Politica | Bene comune

"Lo status quo va cambiato"

Mirko Boehm è una delle voci più autorevoli nel campo del free software. L'abbiamo intervistato per chiedergli di più sul concetto di codice come "bene comune".
Avvertenza: Questo contributo rispecchia l’opinione personale del partner e non necessariamente quella della redazione di SALTO.
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Foto: google

Mirko Boehm è uno dei maggiori sostenitori del free software da tempi non sospetti. E’ visiting professor presso l’Università di Berlino e ha fondato diverse compagnie che nel corso degli ultimi hanno inciso notevolemente nel mondo dell’Open Tech. Il campo d’azione di Boehm è lo sviluppo all'interno della community del free software e la sua governance. La governance può e deve nascere dalla community stessa, come sostiene il professore, essendo ontologicamente il luogo della trasmissione di informazioni e delle idee per quanto riguarda lo sviluppo del settore che sta conoscendo più innovazioni nel campo tecnologico e informatico degli ultimi vent’anni.

Boehm è stato uno dei tanti speaker a prendere la parola durante l’SFScon, di cui abbiamo già parlato in vari articoli su questa rubrica. SFScon, è bene ricordarlo, è la convention europea sul free software che si tiene a Bolzano e organizzata da IDM Alto Adige, azienda leader nel settore dello sviluppo economico e tecnologico del Sudtirolo. Il titolo della presentazione di Boehm è stato: “Open Source Governance between Community and Business”. Per commmunity s'intende tutto il gruppo che sta dietro a un progetto, sia i volontari che contribuiscono al codice sia gli utenti che lo provano, segnalano errori o suggeriscono sviluppi. Il problema sorge quando si deve coniugare il bisogno del software libero, quindi non proprietario di una singola azienda, alle necessità di dover sostenere dei costi importanti per il successivo sviluppo e gli investimenti necessari per continuare a far funziona la macchina, al fine di renderla ben oliata. Abbiamo intervistato Boehm peri lettori di salto.bz per farci dire qualcosa in più.

 

Common Resources (Common Goods) in Economics

 

salto.bz: Qual è stato il focus della sua lezione a SFScon? Dal titolo sembra una questione piuttosto difficile da affrontare, non è vero?

Mirko Boehm: L’aspetto chiave della questione è l’influenza che può e deve avere la community intorno al free software, insieme al suo sviluppo in generale. La governance ha il compito di portare cambiamento all’interno della community stessa ma anche all’esterno. Il modo in cui la community si esternalizza è fondamentale, quando si interfaccia con le infrastrutture, modelli di business, pubblica amministrazione. Le prospettive della community sono queste.

Lei parla spesso del codice libero, ovvero del codice come strumento informatico e struttura del software libero. Lei dice che dovrebbe essere di dominio pubblico, soprattutto il codice di software della Pubblica Amministrazione. Riguardo a ciò che ha detto Luca Moroni ad SFScon, quali sono i problemi riguardo il cyber risk che questo cambiamento potrebbe comportare?

Questa è una domanda difficile. Ci sono due scuole di pensiero, la prima crede che l’unica soluzione sia combattere il cyber risk con una totale e brutale trasparenza per il codice informatico, l’altra è quella in cui si crede che una totale trasparenza non vada bene per tutto. Il problema della security è sicuramente una questione importante e dobbiamo saperla affrontare di petto. Ma io escluderei la componente “è libero e accessibile, allora è poco sicuro”, perché di solito avviene il contrario. Qui entra in gioco il concetto di common good, ovvero il codice come bene comune accessibile e disponibile gratuitamente per tutti. Non possiamo permetterci di costruire qualcosa di open e farlo tornare close, in mano ai privati, è la sfida di questo decennio.

Il quesito non è solo tecnico, non è vero?

Ci sono in gioco questione filosofiche ed etiche, si discute intorno allo sviluppo della democrazia. Non serve però applicare la magia per risolvere il problema della pubblica amministrazione. Basterebbe rendere il software libero e non è assolutamente un problema tecnico, ovviamente nessuno lo ammetterà mai. Lo status quo va cambiato.

La prossima sfida per la Pubblica Amministrazione?

La campagna politica Public Money Public Code è un’iniziativa a livello europeo per portare avanti ciò che ho detto: finanziamenti pubblici per software pubblici e accessibile a tutta la cittadinanza e alle amministrazioni per uno sviluppo consapevole della digitalizzazione. Ogni bene che può essere digitalizzato è un digital good, ci vuole un ulteriore componente, ovvero il concetto di common, di pubblico. Renderebbe la pa molto più flessibile ed efficiente. Il cambiamento sta nel modificare un certo mindset, bisogna mostrare come la collaborazione possa coniugarsi con esigenze di business.

Per common information good cosa intende? Sta alla base del suo lavoro di ricerca e di lavoro.

E’ un termine economico. Ogni bene che possa avere una sua rappresentazione digitale lo è e variano a seconda delle epoche, lo sono state le immagini, lo streaming eccetera. E’ un modello che può essere declinato in più ambiti e fatto circolare in più ambienti. Un common information good è la strada giusta per la rivoluzione digitale, anche se non bisogno stravolgere tutto in una volta sola, basterebbe un processo graduale di riconversione.

Ovvero?

Le strutture pubbliche dovrebbero collaborare a livello europeo per costruire i software di cui hanno bisogno, software libero e pubblici, non software proprietaria, è il contrario di quello che una comunità dovrebbe fare per essere tale.