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Amore per la casa

Con il curatore Christoph Mayr Fingerle sulle tracce di “Amonn & Fingerle” al Museo Civico di Bolzano.
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Foto: © Archiv Bildraum

Ad un primo sguardo, l’architettura di Amonn & Fingerle può sembrare ordinaria. Nessun tetto piano, con eccezione del Garage Centrale, nessun aggetto spettacolare, nessuna finestra a nastro che salti all’occhio, niente di ciò a cui ci avevano invece abituato gli edifici del movimento moderno. In effetti, l’approccio radicale all’architettura non era nelle corde dei due architetti titolari dello studio omonimo. E forse è proprio questo il motivo per cui nella storia d’architettura più recente della nostra Provincia non si trovano molti approfondimenti sulle loro costruzioni. Ma chi erano Amonn & Fingerle e cosa hanno da dirci oggi i loro edifici?


All’inizio del ventesimo secolo Amonn & Fingerle era un importante studio di architettura, guidato da Marius Amonn, August Fingerle e Hedwig Amonn – Fröhner, attivo sia in Sudtirolo che in Austria, in Germania e in Svizzera. Come punti di riferimento aveva da un lato i circoli artistici e architettonici di Monaco di Baviera, popolati da personalità come Theodor Fischer e Carl Hocheder, il movimento dello Heimatschutz di Ernst Rudorff, il gruppo di artisti Der Blaue Reiter e, dall’altro, il movimento Arts and Crafts inglese. Nel 1904 Hermann Muthesius pubblicò i suoi tre volumi sulla casa inglese con progetti di William Morris, Philipp Webb, H.M. Baillie Scott, Charles Rennie Mackintosh e altri, che influenzarono moltissimi architetti in tutta Europa, compresi Amonn & Fingerle. I loro tratti distintivi sono infatti uno spiccato senso dello spazio e delle proporzioni, un raffinato adeguamento al contesto, ottime conoscenze tecniche e un lavoro minuzioso sui dettagli. Ne è prova – tra le altre cose – il sorprendente grado di conservazione di molte delle loro costruzioni ancora esistenti. Il luogo come momento creativo-progettuale assume un ruolo centrale nei progetti di Amonn & Fingerle. Il lavoro progettuale serve di fatto come mezzo per “leggere” il luogo ed esprimere le loro idee e  riflessioni sul tema dell’abitare. Per sapere quali siano gli elementi che formono questo luogo dobbiamo metterci alla ricerca delle loro tracce, come in un’indagine poliziesca: ogni angolo, ogni elemento progettuale e d’arredo fa parte di un insieme più grande e contribuisce a chiarire e dare forma visibile al genius loci.


I committenti erano in gran parte imprenditori privati dell’alta borghesia sudtirolese, ma anche personalità estere. Così, ad esempio, Amonn & Fingerle realizzarono una villa per il pianista polacco Ignaz Friedmann, una casa per il conte russo Aleksej Bobrinsky (entrambe a Siusi) e un ampliamento del castello Klammschlössl (Valcastello) a Dobbiaco per il conte Pietro d’ Acquarone di Verona, ministro del re d’Italia. Nonostante le ragguardevoli distanze e le ridotte possibilità di spostamento e comunicazione veloce (rispetto ad oggi) i due architetti riuscirono a realizzare numerosi progetti di alto profilo. Il loro modus operandi professionale consentì di stabilire ottimi rapporti sia con i committenti che con la mano d’opera e le ditte coinvolte nei cantieri. Si creava un clima di profondo mutuo rispetto, di reciproca stima e soddisfazione. Inoltre, il coinvolgimento di artisti locali come Rudolf Stolz, Ignaz Gabloner, Hugo Atzwanger e altri nei loro progetti divenne una specie di marchio, un plusvalore artistico molto apprezzato.


La mostra intende documentare sia l’attività svolta dallo studio di architettura sia la vita quotidiana e il contesto operativo di Amonn & Fingerle. Sono stati selezionati disegni, mobili e materiali che provengono dal loro studio, accompagnati da oggetti e documenti che illustrano la loro vita privata di tutti i giorni. Con questo mix la mostra intende di dare una impressione quali fossero le condizioni in cui si svolgevano professione e vita privata a quei tempi e di utilizzare l’architettura come occasione per „un’avventura culturale“ capace di penetrare nelle pieghe più profonde di questo periodo storico.


L’ architetto Veronika Mayr approfondisce sulla base della corrispondenza storica sull’ amicizia tra Hedwig Fröhner e Gabriele Münter nel periodo di Wassily Kandinsky e del gruppo di artisti “Der Blaue Reiter” a Monaco. Partendo dalle diverse ringhiere e maniglie disegnate e costruite con grande passione dagli architetti,  l’artista Manfred Alois Mayr instaura un dialogo con il proprio lavoro degli ultimi dieci anni. Le tre biblioteche della città, Teßmann, Civica e Claudia Augusta mettono a disposizione del visitatore una serie di libri selezionati in riferimento alla mostra. Come luogo d’esposizione si è offerto il Museo Civico di Bolzano, in quanto vide Amonn & Fingerle protagonisti della ristrutturazione dell’edificio nel 1935-1938 e coinvolti nell’allestimento della successiva mostra.