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Gesellschaft | Avvenne domani

Gennaio

Era iniziato il '68, ma a Bolzano non lo sapeva nessuno

Inizia, con questo mese, un viaggio nel tempo, all'indietro di mezzo secolo. Mese per mese ripercorreremo gli avvenimenti di quell'anno passato alla storia come la cornice di una grande rivolta,di avvenimenti indimenticabili, di passioni che infiammano ancor oggi il dibattito e la memoria. Cercheremo di cogliere i riflessi di quei fatti nel piccolo e agitato mare della società altoatesina, di capire come fu percepito allora, da chi lo stava vivendo in presa diretta.

Il 4 gennaio del 1968, a Stoccolma, Jimi Hendrix sfascia la sua stanza d'albergo viene arrestato dalla polizia. È una tra le tante notizie di quei giorni che gli altoatesini non leggeranno mai sulla stampa locale. Il leggendario 68, anno delle rivolte e della repressione, nel sangue e della protesta, è iniziato, ma, tra Salorno e il Brennero, a nessuno è dato di accorgersene. Qui si vive come in un'altra dimensione, come su un altro pianeta.

Non che manchino gli strumenti di informazione. Gli italiani dell'Alto Adige, ad esempio, possono contare, da qualche settimana, addirittura su tre organi di stampa locale. Al quotidiano tradizionalmente più diffuso, l'Alto Adige, si è affiancata ormai da tempo, con buoni risultati di diffusione soprattutto nel mondo cattolico, l'edizione altoatesina del quotidiano della Dc di Trento l'Adige, diretto e orientato da Flaminio Piccoli. Dal 10 dicembre 1967 è arrivato su piazza anche Il Giorno di Milano con due pagine quotidiane dedicate alla realtà altoatesina. Per gli avversari si tratta di una manovra della sinistra Dc di Bolzano per contrastare la totale avversione de l'Alto Adige alla politica di intesa sulle questioni altoatesine che sta per portare all'approvazione del Pacchetto e alla nascita del secondo Statuto di Autonomia.

Dopo oltre un decennio di aspra controversia, di faticose e spesso inutili trattative tra Bolzano Roma e Vienna, sembra infatti che i tempi siano maturi per un'intesa che porti al superamento del primo esperimento autonomistico varato esattamente vent'anni prima, nel gennaio del 1948 e dell'autonomia regionale che ne era scaturita. Un obiettivo politico perseguito con immensa pazienza, a Roma, da Aldo Moro e a Bolzano da Silvius Magnago contro il quale si è scatenata la furia dei signori del tritolo, disposti a disseminare di violenza e sangue tutto il cammino delle trattative cercando in ogni modo di impedire l'intesa e di riportare la situazione sull'orlo della guerra civile, come alla fine degli anni 50.

L'intesa che si prospetta è ancora avversata potentemente sia nel mondo di lingua tedesca che in quello di lingua italiana, a Roma come a Bolzano, e l'argomento, in tutte le sue varie sfaccettature, domina le pagine dei giornali. L'Alto Adige, ad esempio, pubblica in quei giorni di gennaio l'ennesima serie di articoli contro gli istituti della nuova autonomia che portano in calce lo pseudonimo di "Civis". L'autore, come tutti sanno, è Renato Cajoli, funzionario della Presidenza del Consiglio dei ministri, per lunghi anni distaccato presso quell'Ufficio Zone di Confine, che, nell'epoca degasperiana, aveva dettato la linea politica da seguire sulla questione altoatesina. Gli articoli di Cajoli sono gli unici, sia pure attraverso l'uso di un nome de plume, ad avere una firma in calce. Usanza dell'epoca prevede che escano anonimi, quindi riconducibili all'intera linea del giornale, anche i corsivi più polemici. La regola vale sia per l'Alto Adige che per il quotidiano sudtirolese Dolomiten che, in quel freddo mese di gennaio commentano senza risparmiare , l'andamento delle trattative tra Bolzano e Roma e gli ultimi sviluppi della situazione politica austriaca, con la formazione del secondo governo Klaus.

Gli altoatesini interessati anche a qualcos'altro oltre che ai destini ancora incerti della loro piccola patria potrebbero trovare di un certo rilievo le notizie che, a partire dal giorno in cui riprendono, dopo le vacanze di fine anno, le lezioni universitarie, arrivano da molti atenei italiani. Gli studenti scendono in piazza, manifestano, occupano le facoltà, si scontrano con le forze dell'ordine a Roma, a Torino, a Pisa, a Trento. Il 68, così come lo abbiamo conservato nella nostra memoria, è già iniziato, ma a Bolzano lo sanno in pochi. Non coloro, certamente, che si affidano ai giornali locali. Non che difetti, su quelle pagine, la cronaca nazionale e internazionale ma gli argomenti trattati sono ben altri. A dominare le scelte redazionali di quei giorni è una questione ...di cuore. Il mondo intero, e Bolzano non fa difetto, segue ora per ora le condizioni cliniche dei primi pazienti sui quali il cardiochirurgo sudafricano Christiaan Barnard e i suoi omologhi statunitensi hanno effettuato i trapianti di cuore. Si può dire che la stampa segue, battito dopo battito, il decorso operatorio di quei primi esperimenti, conclusi spesso con un insuccesso. È la notizia principe, quella che oscura tutte le altre.

Un gradino più sotto ci sono quei titoli che a noi, che leggiamo le vicende di allora con il senno di poi, suonano come il preambolo di tragedie ormai prossime ad andare in scena, ma che allora, in quel gennaio tormentato dal gelo e da tempeste che squassano l'intera Europa, non suscitano più brividi del necessario. Il 4 gennaio, in una Praga intorpidita dal gelo, c'è un cambio della guardia ai vertici del Partito Comunista cecoslovacco. Il nuovo segretario è un personaggio semisconosciuto dal sorriso gentile Alexander Dubcek che prende il posto del vecchio stalinista Novotny. A fine mese i nord vietnamiti scatenano l'offensiva del Tet, destinata a rendere definitivamente coscienti gli americani che la guerra era persa e che non restava che trovare una qualsiasi via d'uscita per disimpegnarsi dalla palude del sud-est asiatico.

Mentre il presidente americano Johnson cercava un modo per lasciare onorevolmente Saigon, i governanti italiani tentavano, sempre in quel gennaio del 68, di uscire senza troppi danni da una tempesta politica molto più piccola ma non meno spinosa: una commissione stava facendo luce sul cosiddetto "scandalo Sifar", relativo al tentato "golpe" organizzato qualche anno prima. Sulle prime pagine dei quotidiani altoatesini rimbalzano le prime confuse notizie sul "Piano Solo" ideato, per mettere in riga l'Italia, dal generale De Lorenzo. Passerà del tempo prima che si conoscano gli elenchi di coloro che avrebbero dovuto essere prelevati e rinchiusi in un campo di prigionia della Sardegna perché potenzialmente pericolosi per il nuovo ordine. Si saprà allora che l'unico altoatesino a figurare tra gli "enucleandi" era l'esponente comunista ed ex partigiano Andrea Mascagni.

Più prosaicamente, in attesa di votare per le politiche di primavera, i bolzanini, informa l'Alto Adige, danno il loro voto alla cantante Dalidà che, grazie anche a questi consensi, riesce ad aggiudicarsi la vittoria a "Canzonissima".

Quasi tutte le università italiane sono ormai teatro di occupazioni, scontri, arresti e manifestazioni di piazza. La rivolta inizia ad estendersi anche alle scuole superiori. A metà gennaio, a Milano, gli studenti occupano il liceo Berchet. A Bolzano l'unica contestazione è quella che investe la programmazione del Teatro Stabile, affidato alla direzione artistica dell'attore Renzo Giovampietro. Gli ambienti culturali cittadini gli rimproverano una passione smodata per i testi della romanità classica. Bersagliato dagli strali di un pubblico stanco di seguire sul palcoscenico le arringhe ciceroniane Giovampietro si farà da parte. Sta per iniziare l'era-Scaparro.

Alla metà del mese su tutta la cronaca piomba il dramma del terremoto siciliano del Belice. E anche l'inizio del martirio di una terra già impoverita dalla storia che sconterà tutte le inefficienze di un paese incapace di gestire queste recenti ed altre più antiche emergenze.

Le altre notizie che non trovano grande spazio sulla stampa altoatesina sono quelle riguardanti il mondo del lavoro. Il sindacato si organizza in vista delle aspre battaglie dei mesi successivi, ottiene vittorie significative nelle vertenze aperte in aziende di grandi dimensioni come l'Italsider. Non è ancora l'autunno caldo ma la temperatura, nelle fabbriche, inizia già a salire.

Se qualcosa del genere succede anche a Bolzano, non è dato sapere. Qui ci si preoccupa del piano territoriale elaborato dall'arcigno assessore provinciale Alfons Benedikter, che, sostengono i critici, penalizzerebbe troppo l'industria, sacrificando le speranze dei giovani altoatesini di trovare un posto di lavoro.

Il mitico 68 è ufficialmente iniziato. Agli altoatesini non occorrerebbe poi nemmeno far tanta strada per accorgersene di persona. A cinquanta chilometri di distanza hanno a disposizione uno dei focolari principali della rivolta. La facoltà di sociologia di Trento passa da un'occupazione all'altra e i sintomi di rigetto che la cosa provoca fra gli abitanti della Città del Concilio non sono meno robusti di quelli che mandano al Creatore, uno dopo l'altro, i trapiantati con il cuore nuovo di Barnard e dei suoi colleghi. Ma l'Alto Adige, si sa, è un'isola che si vuole tenere ben separata dal resto del mondo.

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Hartmuth Staffler Sa., 06.01.2018 - 13:44

Der Vorname des Doppelstaatsbürgers Barnard (Südafrika/Österreich) wird richtig mit zwei a geschrieben: Christiaan.

Sa., 06.01.2018 - 13:44 Permalink
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Hartmuth Staffler So., 07.01.2018 - 16:18

Antwort auf von Alfonse Zanardi

Wenn Sie etwas mehr Ahnung von der Sprachenvielfalt der Welt hätten, dann wüssten Sie auch, dass der bei uns als Christian bekannte Vorname auf Afrikaans mit zwei a geschrieben wird. Ich lege vor allem deswegen Wert darauf, weil ich Prof. Barnard persönlich kannte und mit ihm angeregt über Gesundheitsfragen diskutiert habee, wobei mir meine bescheidenen Afrikaans-Kenntnisse sehr von Vorteil waren.

So., 07.01.2018 - 16:18 Permalink
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Stereo Typ Sa., 06.01.2018 - 19:04

L'articolo è molto interessante. Sono nato il 1971 e mi son chiesto parecchie volte, come i sudtirolesi avessero vissuto il 68. La società sudtirolese era ancora molto rurale e pensava "in bianco e nero", in categorie come tradizioni, convenzioni, doveri e obblighi da adempiere. Si sente oggi la mancanza di quelle rivoluzioni dell'anno 68 e degli anni successivi, ancor'oggi l'Alto Adige si ritiene un'isola separata dal resto dal mondo. Son poche le persone che hanno senso civico e osano ribellarsi contro ingiustizie, la mancanza di democrazia ecc. Spesso vengono da fuori provincia e difficilmente possono capire come mai i sudtirolesi si rassegnino a certe cose che limitano la loro libertà. Secondo me è una conseguenza del mancato 68, paragonabile a chi non avesse vissuto la propria adoloscenza con tutto ciò che essa comporta.

Sa., 06.01.2018 - 19:04 Permalink
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Julian Nikolau… So., 07.01.2018 - 00:08

Interessanter Artikel, interessante Reihe/Kolumne, die hier beginnt! Zumal sie den lokale Aspekt eines Phänomens, das dieses Jahr (wegen des runden Jubiläums und dem krassen Gegensatz zum heutigen, rechtspopulistischen Zeitgeist) bestimmt unzählige Male diskutiert werden wird, hervorhebt.

Ich meine im Übrigen, dass die Ideen von 1968 - wenigstens die gesellschaftspolitischen - durchaus auch in ST angekommen sind, wenngleich verspätet als in anderen Teilen Europas. Das hat m.E. weniger mit einer Selbstbezogenheit der SüdtirolerInnen zu tun, sondern mit materiellen Gründen: Es gab hierzulande keine bzw. eine nur zu kleine Trägerschaft für die "Revolte", keine Univeristät als Brennpunkt und keine starke sozialistische bzw. sozialdemokratische Massenpartei (anders als in großstädtisch geprägten Gebieten Mitteleuropas und Italien), die eine wie auch immer geartete Bewegung in institutionelle Bahnen hätte kanalisieren können (sodass die Ideale dieser Bewegung indirekten Niederschlag in der Politik gefunden hätten). Immerhin entstanden in Südtirol unter Langers Führung die Grünen als Spätfolge von 1967/68 und Sammelpunkt der von der internationalen Bewegung inspirierten jungen Intellektuellen.

So., 07.01.2018 - 00:08 Permalink
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Hartmuth Staffler So., 07.01.2018 - 10:47

Im Jänner 1968 stand Südtirol, wie ich mich gut erinnern kann, ganz im Zeichen der anhaltenden Polizei- und Justizwillkür. Besonders betroffen war in dieser Zeit das Pustertal. Im Dezember 1966 waren nach der Sprengung des faschistischen Alpinidenkmals in Bruneck 30 junge Burschen in der Carabinierikaserne in Mühlen schwer gefoltert worden, Im März 1967 gab es im gesamten Pustertal eine Verhaftungswelle mit zahlreichen schweren Folterungen. Die meisten Südtiroler waren daher Anfang 1968 nicht an Zielen der 68er-Bewegung interessiert - über die man übrigens sehr gut informiert war - sondern an der Befreiung vom faschistoiden italienischen Polizei- und Justizapparat.

So., 07.01.2018 - 10:47 Permalink