Gesellschaft | Rock

Addio cavaliere di mezzanotte

In ricordo di Gregg Allman.
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Foto: upi
Non era tra i più vecchi Gregory LeNoir Allman (neppure settant’anni) eppure il suo bel nome è andato ad aggiungersi alla lunga lista di musicisti e cantanti scomparsi negli ultimi diciotto mesi.
Non era tra i più vecchi, però il fisico non se lo aveva certo risparmiato nei cinquant’anni di vita spericolata al servizio di quel cliente scomodo che è il rock’n’roll: vizi e abusi hanno caratterizzato la vita (e la morte) di molte rockstar, Gregg Allman è tra quelli che non si sono fatti mancare nulla a livello di droghe ed alcol ed evidentemente il trapianto di fegato a cui si era sottoposto qualche anno fa non è servito ad allungargli la vita più di tanto.
Peccato. Peccato perché con ogni probabilità Gregg aveva ancora qualcosa con cui stupirci a livello musicale, da un po’ girava voce che fosse di nuovo al lavoro in studio per consegnarci il seguito del suo ultimo lavoro solista – uno dei suoi migliori – uscito nel 2011, proprio poco dopo il suddetto trapianto.
Ma Gregg, più che per la sua altalenante carriera come solista è e rimarrà famoso per essere stato uno dei fondatori dell’Allman Brothers Band, gruppo epocale e irrinunciabile che ha guidato, con qualche pausa, dal 1969 al 2014, anno dello scioglimento. Gruppo che aveva fondato insieme al fratello Duane, scomparso nel 1971 a causa di un drammatico incidente motociclistico.
Gregg Allman dell’Allman Brothers Band era soprattutto la voce, all’occorrenza un chitarrista acustico, ma era anche un raffinato ed ispirato autore, ed un dotato tastierista che seduto dietro il suo organo Hammond ha contribuito non poco a rendere caratteristico il sound di una formazione passata alla storia in particolare per le chitarre.
L’Allman Brothers Band è stata una band fortemente alchemica caratterizzata dall’equilibrio tra i suoni di chitarra (sia che ad imbracciare le sei corde fossero Duane Allman e Dickey Betts, i due chitarristi delle origini, o i loro successori Dan Toler, Warren Haynes, Jimmi Herring, Derek Trucks), dalla possenza della sezione ritmica, dall’altalenarsi tra le canzoni più blues composte da Gregg o quelle più virate verso il country firmate da Dickey Betts, dalla capacità dell’Hammond – suonato appunto da Gregg – di insinuarsi e sottendere trame penetranti dalla bellezza indiscutibile. E ancora l’alternanza tra canzoni allo stato puro, composte con un talento inestimabile, e lunghe improvvisazioni strumentali dalla perfezione indescrivibile in cui ciascun componente del gruppo era in grado di ritagliare al proprio strumento un momento di gloria.
Ecco, il Gregg Allman di cui le tracce non si potranno mai perdere è proprio quello dei dischi in gruppo; e andando maggiormente nel particolare i dischi dal vivo, la dimensione in cui l’Allman Borthers Band riusciva a dare il meglio di sé. I titoli a riguardo sono numerosi, ma At Fillmore East, terzo disco del gruppo, è uno di quei dischi di cui non riuscirei a fare a meno, ed è anche uno dei più bei live dell’intera storia musicale degli ultimi cinquant’anni. Forse il più bello. Non sono certo io il primo a dirlo, ma pensateci bene.
Neppure i Grateful Dead, famosi anche più dell’Allman Brothers Band, hanno mai fatto un live di questa qualità ed importanza. E i nomi storici del rock, quelli più venduti o celebrati? Che grandi live hanno fatto?
No, fidatevi, nessuno ha un live degno di questa bellezza. Qualcuno un live decente non lo ha nemmeno. Tipo i Beatles.
E i Rolling Stones? Loro di live ne hanno tanti, alcuni bellissimi, e i loro concerti sono fantastici, ma un disco del livello di At Fillmore East non sono mai riusciti a farlo. E non c’è un live del genere neppure nella storia di Led Zeppelin, Who, Pink Floyd, Queen.
Ma che dire poi del Gregg Allman cantante? Una voce ineguagliata. Un cantante bianco dalla voce ricca di sfumature impensabili, sia che affrontasse classici della black music sia che si cimentasse con brani autografi. Una canzone su tutte (ma ne ha firmate decine di bellissime): Midnight Rider, tanto bella da essere stata ripresa da molti colleghi, da Stephen Stills a Patti Smith, passando per la versione bluegrass di Wayne Stewart & Friends, per Waylon Jennings, Bob Seger e Richie Sambora (ma l’elenco potrebbe continuare per molto).
 
 
Una voce ineguagliata. Un cantante bianco dalla voce ricca di sfumature impensabili, sia che affrontasse classici della black music sia che si cimentasse con brani autografi.
“Che voce, che perdita!” mi ha scritto su Whatsapp un amico americano domenica scorsa a commento della dipartita di Allman. Parole che non posso che condividere appieno.
Per chi fosse assetato di gossip Gregg Allman sarà quello del burrascoso e breve matrimonio con Cher nella seconda metà degli anni settanta; per i curiosi ci sarà il Gregg taciturno interpete del nfilm noir “Effetto allucinante”, ma per chi badasse al sodo e non sapesse come districarsi nella sua lunga carriera e produzione, il consiglio è di cominciare col già citato At Fillmore East, proseguendo poi con Hittin’ The Note, il più recente contributo di studio dell’Allman Brothers Band, con il disco d’archivio contenente uno strepitoso concerto radiofonico del 1971 (uno degli ultimi del gruppo prima della scomparsa di Duane) e col DVD live filmato qualche anno fa al Beacon Theater di New York. Per quanto riguarda il Gregg solista sono imperdibili il primo disco, Laid Back e il recente Low Country Blues (struggente e ispirato come non mai, basato su riletture di classici di gente come Skip James e “Sleepy” John Estes).
Se poi volete calarvi in una delle storie di eccessi e di puro rock’n’roll più avvincenti di sempre, c’è un libro pubblicato dalla fiorentina Tarab negli anni novanta, si intitolava Allman Brothers Band- I cavalieri di mezzanotte …non sarà facile da recuperare ma ne vale la pena, a meno di non affrontare altre pubblicazioni analoghe e bellissime edite però solo in lingua inglese.
Buona ultima cavalcata Gregg… anche se ora starai scorrazzando per le celesti praterie, di nuovo in compagnia di Duane, la tua voce calda e appassionata continuerà a scaldarci i cuori, stanne certo.