Cultura | LETTERATURA

NARRAMI, O MUSA, LA STORIA DI MARIO

Un racconto ispirato al personaggio di Omero, il padre di tutti i narratori, avvolto da storia, tradizione e leggenda, da luce e buio.
Avvertenza: Questo contributo rispecchia l’opinione personale dell’autore e non necessariamente quella della redazione di SALTO.
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Foto: Valentina Stecchi

Mario teme il buio: l’attimo prima di dormire, le candele terminate, i blackout, i blind concert, stampare le foto in camera oscura, i compleanni con le torte a candeline spente, quando chiudendo gli occhi gli sembra di precipitare. Ma così di fatto finisce per addormentarsi. E sogna sempre, pensa che così starà lontano dal buio. Sogna di giornate senza fine, interminabili imprese eroiche, danze multietniche, occhi che si riaprono. E con questa immagine pone vita alla sua mattina.

Non ama svegliarsi di notte, ma quella notte fu fatale. Doveva assolutamente bere, dopo la moltitudine di arachidi ingerite. Doveva bere e la collana a lampadina che indossava sempre si era rotta. Fulminata pure la luce sul comodino. Una freccia immaginaria comparì nella sua testa a indicargli l’interruttore della fonte luminosa principale. Mezz’ora dopo prese coraggio e decise di alzarsi. Una luna appena accennata non osava illuminarlo. Barcollando fece quattro o cinque passi verso il muro, tastando lo spazio accanto alla porta in cerca dell’interruttore. Che però non trovò. Non riusciva a percepirlo. Palpava e premeva le mani contro la superficie del muro ma niente. Ogni minimo movimento e rumore lo spaventavano e si intratteneva al suo appoggio. Ricercava con frenesia nel buio il tasto da premere per far cessare il tutto, i suoi pensieri, le storie non sognate che prendevano piega solo tra le tenebre. Ma nulla da fare, appena percepiva di averlo trovato, il tentativo diveniva inutile. Non riusciva più a distaccarsi dalla forma assunta con la sua pesante frenesia mentale. Arrivò persino il mattino e dunque la luce. Mario però teneva gli occhi chiusi: nella sua testa ancora il buio. Continuava a tastare con fatica. Solo il muro liscio e freddo. Umido del suo sudore. Era arrivata la luce accecante e lui ad occhi chiusi nella disperazione iniziava a scoprire i colori generati dallo sfregamento delle pupille. Arancione, fulmini di giallo, rosa immenso, verdeblurosso…

Mai percepiti così intensi. Mario si commuove. Nel piangere si lascia cadere a terra, addosso alla porta. Sbattendoci la apre, nel mentre schiude gli occhi e a testa in giù per terra vede l’interruttore. Dall’altra parte della parete. Si asciuga le lacrime, si rende conto che gli bastava aprire gli occhi, ripensa ai colori appena scoperti e per un attimo, per sbaglio, ama il buio. La sua ombra. Danza ad occhi chiusi nella commozione. Un equilibrio recente entra nella sua vita, si siede sulla scrivania e scrive. Mario scrive e riscrive del buio appena percepito. Passano i giorni e Mario decide di scrivere direttamente con gli occhi chiusi, detta all’amico ciò che vede nel buio. Scrive di viaggi, di amori, di guerre e di eroi. Così come era stato lui un eroe ad avere la forza di vincere quella paura e di raccontarla. Mario, da allora, scrive ad occhi chiusi.

TESTO DI JOANA PREZA

ILLUSTRAZIONE DI VALENTINA STECCHI