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Filmfestival inaugurato

Ospiti d’onore della prima serata erano il regista Greg Zglinski del film di apertura Tiere (t.l. Animali) e i due protagonisti Philipp Hochmair e Birgit Minichmayr.
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Foto: BFFB

La si sentiva nell’aria quella tipica atmosfera briosa da festival nell’entrare nella hall del Cinema Capitol piena di persone in attesa dell’evento inaugurale della 32esima edizione del Bolzano Film Festival Bozen. La direzione è affidata a Helene Christanell da un paio di anni, mentre lo storico direttore Martin Kaufmann segna come direttore della programmazione e cura la sezione Cinema ritrovato. Nella solenne introduzione il fondatore del Filmclub - l’associazione organizzatrice del festival - ha ricordato che ci sarà una festa di compleanno in autunno in onore dei quarant’anni passati dal primo spettacolo sul grande schermo a Bolzano in quel lontano 1978, mentre per il trentennale della scuola di cinema Zelig bisogna aspettare (soltanto) la settimana prossima. Pertanto alcuni degli allievi più noti della storica scuola erano presenti in sala, come Andreas Pichler, il cui ultimo titolo è Europe for Sale del 2015.

Ospiti d’onore della prima serata erano il regista Greg Zglinski del film di apertura Tiere (t.l. Animali) e i due protagonisti Philipp Hochmair e Birgit Minichmayr, giunti entrambi da Vienna. Il film che ha visto la sua prima alla Berlinale 2017 nella sezione Panorama è uno straordinario omaggio alle potenzialità del mezzo cinematografico, dove la sospensione del tempo e le immagini tra immaginazione e memoria si sovrappongono per generare una struggentemente ironica melodia audio-visiva. Del resto, Zglinski, classe 1968, si dice allievo di Krzysztof Kieslowski (chi non ricorda il suo Decalogo con i dieci piccoli film sui dieci comandamenti?) perché ha avuto la fortuna di averlo come insegnante l’ultimo anno alla scuola di Lodz, dove ha studiato cinema in Polonia. “Ho imparato da lui che è importante creare tensione anche nel più piccolo gesto compiuto da un attore, così come generare tensione tra una scena e l’altra nel momento del montaggio ponendo grande attenzione alla durata delle singole sequenze o inquadrature dove un secondo in più o in meno possono essere determinanti”, ci dice l’autore che a Bolzano aveva già vinto un premio quindici anni fa col precedente Tout un hiver sans feu del 2004. Ha firmato la sceneggiatura assieme al defunto Jörg Kalt e coprodotto il film con l’austriaca Coop 99 dove lavorano quasi tutti compagni di strada di Kalt e hanno partecipato con gioia e emozione al realizzarsi del suo progetto. Per Zglinski è “un film sull’amore” nonostante l’accesso alla narrazione non sia tanto facile per un pubblico non proprio allenato ad andare oltre il semplice racconto per immagini. Qui si procede per flash back e flash forward, per singole scene narrate da diversi punti di vista in ordine non necessariamente cronologico, dove lo spettatore è chiamato a compilare ognuno per se il proprio puzzle nella mente. Una vera e proprio composizione musicale! Infatti, non a caso Zglinski è un appassionato musicista (suona lui stesso la chitarra) e a volte firma anche le musiche dei suoi film e lui stesso afferma che per lui “il cinema è musica”.

Lui aveva scoperto quello script ai tempi in cui viveva in Svizzera e rimase da subito affascinato da questo mondo parallelo in cui si avverte un qualcosa che va ben oltre la realtà cui noi crediamo e ci affidiamo. Philipp Hochmair - che interpreta Nick - ha confessato che alla prima lettura di questo “labirinto narrativo” era leggermente perplesso ma da subito lo aveva intrigato a entrare in modo assolutamente pratico e terreno in quello spettro diverso della vita percepito da Jörg Kalt. Uomo che dallo stesso regista è stato definito „essere sensibile“ e prima di approcciarsi al suo testo per tradurlo in immagini e suoni, Zglinski aveva letto le note a firma dello stesso Kalt che offrivano un ampio sguardo dietro le quinte del tutto. Ad esempio, il punto di partenza che era il disegno di Escher, Relatività, in cui si vede un complesso intreccio di scale, dove la prima dopo un saliscendi continuo si ricongiunge con l’ultima. Questa fu l’utile indicazione per procedere passo per passo dove nel dettaglio tutto sembra al di fuori dell’ordinario e anche no, mentre nell’insieme fornisce un’immagine di una storia tra un uomo e una donna. O tra un uomo e tre donne che in realtà sono una sola? Non vogliamo rivelare altro…

Birgit Minichmayr, madrina dell’edizione 2018 e con la quale vedremo altri film nei prossimi giorni, ha sottolineato che per lei era importante la delineazione del ruolo poco definito nel senso che si tratta di una donna contenuta nelle parole e nell’espressione. Una interpretazione minimale che per lei non era sempre facile, per cui si sfogava di tutto il suo temperamento nel primo ciak e dopo era pronta a dare il massimo nel minimo. La sua Anna è una donna molto sensibile le cui emozioni si notano in minuscoli movimenti del volto, nello sguardo e nell’intonazione della voce. Ma va detto che il film non manca di colpi di scena e di momenti di grande cinema, complice anche i meravigliosi paesaggi dei monti svizzeri nella zona di Vevey e la magnifica sequenza all’interno del tunnel colorata di rosso sangue.