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Foto: tinoelf
Politik | Avvenne domani

Würstel e ricordi

La recente querelle germanica sulle salsicce nei banchetti ufficiali riporta alla mente immagini del passato prossimo altoatesino.

In una Germania già squassata dai venti di una campagna elettorale che promette di essere tra le più furibonde degli ultimi decenni, assume rilievo lo scontro tra innovatori e tradizionalisti che riguarda il possibile inserimento nell'elenco dei cibi serviti durante i banchetti ufficiali del vecchio e glorioso Würstel. Una Ministra di sospette tendenze vegane vorrebbe bandire definitivamente dal menu il salsicciotto. Si oppongono ovviamente le vestali di una tradizione che, tra il Reno e l'Elba, ha radici solide e antichissime. La querelle, ampiamente ripresa anche dalla stampa italiana, ha avuto l'effetto di risvegliare, in chi scrive, ricordi ormai lontani, di tempi in cui, anche dalle parti nostre qualche rapporto tra il Würstel e la politica in effetti c'era.

La storia risale a diversi decenni or sono ed ha come scenario alcuni dei congressi annuali della Suedtiroler Volkspartei. Erano tempi assai diversi da quelli odierni e i congressi della SVP, negli anni cruciali per il completamento delle norme di attuazione della seconda autonomia, rappresentavano non di rado degli appuntamenti politici di notevole valore e dall'esito non sempre scontato, tanto che, per seguirli, la robusta pattuglia dei rappresentanti della stampa locale veniva rinforzata da inviati dalla stampa nazionale o provenienti dall'estero. Erano congressi di battaglia, nei quali, a differenza di quel che avviene oggi, l'aspetto logistico e le coreografie di immagine erano ridotti al minimo indispensabile.

Negli anni 70 e nel decennio successivo i congressi si tenevano invariabilmente a Merano, preferibilmente nel grande salone del Kursaal. Negli anni in cui questo fu sottoposto ad una robusta ristrutturazione, ci si spostò presso il centro congressi della Salvar, al posto del quale oggi sono state realizzate le Terme.

La logistica, si diceva. Il congresso durava, invariabilmente, una sola giornata e i lavori non prevedevano pausa alcuna. Occorreva in qualche modo provvedere a sfamare i mille e più delegati e gli altri invitati, tra i quali i giornalisti che, come detto, non erano pochi. Tutti, dopo aver superato i controlli agli ingressi, molto rigidi e attenti nelle prime ore del mattino e poi sempre più rilassati nel corso della giornata, ricevevano, assieme alle carte congressuali, un doppio buono. Due pezzettini di carta di colore diverso (bianco e rosso par di ricordare) che davano diritto a ricevere una birra piccola è un vassoietto di cartone sul quale venivano depositati una rosetta, uno schizzo di senape e l'immancabile Würstel.

Le cose funzionavano più o meno così. Dopo un'ampia parte introduttiva si giungeva, a metà mattina, alla lettura della relazione politica da parte dell'Obmann Silvius Magnago. Subito dopo iniziava il dibattito ed in genere gli altri big del partito ci tenevano a far sentire la loro voce. Era il primo momento-chiave del congresso. Il secondo sarebbe arrivato nel pomeriggio con la presentazione, la discussione e la votazione delle varie risoluzioni, quella ufficiale, santificata dall'approvazione della Direzione o dell'Esecutivo e le altre, a volte di critica più o meno aperta o comunque variamente insidiose.

Tra questi due delicati passaggi si inseriva, nelle ore centrali della giornata, il dibattito aperto ai singoli delegati, alla base, ai semplici iscritti, che facevano valere il loro diritto di esprimere un'opinione di lanciare qualche bordata critica. Era durante questa fase che, inevitabilmente, il grande salone si svuotava quasi del tutto. Delegati e invitati provvedevano a rifocillarsi, i più approfittando, magari con qualche integrazione, del vassoietto e della birra offerti dal partito, alcuni altri concedendosi ben più lauti banchetti nei ristoranti della zona.

Con un'eccezione, immancabile.

Silvius Magnago non lasciava mai la sala, se non per quei pochissimi minuti che a tutti sono concessi. Restava al suo posto, in prima fila, anche quando attorno a lui si faceva il vuoto. Seguiva tutti gli interventi e tutti gli intervenuti sapevano che egli considerava un suo preciso dovere ascoltare ciascuno, di loro anche se poi non proprio a tutti nella replica finale avrebbe risposto.

Ad una cert'ora qualcuno gli portava il vassoietto di cartone, con il Würstel, con la rosetta, con lo schizzo di senape e Magnago mangiava lentamente, da solo, attento a non lasciarsi sfuggire nemmeno una parola.

Non so bene perché la notizia della signora Merkel costretta a rintuzzare le critiche per l'abolizione del Würstel di Stato mi abbia riportato alla mente quell'immagine di un leader, dell'uomo più potente, allora, dell'Alto Adige seduto su una sedia a sbocconcellare un panino e a mangiare un salsicciotto per non distogliere nemmeno un attimo la sua attenzione a quel che la "sua" gente era venuta a dirgli.

Di tutto questo restano solo i fili della memoria annodati a qualche ritaglio di giornale o qualche fotografia d'archivio. I congressi della SVP si tengono ancora a Merano, ma in genere sono concepiti o come pura kermesse preelettorale, o come cassa di risonanza di decisioni politiche già abbondantemente maturate altrove. Tra gli stucchi e gli ori del restaurato Kursaal, il vecchio Würstel deve subire la temibile concorrenza di sfiziosi capricci gastronomici e le bollicine della birra fanno fatica a competere con quelle liberate stappando spumanti di pregio. I giornalisti sanno che se vogliono fare il pieno di indiscrezioni e retroscena con cui rivitalizzare l'anemica cronaca ufficiale devono cercarli tra i capannelli che si formano e si rompono nell'elegante foyer.

In sala, il ricordo di una sedia vuota e di un piccolo vassoio di cartone.