Cronaca | Da oggi si vota per il Quirinale

“Emma Bonino sarebbe perfetta”

Francesco Palermo tenta l’identikit del nuovo Presidente della Repubblica: una figura che non sia solo vagamente “super partes”, ma possa davvero inibire quelle pulsioni ostinatamente identitarie che paralizzano la vita del Paese.

Raggiungo il senatore Francesco Palermo al telefono. Mi parla dal cortile di Palazzo Madama. Si è rifugiato lì, mi dice, per sfuggire al rumore di Roma. Gli chiedo subito un auspicio in vista dell’elezione alla quale tra poche ore parteciperà (“Avrò anch’io qualcosa da raccontare ai nipoti”). “Un auspicio? Bisognerebbe riuscire ad affamare la bestia”. La metafora mi lascia interdetto. Una bestia affamata in genere morde. Ma forse non ho capito bene. “La bestia sono i partiti politici, che guardano alla loro compattezza come un valore primario, e sono quasi sempre affamati di elezioni. In questo modo, dando vita a un clima di perenne campagna elettorale, sfibrano però un Paese che certo non ha bisogno delle loro lotte, bensì di un governo che faccia magari qualche buona riforma”.

L’opportunità di un Parlamento senza maggioranza

Vorrei sapere se l’elezione del Presidente della Repubblica costituirà finalmente la mossa decisiva per rompere il deleterio stallo al quale sembriamo condannati. “Magari! Ognuno vede la necessità che qualcosa si muova, in un modo o nell’altro”. Proviamo dunque a verificare le scelte possibili? “Beh, il pallino attualmente è in mano al Pd. È il partito di Bersani che può o deve decidere dove buttarsi, se in direzione di Grillo o in quella di Berlusconi”. È forse questa la scelta che potrà sbloccare la situazione? O al contrario si tratterebbe di un ulteriore passo verso le fauci della bestia? Palermo ribadisce subito un concetto a prima vista paradossale: “A me sembra che non si stia capendo la grande opportunità di avere un Parlamento privo di maggioranza. Una maggioranza troppo forte impoverisce il ruolo del Parlamento e finisce per trasformarlo in un teatro dove sono ancora i partiti a imporre il loro protagonismo. Essendo invece costretti a mediare, a cercare il consenso per così dire a ogni passo, si attiverebbero quelle energie che poi portano necessariamente a privilegiare strategie di mediazione, ovvero una forma di governo autenticamente parlamentare”.

Porre l’accento sulle dinamiche formali, dunque, prescindendo dalle persone? Eppure ogni vigilia di questo tipo, prima ancora che comincino a susseguirsi le votazioni e si esasperi il gioco frenetico dei candidati “bruciati” e di quelli “a sorpresa”, è già punteggiata da nomi, figure concrete, e non soltanto simboli disincarnati da scambiare come figurine alla fioca luce dei corridoi di Palazzo. “Certo, se si trattasse solo di decidere chi è meglio tra Rodotà, Mattarella o Marini – mi rimbecca subito Palermo – non avrei il minimo dubbio. Ma qui l’importante è capire cosa si vuol fare, ed è in base a questa considerazione preliminare che poi bisognerebbe individuare il candidato più giusto. In fondo la simpatia o l’antipatia sono sentimenti che spostano l’attenzione ancora una volta su logiche troppo partitiche. Tutto finisce così in una sterile contrapposizione di candidati, come si dice, dal forte carattere identitario”.

Una candidatura perfetta

Inseguendo la bellezza del suo disegno formale, a Palermo sembra talvolta sfuggire il contesto menschlich allzu menschlich nel quale in realtà ha cominciato a muoversi con malcelata disinvoltura: “L’ideale sarebbe una convergenza quanto più ampia, possibilmente estesa anche ai grillini”. Ma una cosa del genere è anche solo vagamente possibile? “Forse no, anzi sicuramente no, però così finiamo davvero sbranati dalla bestia. E non penso sia preferibile”.

Prima di chiudere la conversazione gli domando se per caso ci sia la vaga speranza di vedere presto questo ideale formale camminare anche su due gambe. Chiedo insomma un nome qualsiasi, o almeno un identikit per arrivarci. “Beh, caldeggiando un governo quanto più inclusivo, ci vorrebbe un candidato in grado di accontentare e scontentare tutti; qualcuno che non fosse propriamente di destra, non fosse di sinistra, ma neppure di centro. Qualcuno provvisto d’esperienza, che eserciti con grande competenza il suo ruolo istituzionale e goda di considerazione all’estero. Un libero pensatore, direi. Anzi: una libera pensatrice”. Emma Bonino? “Ecco, Emma Bonino mi piacerebbe molto. Sarebbe perfetta”. Bonino, dunque. Una candidatura che viene sempre fatta, e sulla quale tutti sembrano contemporaneamente convergere e divergere. “Appunto – ride Palermo –, è come le dicevo: sarebbe veramente perfetta”.