Kultur | Salto Afternoon

La ricetta di Lilli

Dobbiamo dire un convinto grazie a Lilli Gruber per “Inganno”, nuova rutilante e insieme rigorosissima opera letteraria.
Lilli Gruber
Foto: upi

In libreria da pochi giorni, dopo “Eredità” e poi “Tempesta” anch’esse tessere inquiete ma coraggiose del grande mosaico della Storia sudtirolese. Ma un “herzlichen Dank” potrebbe sfarinare nella frase fatta, nel luogo comune, nella strizzatina d’occhio: tutti approcci che all’autrice (e a noi) non piacciono affatto. Per non dire delle cosiddette “affettuosità giornalistiche “(complimenti o ammiccamenti tra chi fa questo mestiere), come ha titolato a lungo un settimanale una sua omonima rubrica.

Eppure, eppure. In questi tempi nei quali piccoli libri dedicati al Sudtirolo escono, ri-escono e vengon lodati. E dopo la lode arrivano la piaggeria e l’entusiasmo da Talent in tv o da partita di football e guai a chi critica perché allora (ri)scendono in campo gli odiatori in servizio permanente effettivo del Web. Riconoscibilissimi perché sono molto maldestri nella scrittura e nella citazione, poi perché pensano di aver ragione e infine perché ripetono come un personaggio minore di Lewis Carroll “io, io, io…..”..

Tutto questo per dire che anche ai giorni nostri esiste un Sudtirolo defilato, molto minoritario ma decisamente intollerante, volgare, masnadiero. Figlio della parte più retriva della Rete e del quale prima o poi occorrerà ragionare e scrivere. Per isolarlo, per seppellirlo (una risata basterà?), per provare ad iniziare ad azzerarlo.

Ma torniamo ad “Inganno”- Ed ecco allora che, rischiando lo stereotipo,  dobbiamo investire il libro e la sua autrice di un sentimento di gratitudine. Per il rigore e la ricerca storiografica, per la sperimentazione di quel linguaggio di “narrativenonfiction” che è per molti autori una sorta di accidentato percorso lunare. Quasi inaccessibile, quasi inaffrontabile. Ovviamente difficile solo da pronunciare.

Lilli Gruber fa eccezione. Anche se ci sembra di sentirla dire, senza alcun buonismo, che (anche) in libreria c’è posto per tutti.  Sarà anche vero, anzi è ancora giusto che sia così. Magari, però, dando la possibilità al lettore che visita una libreria o una biblioteca pubblica di trovare già “in vetrina” alcuni spunti e libri interessanti e non solo – purtroppo capita – i titoli degli amici degli amici.

Lo stile narrativo di Lilli Gruber, ormai maturo e decisamente convincente, ci piace e iniziamo a ritenerlo persino un piccolo archetipo. Anche perché gli intrecci tra fiction e non-fiction e tra racconto giornalistico e racconto tout court devono osservare un equilibrio delicatissimo. E lei, Lilli, c’è riuscita.