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Mandela ieri e oggi

Il giornalista inglese John Carlin sul tema dell’apartheid, sulla figura del presidente sudafricano, nonché sui progetti di pace che ha realizzato nel Sud del mondo.
John Carlin
Foto: Centro Pace Bolzano

Zebra: Qual è il ricordo più significativo degli anni trascorsi in Sudafrica?

John Carlin: Ho avuto il privilegio di essere testimone degli anni cruciali della storia del Sudafrica. Nelson Mandela ha dovuto fronteggiare ostacoli terribili, ma ha poi raccolto anche i suoi più grandi successi. Come corrispondente dal Paese africano, sono stato testimone diretto della sua liberazione dopo 27 anni di prigionia e dell’ascesa alla presidenza in un Sudafrica ancora totalmente diviso. Ho seguito l’evoluzione politica del neopresidente, ne ho visto all’opera il carisma e la leadership e ho avuto la fortuna di essere testimone delle imprese che hanno cambiato la nazione. E’ stata l’esperienza piu emozionante che abbia mai vissuto, un dramma con un finale felice.

Attivista, prigioniero, simbolo della lotta all’apartheid, presidente del Sudafrica e Nobel per la pace. Questa la parabola di Nelson Mandela. Qual è stata la chiave del suo successo?

Sono quattro le caratteristiche che descrivono al meglio Mandela ed il suo successo: In primo luogo, devo dire che era un uomo estremamente integro. L’integrità era la sua caratteristica principale, era realmente coerente e riusciva sempre a realizzare quello che prometteva. Era un uomo pragmatico e concreto che cercava e trovava sempre il modo di risolvere i problemi. Questa peculiarità, insieme alla grande empatia, sua seconda caratteristica rilevante, gli e stata fondamentale per raccogliere la fiducia di tutti coloro che orbitavano intorno a lui, sia che fossero amici che nemici. Un’altra qualità che lo ha caratterizzato e il rispetto. Ha sempre rispettato tutti utilizzando buone maniere e cortesia, sforzandosi di comprendere da quali circostanze le persone giungessero e quali fossero i motivi per cui avessero specifiche idee o punti di vista. Infine, era carismatico, aveva una grande sicurezza di se, ma senza scadere mai nella superbia. Era una figura amata dalle persone e ne era consapevole, ma non e mai risultato arrogante o presuntuoso, anzi non si prendeva mai sul serio pur essendo una persona importante.

Come e quanto ha influito la figura di Mandela nella lotta al razzismo e per l’uguaglianza dei diritti nel mondo?

Eliminare il razzismo dal mondo è molto complesso e non so se ci riusciremo mai. Con razzismo intendo la differenza tra persone, non solo per il colore, ma anche per la lingua, la religione, il sesso e tutto ciò che crea differenza. Le persone sono sempre state cosi, ma Mandela ha cercato di fare meglio. Il suo obiettivo era quello di mettere fine al sistema dell’apartheid introducendo la democrazia. Voleva creare opportunità per tutti mettendo la parola fine a questa ingiustizia, perché non era possibile essere discriminati solo perché si era nati poveri, di colore e senza diritto di voto. Voleva portare a termine questa missione e lo ha fatto con grande caparbietà: e stato un importantissimo esempio per l’umanità. 

Eliminare il razzismo dal mondo è molto complesso e non so se ci riusciremo mai

La situazione attuale e caratterizzata a livello globale da un ritorno dei populismi e da una deriva razzista e xenofoba. Quali sono le cause di questa tendenza secondo Lei?

Credo che principalmente dipenda dal fatto che stiamo vivendo in un’era post ideologica, in un momento di confusione e insicurezza. La classica divisione tra destra e sinistra non esiste più e le persone sono incerte. Inoltre, stanno avvenendo molti cambiamenti culturali, come la parità dei sessi e dei generi e quando si cambia, le persone hanno paura e il populismo prende piede facendo diventare nemico “il diverso”. Negli ultimi 30 anni abbiamo fatto incredibili progressi, ma ancora per molti e difficile gestirli. Questa paura viene sfruttata dalla politica, veicolata e strumentalizzata attraverso i social media dove tutto diventa virale. Tutto accade velocemente creando confusione generale e questo caos viene sfruttato dai politici per trasmettere il concetto di “Make America great again”, della supremazia del proprio popolo e dell’uomo forte al comando. E’ una strategia ridicola, ma funziona. La tattica del diverso come nemico è primitiva, eppure risulta efficace ancora oggi. 

Crede che possiamo combattere i populismi e trovare un rimedio contro questa paura?

Una cosa che possono fare tutti e cercare di connettersi con le realtà differenti costruendo ponti. Cercare di entrare in contatto con le diverse culture, vivendoci e stabilendo dei rapporti. Infatti, questi problemi si hanno principalmente in zone più rurali dove spesso e difficile avere una eterogeneità e non si e abituati a vedere o a vivere con persone di altre culture. Invece, in luoghi multiculturali tipo Londra, New York o Milano, solo per citarne alcuni, questo capita molto meno.

 

 

Sta lavorando ad altri progetti di pace?

Non mi occupo molto spesso di progetti di pace specifici poiché il mio lavoro e quello di vendere parole e fare il giornalista. Pero, attraverso la mia attività di giornalismo, che mi permette di raccontare storie, cerco di contribuire a rendere il mondo un posto un po’ meno peggiore. Anche quando partecipo a eventi cerco sempre di raccontare la storia di Mandela e dei processi di pace come in Nord Irlanda, Sud Africa e Ruanda. Provo a fare la mia piccola parte. 

Qual è secondo Lei lo stato di salute del giornalismo oggi?

Il giornalismo oggi e cambiato e internet e stato il mezzo che ha permesso questo cambiamento. Prima di internet i giornali erano una delle principali fonti di informazione, ma adesso con l’avvento del web e con la possibilità di avere notizie in tempo reale ed in modo gratuito da tutto il mondo, e un settore in crisi. I giornali hanno molte meno entrate e spesso quella che viene persa e la qualità della notizia.

Può fare un esempio?

Gli inviati all’estero come me, oggi sono molti meno e questo vuol dire che non si ha più un contatto diretto con la popolazione locale e con la vita del luogo, ma si dipende sempre da terzi, come dalle notizie su Twitter. Questa trasformazione incide sul giornalismo in modo negativo ed e necessario sforzarsi sempre di più per fare un buon lavoro in mezzo a tutte le fake news. 

Informatevi. Sia i politici, sia la gente comune, tutti dovrebbero informarsi su Mandela perché e un esempio straordinario di umanità. Informatevi anche per non diventare vittime dei pregiudizi

Oltre a essere un giornalista, e autore di due libri. Qual è la differenza tra le due forme di scrittura?

Scrivere libri, rispetto al giornalismo, e molto più difficile, come scalare una montagna e non lo consiglio a nessuno (ride). Ho scritto due libri che poi sono stati utilizzati per fare un film, uno dei quali e “Ama il tuo nemico”, da cui e stato tratto il film di Clint Eastwood “Invictus - L’invincibile”, in cui non sono stato direttamente coinvolto. La storia e stata tratta dai miei libri, ma la sceneggiatura non l’ho scritta io.

Quando ha visto per la prima volta “Invictus”, cosa ha provato?

La prima volta che l’ho visto (e l’ho visto numerose volte) ero da solo, in anteprima, ed e stato un momento meraviglioso. Alla fine del film ero molto fiero e orgoglioso. Ho avuto la consapevolezza che attraverso il film, la storia del mio libro sarebbe riuscita a raggiungere ancora più persone.

Quale consiglio vorrebbe dare a chi si avvicina per la prima volta alla storia e alla vita di Nelson Mandela?

Informatevi. Sia i politici, sia la gente comune, tutti dovrebbero informarsi su Mandela perché e un esempio straordinario di umanità. Informatevi anche per non diventare vittime dei pregiudizi. Bisogna costruire ponti per creare pace e per riprenderci la nostra umanità.

 

Intervista: Evelyn Fill, Federico Simoncini Ulivelli