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Un mondo a parte

Strane storie dalla vita di un figlio unico che sta per diventare anziano, dice il sottotitolo del bel volume “Einen Schritt daneben” di Klaus Richter
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Foto: upi

Oggi scrivo di un libro in tedesco, uscito da poco presso l’editore tedesco Schiler & Mücke di Berlino/Tubinga e che ho letteralmente divorato: Ein Schritt daneben di Klaus Richter. Un passo a parte, o meglio “un mondo a parte”, si potrebbe dire in italiano, per rendere omaggio a quanto descritto in tredici racconti brevi ambientati in una Germania di altri tempi. Altri tempi, nemmeno troppo lontani, visto che si spazia dagli anni cinquanta della sua infanzia, agli anni sessanta degli anni di studi presso la Filmhochschule di Monaco e gli anni settanta e ottanta, quando aveva iniziato a lavorare dapprima come regista e poi come sceneggiatore, nel cinema e nella televisione tedesca. Morto poco tempo prima di decidere di pubblicare questi racconti, come apprendiamo nella postfazione a cura di Herbert Fell, un caro amico, i quali di fatto avrebbero dovuto diventare molti di più. Era un work in progress, dunque, di cui sono rimaste alcune tracce tra appunti e qualche titolo accennato, per raccogliere memoria personale, la quale nelle sue mani è diventata al contempo memoria storica generale. Già il primo, intitolato Alta Moda, ci fa entrare nel suo mondo - o meglio nel mondo creato dal suo sguardo attento, ironico e caloroso, con cui osserva i personaggi che popolano questi racconti. Personaggi per noi, persone reali della vita vissuta per lui.

 

Sta qui la grandezza di Klaus Richter che impariamo a conoscere a tutto tondo lungo le 241 pagine dato che non solo egli ci rende partecipi della sua infanzia ad Amburgo all’interno di una famiglia piccolo-borghese in un quartiere popolare, ma ci narra anche le vicende alquanto interessanti dal punto di vista socio-politico del suo lavoro per la Siemens nel racconto dallo strano titolo Hundeloh, il cognome di uno dei consulenti contattati durante le ricerche eseguite per girare un documentario che doveva essere sul tema “Umanizzazione dei metodi di lavorazione” quando invece tutto era orientato (già allora, vien da dire, visto che si tratta di uno dei primi progetti cui aveva lavorato poco dopo aver finito gli studi alla scuola di cinema) verso una maggiore razionalizzazione e quindi al licenziamento. Lo fa con spirito acuto e tanti dettagli che vanno a formare l’insieme nella testa del lettore, Klaus Richter, anima critica e di grande impegno nel suo lavoro (sue le sceneggiature di Comedian Harmonists del 1994, di Jud Süß – Film ohne Gewissen di Oskar Roehler - presentato alla Berlinale 2010 -, in cui si racconta la storia della lavorazione del film antisemita per eccellenza Jud Süß, appunto, sulla base del volume dello storico del cinema Friedrich Knilli, Ich bin Jud Süß, e di recente aveva scritto la sceneggiatura per Der Trafikant di Manfred Riepe con Bruno Ganz e l’ultimo, cui aveva collaborato prima di morire, Enfant terrible sempre dell’amico Oskar Roehler, sulla vita del grande regista tedesco Rainer Werner Fassbinder, film che avrebbe dovuto – o forse riesce a - uscire nelle sale tedesche nel mese di maggio 2020).

Alta Moda narra di come lo stesso Richter sia caduto vittima di un venditore italiano di completi di alta moda falsi, acquistandone due al notevole prezzo di 1.500 euro! Elektra ci fa entrare nei primi anni di studi a Monaco, dove aveva preso una camera in subaffitto da una donna, sola e alcolizzata con crisi depressive che le facevano passare momenti di gioia esagerata e altri di pesante melancolia. Questa donna era amante della lirica, conosceva di persona il giovanissimo Werner Schroeter, altrettanto appassionato di lirica, soprattutto della sua “genia” Maria Callas, per cui nel mezzo di una notte piomba in stanza del nostro giovane Richter con un ellepi (i dischi a 33 giri in vinile) in una mano e una bottiglia di vino nell’altra. Lui che l’indomani aveva un importante esame ha dovuto così non soltanto ascoltare l’Elettra, no, la donna aveva portato con sé anche il libretto scritto da Hugo von Hoffmansthal, dal quale citava con enfasi i testi, mentre per il gran finale cantava a squarciagola e danzava in mezzo alla stanza, non curante del secondo ospite in subaffitto che dormiva nella camera accanto. Non seguiamo unicamente questa storia, però, perché Richter – come in quasi tutti gli altri racconti - cita in mezzo a questi fatti date importanti per la Storia della Germania: qui il 27 aprile 1972, in cui la mozione di sfiducia nei confronti di Willy Brandt era stata respinta dal parlamento.

 

Nel Requiem für einen Komplizen (Requiem per un complice) descrive la sua amicizia e successiva stretta collaborazione fino alla morte nel 1989 dello scrittore e sceneggiatore Ulf Miehe, autore del bestseller Ich hab noch einen Toten in Berlin del 1973, tradotto in diverse lingue e da cui fu fatto un film nel 1976: Output di Michael Fengler. Divertente è Beste Freunde (Migliori amici) in cui ci serve pillole della sua vita da ragazzino dodicenne, quasi sempre solo, con l’amico tredicenne, Peter, le sue avventure e disavventure nel bar sotto casa che era diventato il suo soggiorno, e la fuga in bicicletta con l’amico in monopattino verso Nord – senza pensare a eventuali preoccupazioni da parte dei loro familiari, quando sarebbero tornati a casa la sera tardi, a notte inoltrata, ormai. A questo racconto segue Deutschland in zehn Gängen (Germania a dieci cambi), in cui sotto forma di diario descrive il suo giro in bicicletta da Monaco fino alla natìa Amburgo compiuto nel 1979 all’età di 35 anni, perché da sempre si era dichiarato contro il possesso di una macchina e già allora fu consapevole che di lì a poco il suo inizialmente molto criticato stato di “socialmente inferiore” sarebbe presto mutato in un’ampia condivisione da parte di tanti scatenando vere e proprie ondate di ciclisti in giro per le città e le strade della Germania. Qui fuoriesce dalla metropoli di Monaco e illustra la vita nei paesini, lungo il percorso che in alcuni punti passa (ancora) molto vicino alla ex frontiera con la ex DDR, ossia la Repubblica Democratica tedesca.

La sua faccia simpatica ci sorride dalla foto in bianco e nero posta sopra le poche righe che narrano che è nato ad Amburgo nel 1943 e che è stato autore, giornalista e lettore: ha persino un occhio chiuso, come a farci l’occhiolino per dire che ne potrebbe raccontare tante altre di quelle storielle… Chiudiamo dicendo che sarebbe bello, se un editore italiano ne facesse uscire la traduzione in italiano. Vale la pena conoscere quella brillante comicità combinata con informazioni storiche e il suo profondo sguardo di grande umanità.