Politica | Freiheitlichen

Il rosso dipinto di blu

Breve ritratto di Thomas Egger, isolato interprete di un’impossibile ala sociale all’interno dei Freiheitlichen, forse già alla ricerca di un approdo più consono alla sua vera natura politica.
Seit heute online: Das Cover zur Single „Golden Home“, die über das deutsche Label F.A.M.E. Recordings erscheint.
Foto: Mainfelt/F.A.M.E. Recordings

Breve antefatto apparentemente privo d’importanza. Avendo in mente d’intervistare Thomas Egger all’indomani della sua esclusione dalla lista che il partito presenterà alle prossime provinciali, esclusione comunicatagli con un laconico sms, ho chiesto se qualche collega aveva il suo numero di telefono. Una volta avutolo, l’ho composto subito. Mi ha risposto Pius Leitner. Possibile? Ho controllato ancora una volta. Il numero era proprio quello, il medesimo usato il giorno prima per contattare Egger. Mistero.

Fuori dall’aula
Non trovandolo al telefono (e ancora col dubbio che gli fosse stato requisito da Leitner), ho deciso così di recarmi in Consiglio provinciale. Nel corridoio davanti all’aula transitavano tre degli altri Freiheitlichen. Ho chiesto a Ulli Mair se per cortesia poteva rintracciare Egger. Dopo poco il consigliere è uscito e ha detto che potevamo parlare. Ci siamo seduti su una delle poltroncine fuori dall’aula e ho acceso il registratore.

Stallgeruch
“La prima cosa da dire – comincia – è che io non sono mai stato veramente dei loro, o almeno sono stato percepito così. Non avevo lo stesso Stallgeruch, l’odore di stalla, come si dice in tedesco. Forse perché ho militato a lungo nella Svp (fino al 2005). Ho capito insomma abbastanza presto che sarei stato seguito in un modo un po’ speciale”. La tesi dell’odore di stalla è suggestiva, cerco però d’impostare il discorso su temi meno olfattivi. Ho in testa l’idea – tutta da dimostrare – che questo conflitto scoppiato in seno al partito non sia solo una questione personale, ma che alla base ci sia un fermento più profondo, un contrasto programmatico, anche se in assenza di un vero programma, e che Egger interpreti una novità potenzialmente destabilizzante.

Isolamento
“Nel partito ero sempre isolato [Pius Leitner, nella breve conversazione avuta in precedenza grazie al numero di Egger, mi aveva avvertito: “si tratta di un Ich-AG”, cioè uno che gioca da solo]. Io sono uno che conosce l’amministrazione, ho fatto per anni il sindaco, quindi ero sicuramente utile. Ma per il resto c’era poca affinità”. Le competenze amministrative e il talento investigativo – si devono anche a lui, oltre che al “verde” Dello Sbarba, le indagini che poi hanno portato al cosiddetto scandalo SEL – lo rendono evidentemente prezioso e scomodo al contempo, forse perché capace di consolidare un ruolo che l’ha già reso troppo visibile. E per i Freiheitlichen, par di capire, la visibilità dipende da una fonte luminosa precisa, quella accesa dal Parteiobmann. O dalla Parteiobfrau. Tutti gli altri a seguire. Ed Egger, staccato dagli altri, in fondo alla fila.

Il rosso nel blu
Egger ricapitola i suoi punti di forza. Capacità investigativa, esperienza amministrativa, interesse rivolto al sociale. Affiora una certa nostalgia per i tempi in cui la Svp poteva vantare una vera e propria “ala sociale”. Il rosso nel blu, qualcosa che evidentemente non è una semplice sfumatura. Piuttosto una macchia. E la vernice che la ricopriva quasi completamente scrostata. “Ho sempre cercato di avere un occhio per le questioni sociali, per la sanità; sono io per esempio che ho avevo a cuore la sorte degli ospedali di periferia, che vedevo nel decentramento una forza strategica”. Anche nella linea del partito? “L’accusa che mi rivolgono è di non aver pensato mai al partito, ma solo al lavoro in Consiglio. Beh, ma quando al congresso del 20 aprile Ulli Mair ha dovuto fare l’elenco delle cose raggiunte dal partito in questi cinque anni, non ha potuto far altro che citare le cose fatte da me. E questo significa forse non aver lavorato per il bene del partito?”.

È come se ci fosse una crepa, è come se ci fosse una cappa
Ritiro fuori la mia idea di partenza, cerco di capire se le crepe possono disegnare un quadro diverso dalla lucida compattezza piramidale che il partito (anche cacciando Egger) vuol perseguire come sua peculiarità strategica. Campagna contro gli stranieri, Stato libero del Sudtirolo, cosa ne pensa Egger? “A me non piacciono gli estremismi. E mi pare che se si vuol battere troppo su questi tasti poi si finisca solo col favorire un certo estremismo. Mi sono trovato a votare spesso in modo diverso dalla mia frazione, ho sempre cercato di rispondere alla mia coscienza, di non addormentare i miei dubbi. E le garantisco che anche altri, nel partito, hanno dubbi simili ai miei, o comunque altri tipi di perplessità. Ma è difficile esprimersi… è come se ci fosse, non so come dire…” Una cappa? “Ecco, sì, è come se ci fosse una cappa”.

Formerà una lista civica?
Alla fine mi piacerebbe far dire a Egger qualcosa di più compromettente. Le differenze tra lui e gli altri Freiheitlichen sono tante, troppe, e di innegabile rilevanza politica. La candidatura cancellata potrebbe aprirgli la strada per un progetto diverso, qualcosa che capitalizzi il potenziale raccolto durante l’attività consiliare – attività che lo ha reso di fatto uno dei principali artefici del successo dei Freiheitlichen per quanto riguarda la lotta al “sistema Svp” – e lo restituisca a quel côté di “sinistra” (considerate voi quanto esagerata o realistica suoni adesso questa espressione) che nel partito guidato da Ulli Mair non sembra aver nessuna possibilità di sopravvivenza. Formerà una lista civica? È impossibile avere da Egger una dichiarazione precisa al riguardo. Ma resta la suspance.

Bild
Profile picture for user Sebastian Felderer
Sebastian Felderer Ven, 05/10/2013 - 09:13

Ci sará quella verde della Artioli, quella bianca delle schede bianche e quella rossa di Egger. Mi piace píú quella rossa di Egger, che quella della Artioli e quella bianca la odio addirittura. Ma liste civiche mi stanno benissimo, specialmente quando sono l'inizio di un movimento, che dopo una fase di rodaggio diventa politico. È la base della nostra democrazia. Un Rosso lo vedo meglio alla guida di una macchina rossa che come ruota rossa di una macchina blu, dove allo sterzo ci sta qualcun altro.

Ven, 05/10/2013 - 09:13 Collegamento permanente