Gesellschaft | Gastbeitrag

“Priorità alla scuola”

Immaginare il futuro. Va bene concentrarsi sulle misure sanitarie anti-Covid negli istituti scolastici ma c’è tanto altro da considerare. Una riflessione.
Scuola
Foto: upi

In questi giorni sembra che il tema della scuola stia finalmente occupando il dibattito pubblico, dopo un lungo e forse colpevole periodo di latitanza.
Serpeggia, però, sottotraccia, il desiderio di normalizzare un anno non normale. Ciò che sorprende è che ci si concentri, soprattutto a livello locale, quasi esclusivamente sulle misure sanitarie da predisporre, che sicuramente sono indispensabili, ma non esauriscono certamente le problematiche scolastiche. C’è tanto altro da considerare. Elenco qui alcune delle tematiche che, secondo me, andrebbero affrontate.

  1. Sarebbe interessante far parlare i soggetti (alunne/i, insegnanti, genitori) che hanno vissuto la complessa esperienza della scuola al tempo della pandemia. Ciò avrebbe un valore educativo, cognitivo e sociale. Permetterebbe ad alunne/i di fare teoria, nel senso di sistemare, un’esperienza vissuta sulla propria pelle, che può, se non elaborata, produrre effetti negativi sulla psiche. Inoltre, se è vero che la mancanza della scuola è stata fortemente avvertita a tutti i livelli, forse è giunto il momento di aprire un’approfondita riflessione sull’effettivo ruolo e  sul valore centrale della scuola nella nostra società e nelle nostre esistenze.
  2. Uno dei pensieri più interessanti durante la clausura è stato quello che individuava una delle possibili “lezioni” del virus: la ricerca dell’essenziale nella vita, riducendo il superfluo. Nella scuola ciò potrebbe essere declinato incominciando ad eliminare ciò che non serve, quando non è dannoso. Penso alla burocrazia asfissiante, ma anche a tutte le energie perse per trovare il miglior metodo di misurazione degli apprendimenti, confondendo il mezzo con il fine. Quando i migliori sforzi dovrebbero essere spesi per creare ambienti stimolanti, relazioni adatte all’apprendimento e per la ricerca continua e approfondita di metodologie efficaci di lavoro, partendo dalla preziosa esperienza delle/dei docenti sul campo. La scuola avrebbe bisogno di luoghi di elaborazione e di tempi distesi dedicati a creare teorie, non importate e giustapposte, ma che nascono dal confronto e dalla creazione di un orizzonte condiviso.
  3. Viene in questi giorni denunciato il crescente divario tra studenti, appartenenti a classi sociali più o meno agiate, che la scuola a distanza ha solo accentuato, perché era preesistente al virus. In questi anni, anche nel nostro territorio, ha prevalso la logica economica del risparmio sulla scuola e delle riforme a costo zero. Quante riforme sono state vanificate in nome delle compatibilità economiche e politiche, anche nella nostra Provincia, che non potevano essere messe in discussione, come fossero articoli di fede! Penso concretamente all’esperienza molto positiva, che incominciava a dare i suoi frutti, delle copresenze e dei progetti interdisciplinari negli istituti professionali, svaniti perché non era ritenuto possibile un ampliamento dell’organico. E’ chiaro che non si può  realizzare  senza sostanziosi investimenti il principio di equità su cui si fonda il diritto allo studio costituzionalmente sancito. E la scuola deve ridiventare lo strumento correttivo delle disuguaglianze sociali, come in parte incominciava ad avvenire negli anni ’60.
  4. Infine il tema della cura, su cui hanno riflettuto molti pensatori soprattutto in questo periodo così difficile per tutti. Abbiamo vissuto una specie di trauma, di rottura di un ordine che avevamo percepito come stabile. Forse in questo squarcio c’è “una carica potente di verità” (Claudia Baracchi, Uomini e profeti, radio3 -4.07.2020) che ci permette di guardare il futuro “altrimenti”, di pre-occuparci del mondo, avendone cura, soprattutto di ricordarci il nostro dovere verso le nuove generazioni nell’inesausta domanda: che cosa succede dopo di noi?