Società | 30 anni di alphabeta

Stare insieme è un’arte

Aldo Mazza, mente e fondatore dell'associazione alphabeta, ripercorre la storia di un'istituzione culturale diventata oggi un pilastro della convivenza.
Aldo Mazza
Foto: Youtube
Siamo nel 1987. Silvius Magnago guida ancora la Provincia Autonoma. Lascerà l'incarico l'anno successivo. È un anno di bombe in Alto Adige. Scoppiano in continuazione, firmate dal fantomatico gruppo "Ein Tirol". Lo scopo dei terroristi e di chi li manovra è evidentemente quello di bloccare il varo delle ultime norme di attuazione e la chiusura della vertenza internazionale sull'Alto Adige.
Il clima tra i gruppi linguistici storici non è dei migliori: pochi sono i contatti con la cultura degli altri e c‘è scarso interesse reciproco. C’è tensione e la questione della qualità della cosiddetta convivenza è come impantanata tra le ferite storiche del passato ed un presente che sembra incapace di decollare verso un futuro di più forte condivisione. La nostra società ha un nodo che deve provare a sciogliere…

La nascita: stereo e non mono

Non tutti erano d'accordo con questo sviluppo. C‘era anche una parte della società che era preocupata, viveva con disagio questo clima, non voleva solo limitarsi a criticare ma aspirava ad intervenire costruttivamente per cercare di invertire questa tendenza. Tra questi c'ero anch‘io, quasi quarantenne, insegnante di Lingua2 nella scuola pubblica. Per motivi anche personali/esistenziali ero affascinato dal complesso intreccio tra lingue e culture in generale ed in particolare in una provincia ‘difficile’ come la nostra. Mi sembrava che fosse importante fare qualcosa.C’era bisogno, a mio avviso, di iniziative concrete che dessero un contributo significativo e concreto alla comunicazione interculturale e allo sviluppo di un plurilinguismo diffuso in Alto Adige/Süditirol: nasce così l’idea e la mission di quella che poi sarebbe diventata alphabeta.
 
L’iniziativa e la sua struttura avrebbe dovuto essere „interetniche“, all’epoca una cosa rara, quasi non prevista nell'ambito culturale di allora dove tutte le attività erano rigorosamente separate.
Si trattava di tracciare nuove strade sia nei contenuti che organizzativamente. La nuova struttura non solo avrebbe dovuto essere didatticamente all'avanguardia impegnandosi molto nella formazione degli insegnanti, ma doveva essere accompagnata da un lavoro in campo culturale che affiancasse il lavoro sulle lingue. Non è quindi un caso che per consolidare e sostenere il progetto nello statuto venisse prevista tra le varie attività anche una casa editrice.
 
In realtà non ero solo. Ho trovato infatti un gruppo di 9 persone, 4 di lingua italiana e 5 di lingua tedesca tutti insegnanti (a parte il presidente, insegnanti di L2 o tedesco L1) che hanno avuto fiducia nel progetto e hanno deciso di dare il loro sostegno. Nasce così nel dicembre 1987 presso un notaio di Merano l'associazione ALPHA e BETA, che 2 anni dopo si trasforma in cooperativa.​ La loro fiducia è stata essenziale per la mia decisione di lasciare, un anno dopo nel 1988, il posto di ruolo nella scuola pubblica (come padre di 4 figli) e di investire tutte le mie energie e competenze in questa nuova impresa. Adesso riconosco come una grande fortuna l‘aver potuto lavorare con convinzione e passione dando forma e corpo a delle idee.
 
 
Un grazie particolare al nostro presidente Ivo Carli che ha accettato di mettere a nostra disposizione la sua preziosissima competenza in campo giuridico ed amministrativo, ma anche in quello culturale. Gli accordi erano che dopo averci dato una mano per i primi anni, avrebbe lasciato. Per nostra fortuna dopo trent’anni e ancora qui, ha continuato a supportarci ed ha sempre ceduto ai nostri inviti a restare alla presidenza. Lo dico senza piaggeria: senza di lui, non saremmo diventati quello che oggi siamo. Ha sempre condiviso la nostra visione e con grande discrezione, quasi nell’ombra, ha arricchito la nostra avventura accompagnando il processo di crescita della struttura con coraggio, pragmatismo e disponibilità.
 
La prima sede consisteva in due stanze piccole sotto i portici di Merano affittateci da amici di famiglia. Lì lavoravo insieme a Silvana Stangherlin. Ho condiviso con lei quotidianamente i primi passi del nostro progetto. Purtroppo Silvana è morta nel 1999 e la voglio ricordare come persona decisiva per la nostra nascita con la sua grande passione e competenza. E con lei voglio anche ricordare altri 2 soci fondatori, Teresa Colombelli e Reinhard Pardeller che ci hanno dato il loro sostegno fino alla loro morte.
 
Un’altra figura chiave di questi primi anni è stata Tayana Prünster. Arrivata da noi nel 1989 diciannovenne, fresca di maturità. Dopo un’esperienza di lavoro presso un commercialista, ha deciso di scommettere su di noi. So che dovevamo sembrargli molto strani, Silvana ed io, nella nostra stanza piena di fumo e di chiacchiere, ma anche lei ha creduto in questa storia ed oggi è ancora con noi come responsabile della contabilità ma anche di molto altro.

Plurilinguismo vissuto e praticato

Va detto a questo punto che questa scelta “interetnica” iniziale non è solo un atto politico di rottura verso la provincia, ma è rimasta e rimane ancora oggi al centro degli sforzi per realizzare al proprio interno una reale cultura di una multiculturalità e di un pluriliguismo vissuto e praticato. Una cultura, questa, che va curata, non si realizza solo con le dichiarazioni di principio. Chi entra in alphabeta e chi ci lavora credo che, oggi come ieri (e spero anche oggi), abbia la netta sensazione che non ci sia una cultura o una lingua dominante, come spesso accade, e che ognuno si possa sentire a casa. Tra l’altro, con il tempo sono aumentate anche le culture e le lingue presenti, andando oltre al tedesco e all’italiano. L'attuale direttore Paul Hammond infatti è inglese.
 
Do atto alla provincia, soprattutto all’assessore Zelger, al quale chiaramente non eravamo molto simpatici da un punto di vista politico, di avrci permesso di iniziare nonostante fossimo per lui quasi “pericolosi”. Più lento è stato il processo di accettazione da parte italiana, dove l’assessore Ferretti ci ha messo un po’ a riconoscerci. Dietro a ciò probabilmente c’era una diverso atteggiamento tra „italiani e tedeschi“ verso la sussidiarietà. Ma ad ogni modo va riconosciuto che anche per noi, nonostante fossimo scomodi e per così dire non previsti, sono state applicate con correttezza massima le leggi.
 
 
Do atto alla provincia, soprattutto all’assessore Zelger, al quale chiaramente non eravamo molto simpatici da un punto di vista politico, di averci permesso di iniziare nonostante fossimo per lui quasi “pericolosi”.
Nel corso degli anni poi, fino ad oggi, sono state decisive l’apertura e la disponibilità degli uffici provinciali: prima l’Amt für Weiterbildung e poi anche l’Ufficio Bilinguismo. Di questo voglio ringraziare soprattutto le figure con le quali io ho avuto la fortuna di lavorare per anni. Nomino qui Isidor Trompedeller e Rita Pezzei, ma penso anche a tutti i loro collaboratori. Nel rapporto con queste strutture provinciali si è sviluppata una collaborazione molto proficua, basata sulla fiducia e la stima reciproca. È stato un processo esemplare di scambio e di ascolto molto fruttuoso. Noi abbiamo ricevuto molto sostegno, ma abbiamo anche dato: credo di poter dire infatti che alphabeta ha partecipato attivamente dando un significativo contributo allo sviluppo in generale sia della Weiterbildung che del bilinguismo in questa terra.
 
Tornando indietro a quegli anni è importante ricordare che non c’era ancora l’EURAC (1992), che gli Istituti Pedagogici presso le Intendenze scolastiche sono nati nel 1989 e che era quasi vietato parlare di Università. Tra l‘altro scarsissima era la produzione di ricerche e studi sul tema del bilinguismo e dell’interculturalità a dimostrazione dell’esistenza quasi di un tabù rispetto a questi temi, riservati unicamente al dibattito politico piuttosto che a quello scientifico.
 
Questo era lo scenario e alphabeta crea subito un dipartimento didattico che ancora oggi è l’anima della scuola di lingua. Da subito si comincia a sperimentare e realizzare una “buona” didattica, che si interroga continuamente su quello che propone. Fortissimo rimane l’impegno per la formazione dei docenti e l’attenzione verso gli utenti. Inizia e cresce nel corso degli anni una solida rete di cooperazione sia a livello locale (esempi Istituti Ped./intendenze Scolastiche + urania/ KVW) che nazionale ed internazionale con alphabeta che importa esperti ma comincia anche ad esportare le esperienze del “laboratorio alto adige/südtirol” al di fuori dei confini provinciali.

La difficoltà a imparare la lingua del vicino

Una buona didattica è necessaria, ma non sufficiente. “Niente è più difficile che imparare la lingua del vicino” aveva detto infatti in quegli anni senza essere smentito da nessuno il prof. Dietmar Larcher, un altro dei grandi amici di alphabeta che ha fatto con noi un lungo tratto di strada. E lo scarso livello delle competenze dopo circa 2.000 ore di seconda lingua fino all esame di maturità confermava questa che poteva sembrare una provocazione. Noi abbiamo preso sul serio questa difficoltà e abbiamo cercato di elaborare una strategia complessa per affrontarla: un problema complesso - si potrebbe dire citando Umberto Eco - richiede infatti risposte complesse, quelle semplici sono sbagliate. E noi abbiamo cercato di rispondere su più piani, non solo su quello didattico.
 
La prima pubblicazione scientifica della casa editrice, che è del 1990, ha un titolo per noi quasi programmatico: Mehr als eine Sprache/Più di una lingua a cura di Franz Lanthaler.
 
Più di una lingua appunto, da intendere sia come “più che solo una lingua” (cosa ovvia per una scuola di lingue), ma anche per segnalare che c’era bisogno di una proposta che offrisse “qualcosa in più che (solo) lingua”. Nella nostra visione, per un territorio come il nostro (“le insidie della vicinanza” ci spiegherà Siegfried Baur con un’altra nostra pubblicazione del 2000), ci sembrava importante far comprendere che imparare una lingua non consisteva solo nell’acquisizione di competenze formali, ma che era anche la chiave per entrare in un nuovo mondo, in cui bisognava avere voglia di entrare. E visti i rapporti complicati e la distanza tra i gruppi, questo mondo bisognava renderlo attraente, stimolare la curiosità e l’interesse e soprattutto farlo conoscere.
 
In questo senso nascono, per fare un esempio concreto tra i vari possibili, già nel 1990 accanto all’offerta dei corsi di lingua i nostri “viaggi” nella cultura sudtirolese e in quella italiana: Il modello di corso “Südtirolreise” (che diventerà più tardi “Tua mit!”) e parallelamente il “Viaggio in Italia” per il gruppo tedesco. Nel 1991 comincia poi l’offerta Tandem per favorire lo scambio culturale e linguistico one to one tra i parlanti dei diversi gruppi , entriamo nella Rete Tandem europea (nel 1991 un congresso internazionale Lingue in Tandem. Autonomie un Spracherwerb III) e sviluppiamo, accompagnandolo con una ricerca di ricercatori della Freie Universität di Berlino, anche un modello Tandem in Südtirol/Alto Adige tarato sulle nostre esigenze. E inoltre siamo anche cofondatori dell’iniziativa Sprachferien/Scambio vacanze che prende vita proprio in quegli anni.

La questione del dialetto

C’era poi (e c’è ancora) il problema del dialetto sudtirolese, reale ostacolo per lo sviluppo delle competenze linguistiche del gruppo italiano di cui ci si lamenta spesso ma che sembra quasi rimosso sul piano operativo. Si decide di affrontare il tema con un congresso “Dialetto e plurilinguismo. Dialekt und Mehrsprachigkeit” (1993) con gli Istituti Pedagogici tedesco e ladino (mancava quello italiano e non ho mai capito il perché). La questione del dialetto viene da noi in quegli anni tematizzata a tutto campo con i parlanti dei 2 gruppi (le 12 tesi sul dialetto in Sudtirolo, nate e discusse all’interno di un Südtirolreise) pubblicate sulla nostra rivista di quel tempo IDEE e si arriva alla produzione di materiali didattici oltre che ad una vera offerta di corsi che dura ancora oggi per chi, disponendo di buone conoscenze dell’Hoch Deutsch, volesse entrare in contatto con questa variante forse troppo usata dai parlanti sudtirolesi. Nel 1996 la casa editrice produce poi “Hoi Hanni” un programma di ascolto per sviluppare la competenza di comprensione orale, a cui farà seguito nel 2009 “Schian isch’s gwesen” un CD per lo studio autonomo del dialetto.

Chi ha fatto tutte queste cose?

Nel 1989 alla prima festa di alphabeta avevo con orgoglio mostrato infatti a tutti la bellissima citazione di Saint Exupéry, figlia dello Zeitgeist dell’epoca:
 
La Nave
Se vuoi costruire una nave
Non radunare uomini per tagliare legna,
dividere i compiti e impartire ordini,
ma insegna loro la nostalgia
per il grande mare infinito
 
Bellissima citazione, ho pensato allora, che rappresentava benissimo la cultura politica della maggior parte delle persone che volevano “costruire la nave alphabeta”…con il tempo però ho capito che non era del tutto vera. Con il passare degli anni il panorama è infatti completamente cambiato. Delle bombe non si ode più nemmeno l'eco. Magnago è un illustre pensionato della politica ed è iniziata in pieno l'era Durnwalder. Nel 1997 con l'accordo per l'applicazione del trattato di Schengen il confine del Brennero diviene, d'un tratto, un confine evanescente. A Bolzano si inaugura la Libera Università. Dall’inizio del nuovo millennio la cronaca però ci racconta anche delle prime avvisaglie di un problema che diventerà centrale: quello dell'immigrazione. Alphabeta cresce anno dopo anno in maniera costante, ma senza strappi, rimanendo fedele alla sua mission. La realtà intorno a lei, pur non avendo risolto i suoi problemi, si comincia ad ammorbidire sul fronte della problematica/tensione etnica.
 
A dimostrazione della validità della qualità didattica dell’offerta è aumentato in maniera esponenziale il numero dei partecipanti ai corsi e delle iniziative. Ciò ha comportato un forte aumento del numero dei collaboratori con conseguente crescita delle strutture e delle infrastrutture. Quella che era una piccola cooperativa di intellettuali spinti da una forte motivazione politica stava diventando una vera e propria azienda e bisognava attrezzarsi: diciamo che in questi anni avviene il passaggio dalla Pionierphase alla Konsolidierungsphase.​ In altre parole, Non bastava più la nostalgia del grande mare infinito. Più andavamo avanti più ci rendevamo conto che era necessario anche radunare uomini per tagliare la legna, dividere i compiti e impartire ordini… La sfida che avevamo davanti a noi era quella di accompagnare questa crescita, adeguando la struttura alle nuove dimensioni, curando l’organizzazione del lavoro, prima di tutto il complesso sistema di relazioni tra i „costruttori della nave alphabeta“. Integrando i nuovi collaboratori, sempre più numerosi, con i vecchi. Per fare ciò era necessario per il gruppo dirigente acquisire nuove competenze sul piano gestionale e sviluppare un nuovo concetto di organizzazione del lavoro. Senza dimenticare i contenuti è iniziata nella seconda metà degli 90 quindi una nuova fase in cui non eravamo per fortuna soli.
 
Questo processo è stato difficile ma utilissimo ed è avvenuto con trasparenza e cercando il consenso delle persone coinvolte e la loro identificazione con il progetto complessivo: uno degli indicatori per me più significativi è quello relativo alla continuità di gran parte dei collaboratori, di cui tantissimi sono con noi da più anni. Credo di poter dire che, usando una metafora calcistica, abbiamo praticato un calcio totale in cui siamo riusciti concretamente a combinare le invidualità con il collettivo. Così come realmente trasparente e collettiva è stata la gestione del progetto con una cultura „aziendale“ orientata alla collegialità nelle scelte e nelle decisioni. Il contrario di un solo uomo al comando, insomma. In ciò ci ha anche aiutato il fatto di essere una vera cooperativa, il cui vero padrone sono i soci e cioè i collaboratori (oggi siamo 85)

Generationswechsel

Arriviamo così agli ultimi anni. Per me l’ultima sfida. I soci fondatori sono diventati vecchi, e per noi si poneva il problema di come garantire continuità in presenza di un inevitabile e necessario cambio generazionale. E anche qui ci siamo con umiltà e serietà attrezzati prendendo sul serio questa delicata fase. Con la massima trasparenza abbiamo avviato per tempo un vero processo di „Generationswechsel“ durato un paio di anni e accompagnato da una supervisione professionale esterna che ha coinvolto tutto il gruppo dirigente. Ha funzionato: il passaggio di consegne è avvenuto in un clima disteso e improntato alla massima lealtà. La patata bollente è passata a Paul Hammond, al quale va il mio ringraziamento per avere avuto il coraggio di accettare questa responsabilità. Dal 2013 io (nello stesso anno di Durnwalder) ho ceduto il timone a lui ed è per me motivo di grande soddisfazione il poter constatare che la nave alphabeta è così solida e ben costruita che ha superato senza problemi il cambio del capitano e continua a seguire la sua rotta.
 
Nel frattempo io sono ancora a bordo, do il mio contributo al progetto generale, se richiesto, e ho la fortuna di avere finalmente il tempo di dedicarmi (oltre che ai miei cari, soprattuto ai miei 5 nipotini) alla casa editrice, l’altro ramo d’azienda che porta avanti la mission di alphabeta e che alla quale sono molto legato. Per chiudere e cercare di sintetizzare quanto ho detto userò il titolo di un libro che ho scritto insieme al mio caro amico Lucio Giudiceandrea (anche lui socio di alphabeta) e che vi consiglio di leggere se volete meglio capire quello che ho detto in questo intervento.

Stare insieme è un’arte

Stare insieme tra le persone di lingua e cultura diversa non è una condizione naturale, ma un’arte da apprendere. Se ignoriamo la storia, la sensibilità e la lingua dei nostri vicini sarà difficile superare le contrapposizioni. Se invece impariamo a tenere conto del punto di vista di chi è diverso da noi, saremo pronti a cogliere tutti i vantaggi del vivere in una regione dove le culture si incontrano. Ecco, spero tanto che alphabeta abbia in tutti questi contribuito a coltivare quest’arte, e che possa continuare a farlo anche in futuro.
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Karl Gudauner Lun, 11/20/2017 - 18:26

Auseinandersetzung ermöglicht Erkenntnisse zu den Gemeinsamkeiten und den Unterschieden zwischen Sprachen und Kulturen. Sie führt uns dahin, neue Felder der Zusammenarbeit zu entdecken, also das, was uns als Gemeinschaft weiterbringt. Es ist die Anstrengung für Brückenbau und Verständigung, die letztlich auch die eigene Identität stärkt, und zwar in ihrer Vielschichtigkeit und in ihrer Prägung durch die europäische und internationale Dimension. Danke, Aldo, für deine beispielgebende Haltung und die vielen Initiativen.

Lun, 11/20/2017 - 18:26 Collegamento permanente