “come potrei prepararmi per questo ruolo?” e mi sono documentato, attraverso eventi recenti, per caratterizzare il personaggio, anche perché il tema dell’ascesa dell’estrema destra è più attuale che mai. Quest’anno ho anche votato per la prima volta per cui l’aspetto politico è stato impossibile per me da trascurare. Io ho recitato un ruolo, ma pensare che quello che mi appare come un mondo così remoto sia parte della realtà è davvero molto triste.

Interpretare un neofascista è stata un’esperienza peculiare, diversa da tutto quello che ho fatto finora. Io ho recitato un ruolo, ma pensare che quello che mi appare come un mondo così remoto sia parte della realtà è davvero molto triste.

Trovi che l’Alto Adige sia una buona palestra per gli attori?

Per niente, direi. Ora la situazione sta migliorando perché in Alto Adige si girano molti film e questo è positivo per l’industria cinematografica locale, però in termini di agenzie e figure attoriali siamo indietro. Il fatto di essere bilingue, di saper replicare diversi dialetti, è certamente un valore aggiunto ma resta il fatto che il mercato principale è quello germanico. E se un altoatesino vuole fare carriera deve trasferirsi in Germania o nel resto d’Italia.

Va da sé che il bilinguismo raddoppia le possibilità professionali.

Sì, questa peculiarità altoatesina regala ancora più libertà di scelta. E poi c’è anche l’inglese.

 

 

In linea di principio il bilinguismo è per tutti un vantaggio, viverlo ancora no.

Lo scambio fra culture è necessario, trovo stupida l’idea di dire “questa è la mia madrelingua e non ne imparo nessun’altra”, conoscere altre lingue ti apre delle porte. Se si ha la possibilità di apprenderne due già da piccoli si può solo cercare di trarne vantaggio, come del resto ho fatto io sia a livello professionale che nella vita sociale, quando per esempio sono stato, in quarta liceo, un anno in Irlanda a studiare e ho potuto interagire con ragazzi di lingua italiana che erano lì con me, ho realizzato ancora di più l’importanza di questo privilegio.

“Da grande” l’idea è quella di fare l’attore a tempo pieno o è solo una specie di rito di passaggio?

Prima vorrei concludere gli studi, ho la maturità quest’anno, poi si vedrà. La vita dell’attore è piuttosto incerta, specie qui in Europa, perciò meglio studiare un piano B. Se poi dovessi riuscire a fare l’attore nella vita, mestiere per cui intendo comunque continuare a studiare, sarebbe una svolta.

Lo scambio fra culture è necessario, trovo stupida l’idea di dire “questa è la mia madrelingua e non ne imparo nessun’altra”, conoscere altre lingue ti apre delle porte. Se si ha la possibilità di apprenderne due già da piccoli si può solo cercare di trarne vantaggio, come del resto ho fatto io

Con chi vorresti lavorare?

Mi piacerebbe fare un altro film con il regista di Amelie rennt, Tobias Wiemann, e poi, se posso sognare in grande, Martin Scorsese.

A proposito di Hollywood sei stato diretto da Terrence Malick, che ha fama di non essere esattamente un tipo facile…

Malick incute subito un certo timore reverenziale, ero molto affascinato dal suo modo di girare, dalla composizione delle inquadrature, da queste riprese ampie e lunghe, che permettevano anche agli attori di girare in un modo unico. Devo dire che Malick mi ha fatto un’ottima impressione, non anelava ad essere costantemente al centro dell’attenzione come invece mi sarei aspettato, anzi era molto riservato e cordiale, almeno con me.

In Radegund c’è anche un gigante come Bruno Ganz, hai avuto occasione di girare delle scene con lui?

Purtroppo no, ma l’ho fatto con altri grandi attori come August Diehl, il maggiore della Gestapo Dieter Hellstrom di Inglourious Basterds. E anche con registi come il premio Oscar Stefan Ruzowitzky, o altri interpreti più famosi tra i giovani, come Jannis Niewöhner, e ne sono felicissimo perché mi hanno ispirato molto. Soprattutto per il semplice fatto che abbiamo una visione un po’ distorta degli attori, spesso attraverso i media, e ci dimentichiamo che sono persone del tutto normali. Quindi per me è stato un piacere vedere che loro, nonostante tutto il successo, fossero rimasti così umili e gentili. È un grande valore che mi fa apprezzare molto l’ambiente cinematografico, che dall’esterno sembra abitato solo da divi e dive. È stata una buona lezione per me.

Abbiamo una visione un po’ distorta degli attori, spesso attraverso i media, e ci dimentichiamo che sono persone del tutto normali

Le pellicole che ti hanno più influenzato a livello personale?

Così su due piedi direi Il Miglio Verde ma anche Inception e in generale i film di Christopher Nolan e Martin Scorsese. 

Sei un “divoratore” di film?

Mi piace più giocare a calcio [ride].

Qualche aneddoto da set?

Durante le riprese di Amelie rennt, io e la mia co-protagonista Mia Kasalo ne abbiamo fatte tante fuori e dentro il set. La cosa che sicuramente mi ricordo con più gioia è stata volare con l’elicottero. Un’altra volta invece un assistente alla regia mi ha lanciato una scommessa, per 5 euro avrei dovuto recitare durante un dialogo battute completamente sbagliate per far infuriare il regista, cosa che poi è effettivamente successa. Però mi sono beccato i 5 euro.

Cosa ti aspetti, come attore, per il tuo futuro?

Non ci ho mai pensato a dir la verità, del mondo del cinema mi piace la parte in cui si viaggia e si conosce nuova gente, ma non tutto dello show business mi interessa. Per ora so solo che voglio continuare, arrivare un giorno a scegliere i film che voglio fare, ispirare a mia volta qualcuno. Certo sono idee molto lontane, ma sperare non costa nulla.