Politics | Famiglia

Luci e ombre di una legge

Due punti di vista a confronto sulla normativa in discussione questa settimana al Consiglio provinciale. Ovvero: quando l’“ideologia” entra nel quotidiano.

Non è facile ottenere un’immagine univoca della nuova legge quadro sulla famiglia. Chi la critica – e lo fa aspramente – punta il dito sull’approccio, definito “generico” e “ideologico”; chi la difende suggerisce che la genericità sia piuttosto da intendere come ampiezza di prospettiva, e l’ideologia corrisponda semmai a un’idea condivisa di famiglia, che non avrebbe avuto senso mettere in questione.

Cahier de doléance

Doriana Pavanello, della segreteria CGIL/AGB, è tra gli avversari della legge. “Sì, prima di tutto è un problema di approccio. Nella legge si fa riferimento a una famiglia immaginaria, ideale, non calata cioè nella concretezza di situazioni che possono essere anche molto diversificate fra loro. In questo modo si finisce col trascurare le esigenze peculiari dei singoli individui che compongono, e spesso scompongono, un nucleo familiare”. Il cahier de doléance assume così la forma di un elenco di mancanze, sintetizzato dalla sfilza di “nulla” che compare su un volantino distribuito in questi giorni da alcuni presìdi del sindacato presenti in diversi luoghi della città: “Nulla sulle famiglie monoparentali, separate o divorziate; nulla sulla prevenzione dei maltrattamenti su famigliari e conviventi; nulla sul ruolo fondamentale della scuola e sulla funzione educativa; nulla sul ruolo dei consultori; nulla sulla necessità della mediazione culturale per le famiglie degli immigrati…”.

Abbiamo cercato di fare una sintesi

Quando espongo a Luca Critelli, direttore della Ripartizione famiglia e politiche sociali, queste obiezioni, la sua reazione è piuttosto compassata. “Una legge non è un catalogo di desideri, ha il compito di fare una sintesi. È abbastanza prevedibile che ci siano quelli che avrebbero voluto una maggiore considerazione delle strutture di assistenza. Non sarebbe difficile trovarne altri rammaricati che si siano tenute in eccessiva considerazione”. Critelli ci tiene a ribadire che l’impianto della legge doveva necessariamente assumere un profilo generale, d’indirizzo, senza avere l’ambizione di risolvere tutti i problemi particolari o comunque contemplare una casistica che poi finisce per intersecare altri ambiti legislativi.

Convergenze parallele: non si parla di soldi

Seppur parzialmente, esiste un punto sul quale critica e autocritica convergogono. Riguarda la mancanza di una chiara determinazione della base finanziaria con la quale si dovrebbero coprire le esigenze indicate (nonostante la legge parli di “sostenere maggiormente la famiglia sul piano finanziario e dei servizi”). Ma anche qui è l’interpretazione della mancanza a divergere: mentre per Pavanello si tratta di un peccato di “vacuità”, corredato dalla sensazione che alla fine si vogliano praticare dei tagli con pesantissime ricadute sociali, Critelli afferma che questi tagli non ci saranno e che, grazie a questa legge, saranno invece ridotte, o perlomeno contenute, molte ombre di natura economica.

In chiusura un particolare sul quale si è già appuntata l’attenzione di molti. La limitazione dell’accesso ai servizi dell’infanzia originariamente prevista a partire dal sesto mese di età dei bambini – aspetto che Pavanello definisce “insensato” – verrà quasi certamente emendata. Difficile però che questo miglioramento tardivo faccia cambiare idea ai più critici. “La famiglia è un tema ideologico per definizione”, commenta Critelli. Chi non è pratico di asperità ideologiche potrà consolarsi con le difficoltà del vivere quotidiano.