Politik | La sentenza

L'incostituzionalità della legge Salvini

È ufficiale: la mancata iscrizione anagrafica per i richiedenti asilo è irragionevole. Gennaccaro: "Finirà per complicare le cose". Avv. Bongiorno: "No. Le semplifica".
residenza legge salvini
Foto: Progetto Melting Pot Europa

Non sono certo tempi facili per l’ex ministro dell’Interno Matteo Salvini. Pochi giorni fa è arrivato il via libera dal Senato, con 149 voti a favore, per il processo relativo alle vicende legate all’Open Arms che vede il leader della Lega accusato di sequestro di persona e omissione di atti d'ufficio per aver impedito lo sbarco di 107 persone soccorse dalla nave spagnola lo scorso agosto, mantenute al largo per venti giorni.
Altrettanto puntuale arriva la sentenza della Corte Costituzionale, dopo aver esaminato le questioni di legittimità costituzionale sollevate dai Tribunali di Milano, Ancona e Salerno in merito all’iscrizione anagrafica degli stranieri richiedenti asilo introdotta con il primo “Decreto sicurezza” secondo cui il permesso di soggiorno per richiesta asilo «non costituisce titolo per l’iscrizione anagrafica». 
La Corte si è pronunciata dichiarando l'illegittimità del provvedimento a causa della violazione del terzo articolo della Costituzione il quale sancisce che «tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese».

La sentenza è stata depositata venerdì 31 luglio e a breve verrà pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale.

 

Gli effetti della mancata iscrizione anagrafica

 

Il codice civile definisce residenza il «luogo in cui la persona ha la dimora abituale». Per ottenerla, il cittadino italiano dovrà dimostrare unicamente la stabile permanenza in un luogo assieme alla volontà di rimanerci, mentre il cittadino straniero dovrà, oltre a ciò, dimostrare di essere regolarmente soggiornante in Italia. Ulteriori norme esistenti stabiliscono inoltre che «devono ritenersi illegittime quelle prassi volte a richiedere agli stranieri, in aggiunta alla dimora abituale e alla regolarità del soggiorno, ulteriori condizioni per l’iscrizione anagrafica».
Questi elementi, sommati a diversi altri, vanno indubbiamente in contrasto con la normativa inserita all’interno del “Pacchetto Sicurezza” il quale ha suscitato sin da subito critiche di sospetta illegittimità costituzionale. Questa sovrapposizione e le perplessità che l’hanno accompagnata (con le relative proteste) hanno permesso a diversi comuni di disapplicare la norma stessa e ad alcuni tribunali di giungere a sentenze che ordinavano l’iscrizione anagrafica del richiedente asilo che si è appellato alla giustizia.

Le conseguenze di una mancata iscrizione anagrafica per i richiedenti asilo sono innumerevoli: oltre a compromettere il processo di inclusione a causa in primis della difficoltà di instaurare un qualsiasi rapporto lavorativo, gli effetti tangibili riguardano anche l’accesso a tutta una serie di servizi fondamentali per il cittadino: dall’istruzione (scuola, nidi d’infanzia) alla formazione, dall’accesso alle misure di welfare locale all’iscrizione ai centri per l’impiego, fino all’apertura di un conto corrente.

 

E a Bolzano?

 

Il Comune di Bolzano - come già raccontato, e come confermato a salto.bz dall’assessore competente Angelo Gennaccaro, il quale a sua volta respinge al mittente le critiche mosse negli ultimi mesi in merito all’applicazione restrittiva della norma sul territorio comunale - fa parte di quella categoria di amministrazioni locali che ha applicato alla lettera i dettami della Legge Sicurezza: “I funzionari dell’anagrafe rilasciano i documenti sotto loro responsabilità, io da assessore non posso obbligarli a fare una cosa non consona all’attuazione della legge. Non è stata interpretata in maniera restrittiva, ma quello che doveva essere fatto è stato fatto rispetto a quello che dicono le disposizioni. Le leggi non si inventano, si attuano e si rispettano. Semmai è il sindaco, che da primo cittadino in questo campo può avere delle competenze diverse, ma non mi risulta che ci sia stata una discussione a riguardo. Ci sono state però delle sollecitazioni da parte di gruppi e altre persone e per quanto riguarda la sentenza - riferisce l'assessore di Io sto con Bolzano - noi prendiamo atto: quando verrà pubblicata in gazzetta sarà operativa. Io sto lavorando con la direttrice dell’anagrafe e siamo in contatto con il Commissariato del Governo che dovrà capire le modalità di attuazione assieme ai decreti attuativi che arriveranno dal Ministero. Questa sentenza - conclude - va a complicare le cose” e a sostegno di questa tesi riporta il parere della dirigente dell’ufficio anagrafe il quale recita: “L'estensione dell'inapplicabilità della norma a disposizioni non oggetto di impugnazione, si prestavano utilmente a sopperire alla plausibile carenza di documenti di identificazione in capo ai richiedenti asilo” ma che "logicamente si colloca in antitesi con l'interesse all'uguaglianza sostanziale globalmente perseguito dalla pronuncia di incostituzionalità".

 

La "Legge Sicurezza" ha generato insicurezza

 

Mentre giunge un'ulteriore sentenza che ordina l'iscrizione anagrafica sulla base della decisione della Consulta, indipendentemente dalla pubblicazione in gazzetta, un altro parere opposto all’Assessore e agli organi competenti arriva dall'avvocata Chiara Bongiorno: “La sentenza non complica affatto le cose, le semplifica. La Corte Costituzionale ha sottolineato che la norma introdotta dal Decreto Salvini era di un’irrazionalità intrinseca e sistematica rispetto alle altre norme che regolavano il diritto in materia. Questa sentenza ci dice che era proprio questa norma a porsi in antitesi allo spirito del Decreto Salvini relativo a un maggior controllo del fenomeno migratorio”. E aggiunge: “La norma introdotta dall’ex ministro ha reso tutto più caotico perché rendendo impossibile l’iscrizione anagrafica dei richiedenti asilo, la loro 'esistenza' veniva registrata ufficialmente solo dalle Questure ma non dall'amministrazione comunale, che dunque non poteva avere un quadro completo della popolazione residente. Questo paradosso è la prima importante osservazione della Corte rispetto all’intenzione del legislatore stesso: volevano controllare maggiormente i richiedenti asilo? Con queste preclusioni hanno ottenuto il risultato contrario.

 

In merito ai dubbi sollevati a proposito della “plausibile carenza di documenti” posseduti dai richiedenti asilo al momento dell’iscrizione anagrafica ribadisce: “I richiedenti asilo non hanno un documento in meno rispetto agli altri, hanno semplicemente un documento diverso. La tipologia dei permessi di soggiorno rilasciati ai cittadini stranieri è variegata: la distinzione che faceva il Decreto Sicurezza tra stranieri e richiedenti asilo - come se quest'ultimi fossero cittadini di serie B - non è giustificabile. Questo concetto è stato ribadito dalla Corte Costituzionale che ha sottolineato che l’Art. 3 garantisce a tutti i cittadini pari dignità sociale, stranieri e richiedenti asilo compresi”.

E in merito alla situazione di Bolzano messa a confronto con il panorama nazionale l'avvocata evidenzia che “ci sono stati numerosi comuni in Italia che hanno disapplicato questa norma perché si sono resi conto che serviva in primis a loro stessi per poter amministrare i territori in maniera logica e razionale. A riprova di ciò, la quasi totalità della giurisprudenza italiana si è dimostrata a favore della sua disapplicazione e molti tribunali hanno ordinato a diversi comuni di iscrivere all’anagrafe le persone che ne sono state escluse, facendo già proprie le motivazioni riprese successivamente dalla Corte Costituzionale. Il Comune di Bolzano - spiega - ha preferito attenersi alla norma in maniera molto fedele. Fossi in loro sarei contenta della sentenza perchè mi permetterebbe di avere una visione completa della popolazione residente e non più parziale a causa di questa differenziazione insensata e discriminatoria messa in atto dalla normativa”.