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"Software libero, strumento democratico"

L'economia del web usa i nostri dati come merce di scambio. Luigi Gubello, hacker etico della piattaforma Rousseau, alla Free Software Conference: "Ecco come difendersi".
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Foto: Unsplash
Il suo nome d'arte, Evariste Galois, è diventato famoso dopo che nel 2017 ha scoperto e denunciato sul blog #Hack5Stelle una vulnerabilità critica della piattaforma Rousseau. Tradotto: lo strumento informatico con cui Movimento 5 Stelle affermava di esercitare la democrazia diretta aveva una falla, e dunque i risultati dei sondaggi online potevano essere manipolati. La conseguenza della segnalazione partita dal 28enne veneto Luigi Gubello, studente di matematica ed esperto di sicurezza informatica, non è stata però un sentito “grazie” da parte dell'Associazione. La denuncia – poi  ritirata - per accesso abusivo a un sistema informatico (in pratica, per hackeraggio) gli ha fatto passare diverse notti insonni, con la prospettiva di una condanna a tre anni di reclusione. E ha dimostrato una difficoltà diffusa a tutti i livelli di distinguere l'operato di un “hacker etico” - che mira a svelare le falle del sistema e le cui denunce sono la migliore garanzia per la privacy e la libertà dei cittadini – e i veri e propri attacchi informatici. A conferma di quanto denunciato da Gubello, a seguito della sua segnalazione il Garante della privacy aveva multato per 50.000 euro l'Associazione Rousseau per le vulnerabilità presenti sulla piattaforma.

Candidatosi con il Partito Pirata alle scorse elezioni per il Parlamento di Bruxelles, Gubello ha un obiettivo: portare la questione digitale in Europa

 
La vicenda, così come gli articoli di analisi che Gubello pubblica sul suo blog www.gubello.me e su altri siti d'informazione, lo hanno portato a specializzarsi in un tema legato a doppio filo con la libertà e la democrazia: la manipolazione dell'opinione pubblica online attraverso i social network da parte dei partiti politici, con l'obiettivo di influenzarne le scelte elettorali. Che l'argomento sia centrale l'ha capito anche la Commissione europea, che nel 2016 ha approvato il GDPR o General Data Protection Regulation, la normativa europea in materia di protezione dei dati entrata in vigore il 25 maggio 2018. Pur non condividendo del tutto i contenuti del GDPR (in particolare afferma di dissentire sugli articoli art. 15 e 17, ex art. 11 e 13), Gubello si è candidato – senza successo – all'ultima tornata elettorale per il Parlamento di Bruxelles nelle file del Partito Pirata. Obiettivo: “Portare la questione digitale in questa campagna elettorale, e magari in Europa”.

Il software libero è lo strumento per riscrivere l'economia di Internet basata sulla raccolta dei dati: il tema trattato da Gubello al centro della Free Software Conference di Bolzano

 
Secondo Gubello i correttivi a questo sistema sono molto concreti, reali e a portata di tutti. Ne parlerà a Bolzano il prossimo 15 novembre nel primo giorno della 19esima Free Software Conference al NOI Techpark, la due giorni che trasformerà l'Alto Adige nella capitale europea del software libero con oltre 100 talk su "Open Data Hub, Analytics & Artificial Intelligence", "DevOps & Cyber Security", "IoT & Robotics", "Contributing to FLOSS & OW2", "Open Data Hub & Smart Cities" e "Cultural Change", a cui si affiancheranno track dedicate alle tematiche dell’Agile Open Innovation e della Free Software Foundation Europe community (FSFE). «L'economia dei servizi Internet ruota attorno alla raccolta e all'analisi dei dati con l'obiettivo di generare profitto. Per sopravvivere in questo tipo di Internet, dove la valuta principale sono i dati degli utenti, è importante fidarsi del prodotto che utilizziamo. Come? I software open source possono rappresentare una parziale soluzione al problema perché mettono in condizione gli utenti di vedere come vengono gestiti i loro dati» spiega Gubello. Le alternative agli ecosistemi a cui tutti siamo abituati (Apple, Google, etc.) sono le piattaforme open source, potenzialmente un ecosistema parallelo o addirittura alternativo. Gli esempi portati da Gubello sono Tor Project, Mastodon (esempio di social network decentralizzato e open source), Wire (esempio di messaggistica criptata e open source che però unisce all'opzione gratuita anche un'opzione a pagamento, mostrando quindi come si può fare impresa anche condividendo i sorgenti) e Bitwarden (password manager open source con una versione gratuita e una a pagamento).

Si parla spesso di fake news, bot, cyberbullismo, hate speech e trattamento dei dati, come se fossero tutti espressione dello stesso grande fenomeno ed esistesse una formula generale per risolverli tutti, ma non è così

Non bastasse il quadro sin qui tratteggiato, Gubello è consapevole che i nodi legati all'uso di internet non si fermano però alla privacy e alla manipolazione dei dati personali. E la sua battaglia è da un lato contro l'ignoranza, dall'altro per una maggiore responsabilità nell'utilizzo di profili social, specialmente da chi (politici, attori, influencer) ha grande seguito e può avere un enorme impatto sulla platea digitale alla quale si rivolge. “Spesso internet e social network sono diventati sinonimi, e con social network si intendono Facebook, Twitter, Instagram, Youtube e WhatsApp, insomma solo le piattaforme più diffuse in Italia, escludendo quasi automaticamente il resto. Vengono citati problemi quali fake news, bot, cyberbullismo e trattamento dei dati, mettendoli nel medesimo calderone come se esistesse una formula generale per risolverli tutti quanti, ma non è così” spiegava Gubello a Vice Magazine lo scorso maggio. “Penso che su internet chi ha un seguito molto vasto, ad iniziare quindi dai politici che sono spesso molto seguiti, dovrebbe essere maggiormente attento ai messaggi che vuole mandare e al modo in cui li manda, senza per questo rinunciare alla propria libertà di pensiero. Spesso ci diverte vedere un account popolare "blastare" un perfetto sconosciuto, che magari poi viene preso di mira e deriso anche dai sostenitori dell'account popolare. Personalmente non ci trovo niente di divertente, non si fa altro che mettere alla berlina una persona di cui non conosciamo nulla, in un "tutti contro uno" che può essere psicologicamente violento” aveva aggiunto Gubello.