Gesellschaft | INCLUSIONE

Per non lasciare nessuno solo

Sabine Bertagnolli racconta la sua esperienza con la sfera della disabilità in famiglia e nel mondo della scuola: “È fondamentale supportarsi e chiedere aiuto.”
Sabine Bertagnolli
Foto: Bertagnolli

La condivisione delle proprie esperienze e una corretta informazione possono creare luoghi di incontro e di inclusione, soprattutto quando si parla di un tema delicato come quello della disabilità dove, spesso, l’ignoranza può giocare un brutto scherzo.
Sabine Bertagnolli svolge attualmente un’attività di consulenza rivolta a chi, avendo un parente con disabilità, trova difficoltà ad andare incontro alle diverse situazioni a cui si può essere costantemente sottoposti.
 

La sua esperienza al servizio degli altri

Il rapporto di Sabine con la disabilità nasce con l’arrivo di Matteo, suo figlio, che fin dalla nascita convive con una malformazione celebrale molto rara che lo obbliga a stare in sedia rotelle. “Come per una qualsiasi circostanza nuova e quindi, prima di allora, sconosciuta, anche con la disabilità ci si sente persi ed estremamente vulnerabili. Si entra a far parte di un settore che non si conosce e, ad una prima impressione, ci si sente soli” inizia a spiegare Sabine Bertagnolli.
“I tanti stimoli ricevuti e le diverse modalità, che mi hanno consentito di affrontare le problematiche, hanno fatto nascere in me il desiderio di condividere il mio vissuto con gli altri: tutta la sofferenza, tutto ciò che si impara, poteva essere utile per alleggerire le vite altrui.”
Ed è così, allora, che nel 2008, Sabine e suo marito, danno vita all’associazione Amigos de Matteo che si pone come obiettivo principale quello di far conoscere il mondo della disabilità, abbattendo ogni forma di muro e pregiudizio.


Da Bolzano a Capoverde

La coppia, appassionata di surf, svolge le proprie vacanze di famiglia in una delle mete più ambite dai surfisti: l’isola di Boa Vista. “Girando per le baraccopoli – racconta Sabine – ci siamo accorti che gli abitanti del posto non conoscono cosa sia la disabilità, nonostante la presenza di persone con disabilità. Qui, siamo riusciti ad entrare in contatto con alcuni di loro e, dopo aver visto chi necessitava di aiuto, abbiamo deciso ci portare dall’Italia alcune sedie a rotelle.”
Non tutto però sembra facile come sembra perché, nonostante le ottime intenzioni, la loro azione non sembra star bene a tutti…
“A causa delle numerose sedie a rotelle – continua Sabine – i controllori in aeroporto non ci volevano lasciare passare; allora abbiamo insistito con la scusa delle necessità di Matteo, e così siamo riusciti a portare a termine il nostro intento. Successivamente, abbiamo fatto una lista di tutte le persone con disabilità presenti sull’isola, organizzando anche un incontro con una fisioterapista italiana.”

Per quanto riguarda il mondo altoatesiono, l’obiettivo di Sabine è chiaro: “Volevo impegnarmi per sfatare il mito del ragazzo disabile ‘poverino’ di fronte agli sguardi degli altri. Il fatto di documentare la nostra storia e renderla pubblica è finalizzato proprio a evidenziare che la disabilità va vissuta, e che con i ragazzi disabili si può diventare amici e divertirsi. Sono convinta che sia necessario concepire le persone con disabilità e quelle normodotate in una unica grande sfera, senza differenziarle.”

 

Il muro dell’aiuto

“In un primo momento - all’arrivo del fenomeno della disabilità in famiglia - si pretende che gli altri vengano ad aiutarti senza, però, chiedere aiuto. Si vorrebbe essere aiutati, ma chi ci sta intorno, spesso, non sa come venirci incontro. Bisogna avere il coraggio di chiedere aiuto: la nostra esperienza e le nostre attività famigliari hanno fatto sì che intorno a Matteo si creasse una vera e propria rete di aiuti reciproci.”

 

Tra lockdown e DAD

“Avere un ragazzo con disabilità, come Matteo, in casa, 24 ore su 24, per un lungo periodo, è pesante. Durante i diversi lockdown abbiamo dovuto adattarci alle esigenze di Matteo: dalle sedute di fisioterapie a distanza, alla logopedia, fino alla didattica a distanza. È proprio in un momento di difficoltà che mi è venuta in mente l’idea di rafforzare la rete degli amici di mio figlio, creando ‘Quarantenaland’. Abbiamo svolto diversi incontri online con la presenza di tanti ragazzi normodotati che facevano compagnia, ogni pomeriggio, ai ragazzi con disabilità.”
A prestarsi per qualche pomeriggio sono state anche le atlete Tania Cagnotto e Carolina Kostner, con le quali i ragazzi hanno potuto dialogare per diverse ore.


Come abbiamo già evidenziato più volte: nella primavera del 2020, su oltre 3000 insegnanti il 36% dei docenti intervistati indicava che i suoi studenti con disabilità non avevano potuto partecipare alla formazione a distanza durante il primo lockdown; per circa il 20%, essi erano stati seguiti esclusivamente da insegnanti di sostegno e non avevano avuto alcun contatto con il resto della classe.

Salto.bz: Come avete vissuto voi il periodo di DAD?
Sabine Bertagnolli: In un primo periodo non è stato attivato alcun servizio da parte della scuola, successivamente sono nate le ‘scuole d’emergenza’. Dopo una lunga quarantena passata esclusivamente in casa, serviva ricominciare ad uscire. In questo senso la collaborazione con la struttura dell’A.I.A.S., dove gli studenti con disabilità potevano stare durante l'orario scolastico, è stata una boccata d’aria per tutti.


Un auspicio per il prossimo anno scolastico?
Quello che ci auguriamo per settembre è che venga garantita la scuola in presenza, e vengano tutelate, non solo gli studenti con le disabilità gravi ma anche, le persone con disabilità più lievi.
Anche se la DAD non è stata tutta negativa e penso che dalle situazioni più complicate si impari sempre qualcosa. Ad esempio, Matteo “grazie” alla DAD ha imparato ad interagire con gli amici attraverso il computer, ed ora vede frequentemente gli amici dallo schermo. Voglio ricordare, però, che la didattica in presenza è fondamentale, soprattutto per non vivere nella solitudine.
 

E poi c’è il mondo del lavoro… un appello da lanciare?
Bisogna dare la possibilità alle persone con disabilità di entrare nel mondo lavorativo tramite assunzioni mirate o stage lavorativi. Questi danno, ai ragazzi, la possibilità di provare a lavorare e, ai datori di lavoro, grandi soddisfazioni. Oltretutto l’attività è finanziata dalla Provincia.