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Politik | Avvenne domani

Madama preferenza

Considerazioni sparse su uno degli strumenti con i quali, il 21 ottobre prossimo, verrà disegnato il profilo del prossimo Consiglio provinciale altoatesino.

L'ultima di queste noterelle settimanali trattava, come forse qualcuno ricorderà, del quorum elettorale, strumento essenziale, quando si voti con una legge proporzionale come quella che governerà alle prossime elezioni provinciali del 21 ottobre, per stabilire l'assegnazione dei seggi in palio a ciascuno dei partiti in lizza.

Il discorso, tuttavia, non sarebbe completo se non dedicassimo qualche riga alla fedele compagna del suddetto quorum: madama preferenza.

Se infatti il quorum è lo strumento matematico con il quale si arriva a definire la spettanza dei posti disponibili in un'assemblea elettiva, la preferenza è l'elemento che consente di dare un nome e un volto a coloro che su quegli scranni andranno a sedere.

Mentre per definire il quorum abbiamo però dovuto addentrarci in un calcolo matematico di una certa complessità, la preferenza è di facile ed immediata comprensione. Ecco cosa prevede in proposito l'articolo 43 della legge provinciale 19 settembre 2017 che ha rivisto totalmente il sistema elettorale per le provinciali: "Ciascun elettore ha diritto, inoltre, di esprimere quattro voti di preferenza per i candidati alla carica di consigliere provinciale compresi nella lista da lui votata. Il voto di preferenza si esprime scrivendo con la matita copiativa il cognome e, se necessario, il nome e il cognome dei candidati nelle apposite righe accanto al contrassegno della lista prescelta. Qualora il candidato abbia due cognomi l’elettore nel dare la preferenza può scriverne solo uno. L’indicazione deve contenere entrambi i cognomi, quando vi sia possibilità di confusione fra più candidati, e all’occorrenza data e luogo di nascita. L’indicazione delle preferenze non può essere fatta scrivendo invece dei cognomi, i numeri con i quali sono contrassegnati nella lista i candidati preferiti. Sono vietati altri segni o indicazioni".

In linea generale si può ben sostenere che, sempre in un sistema elettorale proporzionale, la preferenza rappresenta il massimo livello di democraticità. All'elettore è concesso infatti di fare una scelta politica di fondo (ideologica verrebbe da dire, se ancora esistessero le ideologie) con il voto dato al partito, ma anche di esprimere, nell'ambito di questo, il suo favore verso uno o più candidati specifici. Tutto vero, se non fosse che proprio quest'ultima caratteristica è quella che, nel corso del tempo, si è dimostrata purtroppo la più idonea a consentire la perversione delle scelte elettorali, con il condizionamento di forme clientelari di ogni genere e perfino, in alcune zone, il cosiddetto voto di scambio e perfino la gestione diretta dei flussi elettorali da parte della criminalità organizzata.

Proprio sulla base di queste considerazioni, in tempi recenti, la preferenza è stata considerata come uno strumento elettorale datato e pericoloso ed è stata praticamente cancellata, sostituita con le cosiddette liste bloccate. All'elettore non resta che esprimere il suo consenso ad uno dei partiti ma gli eletti saranno stati predeterminati dai vertici del partito stesso secondo l'ordine di inserimento in lista.

Un paradosso politico che ha provocato e provoca furibonde discussioni e polemiche a non finire, ma che non sfiora evidentemente le nostre elezioni provinciali saldamente ancorate al vecchio proporzionale con quattro preferenze per ogni scheda.

È ovvio che questa possibilità concessa al relatore finisce per condizionare in maniera abbastanza rilevante l'intera battaglia politica che attorno alle elezioni ruota. È come se, in campagna elettorale, si combattessero due guerre parallele ma ben distinte. La prima, quella naturale, è tra i partiti che si presentano per ricevere voto degli elettori. La seconda, spesso celata dietro la prima ma a volte anche più feroce, è quella che vede i candidati delle singole liste battersi per conquistare il maggior numero di preferenze possibili ed ambire quindi ad occupare uno dei seggi che il loro partito riuscirà a strappare.

È un fenomeno che ovviamente si presenta in modo più rilevante quando si osservino partiti di taglia medio-grossa, che possono quindi aspirare a conquistare diversi seggi. Nel caso altoatesino l'esempio classico è quello della Suedtiroler Volkspartei. Alle provinciali del 2013 riuscì ad ottenere 17 seggi, che andarono ovviamente ai candidati che erano riusciti a strappare il maggior numero di preferenze, mentre altri 18 esponenti inseriti in lista rimasero a bocca asciutta. Il maggior numero di preferenze andò al capolista nonché candidato ad essere poi eretto Presidente della Giunta provinciale Arno Kompatscher, il cui nome fu segnato sulla scheda da ben 81.117 elettori. Risultato ragguardevole, ma lontano dai record stabiliti nelle elezioni precedenti da quel campione di preferenze che fu Luis Durnwalder, il quale, nelle elezioni del 1998 e soprattutto in quelle del 2003,  riuscì a sfondare il muro delle centomila preferenze, polverizzando anche i record conquistati a suo tempo da un leader carismatico come Silvius Magnago. In un partito come la SVP, tuttavia, accanto alla capacità degli esponenti di maggior spicco di calamitare consensi, riveste un'importanza ancora maggiore la battaglia che si combatte nelle immediate retrovie. Ognuno dei 35 candidati può legittimamente aspirare ad essere eletto e quindi la caccia alle preferenze è veramente colossale e si svolge sia sul piano della propaganda individuale che con la mobilitazione dei vari gruppi di interesse. Nella SVP, come ben noto, non esistono in teoria le correnti, ma è istituzionalizzata la presenza dei vari gruppi di interesse, le cosiddette "Richtungen" che raccolgono gli scritti sulla base di interessi economici e professionali: dalla maggiore, quella dei contadini organizzati dal Bauernbund" a quelle che rappresentano il mondo economico, i giovani, le donne, gli anziani e i lavoratori dipendenti.

Ognuno di questi soggetti gioca un ruolo fondamentale nella costruzione del consenso elettorale, ma anche nella promozione dei singoli candidati, con un'incidenza finale, sul risultato del voto, che è probabilmente maggiore di quella esercitata dalle strutture centrali e locali del partito, che pure hanno un loro ruolo di rilievo nella formazione della lista.

Il caso SVP è comunque del tutto isolato nel panorama politico altoatesino e probabilmente anche in quello italiano. La normalità, nel quadro elettorale che va a comporsi in vista delle provinciali del 21 ottobre prossimo è data da partiti di taglia medio piccola che a volte possono aspirare al massimo alla conquista di quattro o cinque seggi ma che è molto più spesso devono accontentarsi di entrare in consiglio con uno o due rappresentanti.

Qui il discorso delle preferenze diviene assai diverso. Le forze politiche che possono comunque sperare nella conquista di alcuni seggi presentano di solito una testa di lista con i candidati di maggior spicco, cui fa seguito un certo numero di militanti o di sostenitori più o meno legati alla forza politica in questione, il cui ruolo è chiaramente quello di rastrellare consensi per permettere l'elezione dei capilista. Si tratta, ovviamente, di una situazione che non viene mai definita pubblicamente in maniera esplicita, ma che nasce dalla concreta realtà. Vengono a formarsi, in questo modo, delle piccole "cordate" nelle quali uno degli aspiranti all'elezione viene sostenuto e accompagnato da altri candidati che hanno il compito, per usare una metafora ciclistica, di tirargli la volata.

La situazione si ripresenta, in termini ancor più accentuati, nell'ultimo tipo di vista politico-elettorale possiamo rintracciare nel panorama che ci si presenta in vista delle elezioni ad ottobre: quella guidata, controllata, dominata da un solo leader. È un tipo di struttura politica che, con lo sfaldarsi progressivo dei grandi partiti di massa, è divenuta più comune di un tempo. Anche in questo caso, in genere, non vi  è mai un'ammissione esplicita del fatto che tutta la lista è orientata ad assicurare l'elezione dell'unico capolista. La logica della propaganda elettorale vuole che anche la formazione politica più minuscola prospetti per sé risultati mirabolanti. In occasione di qualcuna tra le precedenti tornate elettorali provinciali mi è capitato di pensare che se si fossero realizzate le previsioni di tutte le liste in lizza, l'aula consiliare non sarebbe bastata ad accogliere tutti gli eletti e le sedute si sarebbero dovute tenere sulla piazza antistante l'edificio che ospita il consiglio. In realtà i seggi in palio sono e restano 35 e molte delle speranze lanciate come fuochi d'artificio nelle settimane precedenti il voto sono destinate a spegnersi, all'alba del 22 ottobre, sotto la doccia fredda dei risultati elettorali.