Cronaca | Il funerale

Adan, l'ultimo saluto

Sepolto ieri al cimitero di Bolzano il ragazzino curdo al quale la città aveva negato l'accoglienza.
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Foto: Foto: Salto.bz

Più di due mesi dopo il suo decesso, avvenuto il 7 ottobre 2017, Bolzano ha dato ieri (13 dicembre) l'ultimo saluto ad Abdullah Hossein, cioè ad Adan, come lo chiamavano tutti. Una vera odissea, quella patita dal ragazzo curdo-iracheno affetto da una grave patologia muscolare, respinto dalle strutture di accoglienza della provincia, quindi morto a causa di un incidente. Il suo corpo era stato trattenuto a lungo in ospedale in attesa che la burocrazia legata alle sopravvenute inchieste consentisse l'esame autoptico, dal quale peraltro non sono ancora scaturiti i dati auspicati dagli avvocati della famiglia. Intanto, la stessa famiglia ha ricevuto ospitalità a Trento, essendo così costretta a pendolare fino ad oggi tra i due capoluoghi regionali. Uno vero strazio, che ha contrassegnato anche la cerimonia funebre tenutasi nel primo pomeriggio al cimitero di Oltrisarco.

 

Dalla stanza disadorna, in cui brilla una piccola croce di metallo, escono lamenti che spezzano il cuore

Alle due splende il sole. Alcuni rappresentanti della comunità curda locale abbracciano il padre, presente assieme ai figli. Solo dopo qualche minuto arriva anche la madre, la quale non riesce a trattenere il dolore e necessita di continua assistenza. Come nell'occasione della manifestazione che seguì il decesso di Adan, vengono esposte le sue fotografie, si distribuiscono delle rose rosse, e si attende l'Imam che svolgerà la brevissima funzione di congedo. Prima però la madre e gli intimi possono raccogliersi attorno alla bara collocata in una stanza adiacente alle sale mortuarie, subito dopo l'ingresso del cimitero. Dalla stanza disadorna, in cui brilla una piccola croce di metallo, escono lamenti che spezzano il cuore. Sono momenti particolarmente toccanti. Il compianto si protrae a lungo, anche perché l'Imam sta ritardando. Mescolati ai membri della comunità curda ci sono anche alcuni semplici cittadini e c'è Karin Cirimbelli di SOS Bozen, l'associazione di volontari che più ha fatto per aiutare Adan e la sua famiglia. Quasi completamente assente la politica. Chiara Rabini è venuta più a titolo personale che per ottemperare ad obblighi istituzionali. Rimarrà fino alla fine. La giunta provinciale ha invece inviato Richard Theiner, quella di Bolzano Sandro Repetto. I due sembrano completamente fuori posto, parlottano tra loro e non rilasciano alcuna dichiarazione. Neppure di circostanza. Un silenzio più eloquente di mille parole.

 

Quando giunge il momento di caricare sulle spalle la bara per portarla nel luogo dov'è prevista la sepoltura, la madre di Adan si aggrappa agli uomini e lo impedisce

Alle 14 e 30 arriva l'Imam e la cerimonia, che consiste in una preghiera in arabo pronunciata dagli uomini della comunità, può avere inizio. Ma quando giunge il momento di caricare sulle spalle la bara per portarla nel luogo dov'è prevista la sepoltura, la madre di Adan si aggrappa agli uomini e lo impedisce. Desidera vedere il figlio, non avendolo potuto fare in precedenza. Nessuno se la sente di negarglielo. La bara quindi viene riportata all'interno della camera mortuaria per essere scoperchiata. Alla fine si può procedere. Sono ormai passate le tre e cinquanta persone (Theiner e Repetto, nel frattempo, sono scomparsi) si muovono in direzione del “Campo dei musulmani”, il piccolo terreno punteggiato da una decina di sepolcri.

 

Il bambino più piccolo, l'ultimo fratellino di Adan, che ha gli occhi più sorridenti del mondo, è spaventato, piange

Sotto lo sguardo dei necrofori comunali, sono gli uomini della comunità a fare tutto il lavoro. La bara è calata nella fossa mentre la madre, inconsolabile ed esausta, si siede sulla paglia. Con grande energia, quasi con furore, gli uomini si danno invece da fare con le pale per riversare la terra sul feretro. Nonostante il freddo, uno di loro è in camicia. Adesso tutto è compiuto, si porta un grande telo di plastica trasparente, per evitare che la pioggia dilavi la terra appena composta. Il telo viene fissato con delle pietre. Chi aveva una rosa in mano la depone sulla tomba. Sembra proprio tutto finito, ma a questo punto la madre di Adan cede improvvisamente e – letteralmente spezzata dal dolore, dalla fatica, dal digiuno – sviene. Si chiama un'ambulanza, il marito prova a portarla via caricandosela sulla schiena, ma dopo pochi metri desiste. Gli ultimi rimasti si stringono come possono ancora attorno alla famiglia. Il bambino più piccolo, l'ultimo fratellino di Adan, che ha gli occhi più sorridenti del mondo, è spaventato, piange. Dopo quindici minuti giunge l'ambulanza. La donna, che non ha ancora ripreso coscienza, viene adagiata su una barella ed è come se si ripetesse per l'ennesima volta la scena dalla quale tutta questa tristissima storia, più di due mesi fa, è cominciata.

 

 

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Max Benedikter Ven, 12/15/2017 - 15:55

In risposta a di Mensch Ärgerdi…

Ich bin ganz Ihrer Meinung.
Keine leichte Aufgabe für die beiden Herrn. Aber ich würde mir wünschen, dass die Institutionen die kurdische Gemeinschaft besuchen und einen Dialog beginnen. Damit könnte man vielleicht die gefühlte profunde Umgerechtigkeit aufweichen. Leider erlebt die kurdische Gemeinschaft diesen traurigen Vorfall als unüberwindbare Diskrimination. Die Mutter und die Familie wird diesen Vorfall und das Misstrauen gegen die Sanitäter nie überwinden (es gab auch kürzlich sehr unangenehme Vorfälle), aber die kurdische Gemeinschaft darf in ihrer ablehnenden Haltung nicht ausharren. Es wäre sehr hilfreich, wenn die Institutionen, auch bei laufender Untersuchung der Gemeinschaft die offenen Hand reichen würden.

Ven, 12/15/2017 - 15:55 Collegamento permanente