In un articolo di qualche settimana fa, pubblicato dalla redazione di salto.bz e dal titolo «Un giovane su 4 non sa cos’è la proporz», si è potuto leggere quanto segue:
«Il termine è tornato d’attualità per qualche giorno quando l’Svp a giugno ha deciso di forzare la mano sulla legge per l’edilizia sociale, ma la “proporzionale etnica” è totalmente uscita dal dibattito politico da circa sei anni, e cioè dal clamoroso "nulla di fatto" espresso dalla “Convenzione per l’autonomia”. Ma in realtà la proporz è stata “mentalmente archiviata” da tutta la classe politica da quando nei primi anni Duemila è stata la destra italiana, rappresentata da Giorgio Holzmann, a definirla come “un bene” anche per il gruppo linguistico italiano. Uno strumento, utile, cioè, per tenere almeno “salda” la posizione nel comparto pubblico che è di gran lunga il principale sbocco lavorativo per il gruppo italiano [grassetto NdA]. Ma ciononostante -stando a una statistica diffusa oggi (22 luglio) dall’Astat il gruppo italiano resta molto perplesso sul suo mantenimento».
La proporzionale è uno strumento, utile per tenere almeno “salda” la posizione nel comparto pubblico che è di gran lunga il principale sbocco lavorativo per il gruppo italiano
Dalla citazione non si capisce se la frase «Uno strumento, utile, cioè, per tenere almeno “salda” la posizione nel comparto pubblico che è di gran lunga il principale sbocco lavorativo per il gruppo italiano» sia da attribuire a Holzmann o al redattore dell’articolo. Ciò che invece è evidente per chi conosce la materia è che si tratta di un falso.
Chiarito in premessa che il tema in esame riguarda il solo istituto della proporzionale relativo al pubblico impiego, per procedere con l’esposizione è necessario partire con un excursus storico.
Il trattato internazionale firmato il 5 settembre 1946 a Parigi - a margine dei lavori della Conferenza di pace in esito alla conclusione della seconda guerra mondiale - per definire la questione della tutela della minoranza etnica tedesca della regione Trentino-Alto Adige previde anche «l'uguaglianza di diritti per ciò che concerne l'ammissione nelle pubbliche amministrazioni con lo scopo di raggiungere nell'impiego una proporzione più adeguata tra i due gruppi etnici». Il punto dell’accordo citato aveva fondamento nella volontà di contrastare (una sorta di “affirmative action” ante litteram) tramite il riequilibrio della proporzione tra i gruppi etnolinguistici ivi occupati, la discriminazione operata dal regime fascista dal 1922 al 1943 con l’italianizzazione del personale in seno alla pubblica amministrazione sudtirolese.
Il principio enunciato nell’accordo di Parigi trovò poi compiutezza e fondamento giuridico nell’approvazione dello statuto di autonomia del 1972:
I posti dei ruoli, di cui al primo comma [il titolo del relativo articolo è: «89. Ruoli del personale di uffici statali in provincia di Bolzano»], considerati per amministrazione e per carriera, sono riservati a cittadini appartenenti a ciascuno dei tre gruppi linguistici, in rapporto alla consistenza dei gruppi stessi, quale risulta dalle dichiarazioni di appartenenza rese nel censimento ufficiale della popolazione.
L’attribuzione dei posti riservati a cittadini di lingua tedesca e ladina sarà effettuata gradualmente, sino al raggiungimento delle quote di cui al comma precedente, mediante le nuove assunzioni in relazione alle vacanze che per qualsiasi motivo si determinano nei singoli ruoli.
L’attribuzione dei posti riservati a cittadini di lingua tedesca e ladina sarà effettuata gradualmente, sino al raggiungimento delle quote di cui al comma precedente, mediante le nuove assunzioni in relazione alle vacanze che per qualsiasi motivo si determinano nei singoli ruoli
Sul fatto che la conseguenza dell’approvazione dello statuto di autonomia del 1972 per la parte citata sia quindi la compressione occupazionale del gruppo etnolinguistico italiano - che si dichiari come tale - nel pubblico impiego, non ci sono dubbi: quanto meno, fino al «raggiungimento delle quote … mediante le nuove assunzioni … in rapporto alla consistenza dei gruppi stessi».
A spiegare cosa non funzioni in un principio che in teoria nasce per rimediare ad una discriminazione occupazionale a sfavore di un gruppo etnico specifico ci pensa prima la sociologa Flavia Pristinger, autrice del libro pubblicato nel 1978 da Patron editore e intitolato «La minoranza dominante nel Sudtirolo. Divisione etnica del lavoro e processi di modernizzazione dall'annessione agli anni Settanta», poi i sociologi Sabino Acquaviva e Gottfried Eisermann con «Alto Adige. Spartizione subito?» sempre di Patron edtore.
La capacità occupazionale di un dato territorio si configura in base allo stato dei relativi settori economici: primario (agricoltura, allevamento, attività boschive, …), secondario (industria, edilizia, …), terziario base e avanzato (vendita di beni e servizi, …) e pubblica amministrazione. Ciò che rileva Pristinger è che il correttivo della proporzionale – con conseguente discriminazione occupazionale a sfavore del gruppo etnolinguistico italiano - si applica al solo ambito del pubblico impiego lasciando intatti tutti gli altri: che (industria a parte, ma della quale si dirà in seguito) sono a maggioranza assoluta – quando non vera e propria totalità – appannaggio occupazionale del gruppo etnolinguistico tedesco. Riguardo all’industria, è il caso di citare direttamente Pristinger (pag. 89):
«Lo sviluppo relativamente modesto dell’industria locale [di fatto creata in Alto Adige a Bolzano dal 1922 in poi, NdA] in questo dopoguerra viene generalmente interpretato come un indicatore significativo di debolezza dell’economia sudtirolese. Le cause sono in parte già note: è questo il settore maggiormente penalizzato dalle conseguenze del conflitto etnico, in un quadro di generale ristagno dell’economia locale che viene delineandosi già sul finire degli anni cinquanta; ma più esattamente, l’inadeguatezza dello sviluppo industriale della provincia si spiega con la politica di “contenimento” applicata per decenni nei confronti di questo settore [storicamente appannaggio del gruppo etnico italiano, NdA], a seguito di un preciso orientamento della leadership del gruppo etnico maggioritario [grassetto NdA]».
L’inadeguatezza dello sviluppo industriale della provincia si spiega con la politica di “contenimento” applicata per decenni nei confronti di questo settore, a seguito di un preciso orientamento della leadership del gruppo etnico maggioritario
Riassumendo per punti, la situazione è quindi la seguente:
- Il gruppo etnolinguistico tedesco ha a disposizione un’offerta occupazionale cosiddetta esclusiva – ovvero della quale si fruisce già solo per appartenenza etnica - comprendente tutti gli ambiti tranne il pubblico impiego (dove si entra per concorso) e l’industria.
- Il gruppo etnolinguistico italiano ha a disposizione un’offerta occupazionale cosiddetta escludente – ovvero della quale si può fruire del tutto marginalmente se non si ha la stessa appartenenza etnica - tranne il pubblico impiego (dove si entra per concorso) e l’industria.
- Lo statuto di autonomia ha, tramite la proporzionale, prima bloccato e poi compresso l’offerta occupazionale nel pubblico impiego per il gruppo etnolinguistico italiano senza però applicare per quest’ultimo alcun altro correttivo speculare per gli altri settori occupazionali.
- La leadership del gruppo etnolinguistico tedesco ha applicato una politica di “contenimento” al settore industria – e conseguentemente, alla sua capacità occupazionale -, storicamente appannaggio del gruppo etnolinguistico italiano.
Alla luce di questi fatti si evidenzia la falsità dell’assunto di cui alla frase citata in apertura e qui riproposta:
Ma in realtà la proporz è stata “mentalmente archiviata” da tutta la classe politica da quando nei primi anni Duemila è stata la destra italiana, rappresentata da Giorgio Holzmann, a definirla come “un bene” anche per il gruppo linguistico italiano. Uno strumento, utile, cioè, per tenere almeno “salda” la posizione nel comparto pubblico che è di gran lunga il principale sbocco lavorativo per il gruppo italiano [grassetto NdA]
e senza voler considerare l’altro fatto che è lo stesso, di nuovo non si sa se Holzmann o l’estensore dell’articolo, a confermare involontariamente una delle basi di quanto qui esposto scrivendo per l’appunto che il «comparto pubblico […] è di gran lunga il principale sbocco lavorativo per il gruppo italiano».
Riguardo infine all’ulteriore fatto che la destra italiana avrebbe definito la proporzionale «“un bene” anche per il gruppo linguistico italiano», è del pari evidente come detta preventiva dichiarazione politica sia semplicemente da inquadrarsi nell’obbligatorio passaggio attraverso le cosiddette “forche caudine” dell’accettazione acritica assoluta della bontà dell’autonomia– della quale la proporzionale qui esaminata rappresenta uno dei fondamenti – anche per il gruppo etnico italiano quale conditio sine qua non per una, se pur remota nel caso dell’allora Alleanza Nazionale capitanata in Alto Adige da Giorgio Holzmann (che alle elezioni provinciali del 26 ottobre 2003 vantò ben 3 ingressi in consiglio provinciale a fronte di un governo nazionale di centrodestra a guida Silvio Berlusconi dal 11 giugno 2001), possibile chiamata alla giunta provinciale da parte del partito di governo sudtirolese.
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Aggiornamento del 7 febbraio 2023
Sul quotidiano Alto Adige di oggi è stata pubblicata una mia lettera che riprende in sintesi i temi di cui a questo articolo. La riporto di seguito con la risposta del direttore del giornale..
Proporzionale ai nostri tempi
La provocazione sul bilinguismo
Gentile direttore,
raccolgo la “provocazione” di cui alla lettera pubblicata il 1 febbraio scorso e intitolata «Se un marziano vedesse il bilinguismo…» per replicare quanto segue.
Che l’obbligo di bilinguismo possa far parte di «un raffinato disegno di pulizia etnica di lungo-lunghissimo periodo» è ovviamente un’affermazione abnorme, come del resto premesso dallo stesso autore: il diritto di rivolgersi agli uffici pubblici potendolo fare nella propria lingua è giusto e intangibile.
Riguardo alla proporzionale, invece, non ne sarei così sicuro. Fatta la debita tara al linguaggio, che l’istituto che regola l’assegnazione dei posti pubblici suddividendoli per gruppo etnolinguistico fosse anche uno strumento per comprimere l’offerta occupazionale della comunità altoatesina lo avevano già svelato i sociologi Flavia Pristinger, Sabino Acquaviva e Gottfried Eisermann nelle due pubblicazioni uscite alla fine degli anni 70 ed evidenzianti in sintesi quanto segue.
Il gruppo etnolinguistico tedesco ha a disposizione un’offerta occupazionale cosiddetta esclusiva – ovvero della quale si fruisce già solo per appartenenza etnica - comprendente tutti gli ambiti tranne il pubblico impiego dove si entra per concorso. Il gruppo etnolinguistico italiano ha a disposizione un’offerta occupazionale cosiddetta escludente – ovvero della quale si può fruire del tutto marginalmente se non si ha la stessa appartenenza etnica - tranne il pubblico impiego dove si entra per concorso. Lo statuto di autonomia ha, tramite la proporzionale, prima bloccato e poi compresso l’offerta occupazionale nel pubblico impiego per il gruppo etnolinguistico italiano – notoriamente di gran lunga il principale sbocco lavorativo di quest’ultimo - senza però applicare per quest’ultimo alcun altro correttivo speculare per gli altri settori occupazionali.
Ora: per tornare alla “provocazione” a cui qui sto rispondendo, io non ho nessun problema a riconoscere l’opera di intelligenze finissime nella stesura di uno statuto di autonomia che tutela una minoranza linguistica come poche altre – o forse nessuna - al mondo. Per le medesime premesse non posso però pensare che le stesse intelligenze non sapessero che il sistema proporzionale applicato al pubblico impiego avrebbe comportato questi effetti e non lo abbiano quindi volontariamente posto in atto anche per questo. Perché in tal caso ad essere offesa sarebbe la mia, di intelligenza.
Fa molto bene a ricordare quelle pubblicazioni, i convegni di quel tempo lontano e lo sforzo dei tanti intellettuali che hanno studiato, soprattutto in quegli anni, il "caso altoatesino". Oggi - e lo dico soprattutto alla politica - servirebbe riprendere quel percorso interrogandosi su un tempo che è profondamente diverso da quello degli anni Settanta. E adeguando le norme all'oggi.
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Articolo collegato:
https://www.salto.bz/it/article/24092022/il-disagio-della-discriminazione
Questo articolo ripercorre fatti di un recente passato (approvazione statuto 1972) che per le sue pesanti conseguenze nel presente (compressione occupazionale per il gruppo etnico linguistico italiano) non devono essere dimenticati. Conoscerli significa chiedere per diritto che si corregga ciò che anche ora non può essere giusto.
La predominanza degli italiani nell'industria e (non più) nella pubblica amministrazione è (era) dovuta a politiche fasciste-coloniali. L'ambito pubblico è quello su cui il legislatore può intervenire direttamente, ed è anche l'ambito in cui i cittadini hanno un certo diritto all'occupazione ed è quindi logico che la proporzionale valga per esso. Ricordo che fino ad oggi l'equilibrio non è mai stato raggiunto, soprattutto negli ambiti di competenza statale, e che ci sono parecchi servizi fondamentali ai quali non si applica e dove i tedeschi sono quasi del tutto assenti. Chi le dice poi che se la proporzionale non ci fosse o non ci fosse più i cattivissimi tedeschi non avrebbero eliminato tutti gli italiani dalle amministrazioni provinciali? O forse davvero, come a un certo punto suggerisce, vorrebbe colonizzare anche l'agricoltura e quant'altro, dove il fascismo aveva fallito?
Non posso risponderle, signor Loos, perché gli argomenti con cui replica non hanno nulla a che vedere con il merito dell'articolo: che, ribadisco, evidenzia anche i risultati di una ricerca sociologica. Riguardo alle domande retoriche - il cui fine politico è evidente - è naturalmente libero di fare la propaganda che più le aggrada.
Zitat: “il cui fine politico è evidente”:
das klingt wie ein Vorwurf - und trifft 100%ig auf Ihre eigenen Artikel und Kommentare zu.
.
Nicht jeder, der die Sachlage anders sieht als Sie, macht “propaganda” oder bedient sich der “domande retoriche”.
Das Entwerten des Gesprächspartners dient gewöhnlich dazu, nicht antworten bzw. nicht argumentieren zu müssen, das ist doch auch Ihnen bekannt.
Na gut Herr Marcon, Sie wollen hier also nur predigen, nicht diskutieren. Wäre ehrlich gesagt auch anstrengend, bei Ihren Ansichten.
O non vuole rispondere a tutte le nostre domande, come per altro la signora Turri, per non aprire un dibattito serio sulla questione? Fino adesso ha risposto solo dandoci degli insapienti o propagandisti, senza mai entrare in merito alle nostre domande. Con un' eccezione, quando una voltefacendo una domanda, le ho dato retta su Magnago, ma anche allora non é arrivato nessuna risposta, fino adesso.
Also weg mit dem Proporz, weg mit der Zweisprachigkeitsprüfung(und natürlich deren Zulage), und alle öffentlichen Wettbewerbe werden paritätisch zweisprachig gemacht. Wäre das für Sie eine annehmbare Lösung?
Il mio scopo, signor M.Gasser, non è trovare soluzioni ma spiegare come stanno le cose. Quelle, semmai, arrivano dopo.
Zitat: “...ma spiegare come stanno le cose”:
Sie teilen uns Ihre MEINUNG zu den “cose” mit: richtig?
.
Sie geben Ihre Meinung wieder (richtig?).
Fragt man aber zu Ihrer Meinung nach, argumentieren und antworten Sie kaum bis nicht, so meine Erfahrung hier.
Entschuldigen Sie, aber wenn Sie schon eine Meinung dazu haben, was im Moment falsch läuft, dann werden Sie doch auch eine Meinung, eine Idee haben, wie es besser, richtiger, gerechter gemacht werden sollte. Wenn dem nicht so ist, hat wohl P. Gasser mit seiner Aussage oben recht, und Sie wollen oder können nicht auf aufgeworfene Fragen eingehen.
Der Herr Marcon sollte eigentlich wissen, dass die Autonomie für Südtirol mit ihren Proporzbestimmungen nicht beschlossen wurde, um arbeitslosen Italienern aus dem Süden einen Arbeitsmarkt in den eroberten Gebieten zu eröffnen, sondern um den Südtiroler einen Arbeitsmöglichkeit in ihrer Heimat zu ermöglichen.
La questione qui è molto semplice: direi elementare.
Nell'articolo è presentata una analisi socioeconomica frutto del lavoro di un gruppo di sociologi risalente agli anni ottanta: Flavia Pristinger, Sabino Acquaviva e Gottfried Eisermann. La stessa analisi è stata poi ripresa successivamente dal sociologo Luca Fazzi in diverse sue pubblicazioni e convegni: l'ultimo dei quali risalente, mi pare, al 2017. Le conclusioni da me espresse sono un sunto di quanto già determinato dai sociologi che ho citato. E finché non verrà prodotta un'analisi che confuta i loro risultati, le conclusioni non cambieranno. Che poi si tenti di screditarle con il solito armamentario retorico, non c'è certo da stupirsi. Il principio del torto storico e sentimento di rivalsa annesso è da sempre una delle armi preferite dell'arsenale propagandistico dell'oltranzismo sudtirolese. Allo stesso modo, quello della cosiddetta riparazione permanente. Già qui e in altri articoli si è vista l'espressione del concetto cosiddetto della "Import Bevölkerung", vale a dire l'italiano come facente parte di un popolo di importazione che non dovrebbe avere gli stessi diritti dei cittadini di lingua tedesca. A fronte di posizioni del genere replicare non è solo una perdita di tempo, ma assolutamente deleterio. È molto più semplice avere fiducia nella capacità dei lettori di salto.bz di formarsi una propria opinione scevra dalla solita propaganda.
Ah interessante, allora quello che lei ci presenta è una verità assoluta, indiscutibile (se non, a quanto pare, con uno studio scientifico). Vabbè è una cosa che in quanto a serietà si commenta da sola.
Handelt sich wohl um eine soziologische Analyse und auch wenn da empirische Grundlagen berücksichtigt wurden gibt es weitere Sichtweisen. Soziologie ist auch zu großen Teilen eine Geisteswissenschaft und somit gibt es auch verschiedene Standpunkte/Sichtweisen.
Mir ist das schon klar, aber Herrn Marcon anscheinend nicht und deshalb will er seine Behauptungen nicht diskutieren. Das ist natürlich sehr bequem.
Quale sarebbe il punto dell'articolo - e dei commenti che seguono - nel quale ho affermato che ciò che scrivo sono verità assolute e indiscutibili? Capisco la tecnica del discredito - e del pari non ripongo certo stima in chi ne fa uso -, ma anche questa deve avere un minimo di fondamento. Le scienze sociali - tra le quali è ricompresa la sociologia - non sono scienze esatte: questo è in grado di capirlo anche un quattordicenne di intelligenza media, una volta che glie lo si spiega come si deve. Ma rientrano anche loro nel paradigma popperiano della congettura e della confutazione (Vermutungen und Widerlegungen, Karl Popper, 1963). Ovvero, la tesi (la congettura) viene o meno falsificata (confutata): nel primo caso, si forma una nuova congettura; nel secondo, rimane valida la prima.
Le tesi (congetture) presentate nell'articolo non sono state falsificate (confutate) quindi sono valide:
- Il gruppo etnolinguistico tedesco ha a disposizione un’offerta occupazionale cosiddetta esclusiva – ovvero della quale si fruisce già solo per appartenenza etnica - comprendente tutti gli ambiti tranne il pubblico impiego (dove si entra per concorso) e l’industria.
- Il gruppo etnolinguistico italiano ha a disposizione un’offerta occupazionale cosiddetta escludente – ovvero della quale si può fruire del tutto marginalmente se non si ha la stessa appartenenza etnica - tranne il pubblico impiego (dove si entra per concorso) e l’industria.
- Lo statuto di autonomia ha, tramite la proporzionale, prima bloccato e poi compresso l’offerta occupazionale nel pubblico impiego per il gruppo etnolinguistico italiano senza però applicare per quest’ultimo alcun altro correttivo speculare per gli altri settori occupazionali.
- La leadership del gruppo etnolinguistico tedesco ha applicato una politica di “contenimento” al settore industria – e conseguentemente, alla sua capacità occupazionale -, storicamente appannaggio del gruppo etnolinguistico italiano.
“... che ciò che scrivo sono verità assolute e indiscutibili?”:
Dass diese Aneignung ein klassisches Beispiel für “Überheblichkeit” ist, ist auch eine “verità assoluta e indiscutibile”.
Zustimmung?
Le sue considerazioni sulle diverse opportunità occupazionali sono largamente errate. Nella sua affermazione sulla compressione delle possibilità di accesso al pubblico impiego dribbla invece la ragione storica. Lei avrebbe solo ragione se affermasse che il gap è ormai superato e che da parte della popolazione di madrelingua tedesca, soprattutto nelle città, l'interesse di accedere al pubblico impiego è ridotto per cui si rischia anche la vacanza di un certo numero di posti. Ma per questo i concorsi prevedono anche la possibilità, in difetto di candidati idonei, di assegnare un posto ad appartenenti del rispettivamente altro gruppo linguistico.
Le controdeduzioni le deve motivare, signor Klotz. Scrivere che sono "largamente errate" e che dribblo "la ragione storica" senza spiegare dove e come, non dimostra nulla e soprattutto non confuta nulla.
La, come la chiama lei, "ragione storica" è data come premessa nel sottotitolo «Come un principio redatto a salvaguardia del gruppo etnico tedesco si è rivelato un sistema di compressione occupazionale a sfavore del gruppo etnico italiano» e non è in discussione. Siamo su salto.bz, do per scontato che chiunque legga il mio articolo sappia cos'è successo tra il 1922 e il 1943 in Alto Adige/Südtirol ad opera del regime fascista.
La deroga alla proporzionale è di fatto una dimostrazione (ma dovrei scrivere "mancata confutazione") di quanto riportato nell'articolo: proprio perché il gruppo etnolinguistico tedesco ha a disposizione un'offerta esclusiva (all'opposto di quello italiano per il quale è escludente - e continua ad essere tale -) abbandona sempre più il pubblico in favore di un privato che è sia più attrattivo professionalmente che mediamente offerente un maggior reddito a parità di condizioni. Infatti - e questo, come si dice, chiude il cerchio - la deroga alla proporzionale è sempre in favore del gruppo etnolinguistico italiano e mai il contrario.
Das stimmt so nicht, oder besser nicht mehr. Oder kann jemand vom "gruppo italiano" nicht z. B. eine Lehre, den Meister als Handwerker machen? Wieso sollte die Privatwirtschaft Sprachgruppen-mässig einen Unterschied machen, wenn die Voraussetzungen, z. B. gute Dreisprachigkeit, gegeben sind?
Sarebbe una giusta osservazione, se fosse così: ma così non è, signor. M.Gasser. C'è una barriera linguistica, lo standarddeutsch in Alto Adige/Südtirol sul posto di lavoro - amministrazione pubblica compresa - non lo parla praticamente più nessuno. E il dialetto gli altoatesini non lo sanno (ed è anche per questo che iscrivono i figli nelle scuole tedesche invece di far sì che imparino semplicemente il tedesco: perché sperano che così acquisiscano la lingua di comunità, che è il dialetto).
Wieder falsch. Hier arbeiten auch Bundesdeutsche, Österreicher Holländer, ja sogar Engländer (nur meine persönlichen Erfahrungen), und die verstehen und sprechen auch keinen Südtiroler Dialekt, wenn sie hierher kommen. Und sind auch nicht alle dreisprachig, und trotzdem können sie ohne grosse Probleme hier arbeiten. Bei uns sind alle grösseren Sitzung in englisch, bei kleineren wird auch mal zwischen deutsch, italienisch und englisch geswitcht, je nach Bedarf. Warum soll das mit der italienischen Sprachgruppe nicht klappen?
In subordine al fatto che quanto da lei citato potrebbe essere un fenomeno di nicchia (piccoli numeri non significativi ovvero professionalità di livello elevato tali che il requisito della lingua passa in secondo piano), c'è in effetti un'altra variabile. Storicamente - e su questo ha ragione lei: nel senso che potremmo anche essere in una fase di cambiamento - nei posti di lavoro privato sudtirolese c'era una specie di veto all'assunzione di lavoratori altoatesini. Se l'obiettivo fino a ieri (ieri in senso metaforico) era contenere e financo espellere per quanto possibile dal territorio la minoranza locale del gruppo etnolinguistico italiano, va da sé che posti di lavoro per loro non ce n'erano. Ricordo che lo stesso Durnwalder raccontava che alle riunioni di giunta parlavano tutti in dialetto apposta per mettere in difficoltà gli assessori altoatesini: e quando l'esempio viene dall'alto...
Comunque mi permetto di dubitare - e molto fortemente - che in una qualsiasi impresa privata, nella riunione di teams del lunedì su dodici presenti sudtirolesi e un altoatesino, tutti decidano di parlare in standarddeutsch affinché quell'unico, che il dialetto non lo sa, capisca. Io non l'ho mai, e dico mai, visto accadere né sentito qualcuno che mi abbia raccontato che sia andata così.
Sie wollen das nicht “verstehen”, so meine ich zu erkennen, dass es in Südtirol die deutschsprachige Minderheit in Italien gibt, und dass die italienischsprachigen Mitbürger in Südtirol Teil des italienischsprachigen Mehrheitsvolkes sind.
Sie pervertieren den Minderheitenschutz (“la minoranza locale del gruppo etnolinguistico italiano”) - das ist doch ein international anerkannter Standart (dass nicht die Mehrheit die eigentliche Minderheit ist): ich erachte diese Ansicht als populistisch und unseriös.
.
Ihr “Hass” auf den Dialekt mutet antiquiert an...
Sind Sie vielleicht in den 70er-Jahren hängengeblieben?
Denken Sie wirklich alle Südtiroler seien "baccani", die Altoatesini mobben?
Sie sollten mal im Jetzt und Heute ankommen, es hat sich nämlich viel verändert die letzten 50 Jahre.
Und was ihren letzten Absatz betrifft, ist meine Erfahrung, daß die 11 Südtiroler wohl eher zu italienisch wechseln, was meiner Meinung nach aber ein großer Fehler ist.
Aber was ich nicht verstehen kann, warum kann ein Holländer, ein Engländer, ein Marokkaner, usw. nach einigen Jahren den Dialekt verstehen, und teilweise sogar sprechen, wenn er nur wirklich will, aber ein altoatesino nicht?
Io ho riportato i risultati di ricerche effettuate da sociologi che si sono occupati del tema. Se non le piacciono - ed è evidente che non le piacciono - deve farsene una ragione. Continuare a contestarle senza argomentare sul perché le contesta, non so a cosa le possa servire. Prendo atto che fino ad ora non ha fornito un elemento che sia uno per confutare i quattro punti seguenti:
- Il gruppo etnolinguistico tedesco ha a disposizione un’offerta occupazionale cosiddetta esclusiva – ovvero della quale si fruisce già solo per appartenenza etnica - comprendente tutti gli ambiti tranne il pubblico impiego (dove si entra per concorso) e l’industria.
- Il gruppo etnolinguistico italiano ha a disposizione un’offerta occupazionale cosiddetta escludente – ovvero della quale si può fruire del tutto marginalmente se non si ha la stessa appartenenza etnica - tranne il pubblico impiego (dove si entra per concorso) e l’industria.
- Lo statuto di autonomia ha, tramite la proporzionale, prima bloccato e poi compresso l’offerta occupazionale nel pubblico impiego per il gruppo etnolinguistico italiano senza però applicare per quest’ultimo alcun altro correttivo speculare per gli altri settori occupazionali.
- La leadership del gruppo etnolinguistico tedesco ha applicato una politica di “contenimento” al settore industria – e conseguentemente, alla sua capacità occupazionale -, storicamente appannaggio del gruppo etnolinguistico italiano.
"Io ho riportato i risultati di ricerche effettuate da sociologi che si sono occupati del tema. "
Degli anni ottanta, vale a dire 40 anni fa.
Lei si impunta su quei risultati, che ormai non rispecchiano piú il mondo di lavoro attuale.
Mi scusi, signor M.Gasser, il commento al quale ha risposto non era destinato a lei.
Detto questo, avevo già specificato negli altri miei interventi che il tema non si è certo esaurito negli anni ottanta. Legga al riguardo l'intervento seguente, del 2013 (dove riguardo alla parte relativa all'applicazione della proporzionale si evidenziano ulteriori aspetti a danno del gruppo etnolinguistico italiano):
https://www.salto.bz/it/comment/115614#comment-115614
Ho lavorato per dieci anni nel pubblico impiego, anche in posizione di responsabilità. Per cui non venga a raccontarmi come funziona il sistema. Le controdeduzioni non le devo motivare, dal momento che lei stesso fa affermazioni evidentemente frutto delle sue opinioni e non motivate. Fatto sta che il concetto della proporzionale non viene applicato nel mondo lavorativo, se non nel pubblico impiego, dove può essere definito obsoleto e su questo, ORA, ma non allora, le do ragione. Ma appunto ha saltato la spiegazione perché ALLORA fosse giustificata. Che la conoscenza delle due lingue maggiormente parlate in Alto Adige, sia una condizione quasi logica, credo non si debba discutere. E questa è l'unica barriera per l'accesso ai posti di lavoro. Ma in quel caso non è un problema del sistema, ma un problema di capacità individuali.
«Fatto sta che il concetto della proporzionale non viene applicato nel mondo lavorativo, se non nel pubblico impiego, dove può essere definito obsoleto e su questo, ORA, ma non allora, le do ragione. Ma appunto ha saltato la spiegazione perché ALLORA fosse giustificata.»
Cosa avrei saltato, signor Klotz? E' uno dei punti centrali dell'articolo. A questo punto mi chiedo su quali basi controdeduce le tesi da me presentate se nemmeno legge con attenzione cosa scrivo. Cito direttamente dall'articolo:
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Chiarito in premessa che il tema in esame riguarda il solo istituto della proporzionale relativo al pubblico impiego, per procedere con l’esposizione è necessario partire con un excursus storico.
Il trattato internazionale firmato il 5 settembre 1946 a Parigi - a margine dei lavori della Conferenza di pace in esito alla conclusione della seconda guerra mondiale - per definire la questione della tutela della minoranza etnica tedesca della regione Trentino-Alto Adige previde anche «l'uguaglianza di diritti per ciò che concerne l'ammissione nelle pubbliche amministrazioni con lo scopo di raggiungere nell'impiego una proporzione più adeguata tra i due gruppi etnici». Il punto dell’accordo citato aveva fondamento nella volontà di contrastare (una sorta di “affirmative action” ante litteram) tramite il riequilibrio della proporzione tra i gruppi etnolinguistici ivi occupati, la discriminazione operata dal regime fascista dal 1922 al 1943 con l’italianizzazione del personale in seno alla pubblica amministrazione sudtirolese.
Il principio enunciato nell’accordo di Parigi trovò poi compiutezza e fondamento giuridico nell’approvazione dello statuto di autonomia del 1972:
I posti dei ruoli, di cui al primo comma [il titolo del relativo articolo è: «89. Ruoli del personale di uffici statali in provincia di Bolzano»], considerati per amministrazione e per carriera, sono riservati a cittadini appartenenti a ciascuno dei tre gruppi linguistici, in rapporto alla consistenza dei gruppi stessi, quale risulta dalle dichiarazioni di appartenenza rese nel censimento ufficiale della popolazione.
L’attribuzione dei posti riservati a cittadini di lingua tedesca e ladina sarà effettuata gradualmente, sino al raggiungimento delle quote di cui al comma precedente, mediante le nuove assunzioni in relazione alle vacanze che per qualsiasi motivo si determinano nei singoli ruoli.
Sul fatto che la conseguenza dell’approvazione dello statuto di autonomia del 1972 per la parte citata sia quindi la compressione occupazionale del gruppo etnolinguistico italiano - che si dichiari come tale - nel pubblico impiego, non ci sono dubbi: quanto meno, fino al «raggiungimento delle quote … mediante le nuove assunzioni … in rapporto alla consistenza dei gruppi stessi».
Lo scrive lei stesso - appena in questo commento però - per quale motivo esiste la proporzionale. È proprio ciò che nelle sue considerazioni iniziali mancava, come appunto le ho fatto notare. Non credo di dover rivangare il motivo storico per lo sviluppo di tale principio perché sono sicuro che lo conoscano tutti.
Lei tenta comunque ancora una volta di arrampicarsi sugli specchi, definendo "compressione occupazionale" il tentativo (peraltro mai riuscito), di bilanciare l'assegnazioni dei posti nel pubblico impiego in base all'appartenenza a uno de tre gruppi linguistci. La proporzionale serviva proprio per colmare lacune dovute alla compressione occupazionale a danno del gruppo linguistico tedesco.
Che al bilanciamento non si sia mai arrivati era ed è dovuto all'interesse sufficientemente scarso del gruppo linguistico tedesco e all'offerta lavorativa nel privato più appetibile. Per questo motivo personalmente ritengo la proporzionale oramai obsoleta. Se non esiste interesse per un'opportunità, non ha senso insistere su tale opportunità. Per l'assunzione decide comunque un concorso dal quale esce vittorioso chi è più capace (dovrebbe essere un principio guida per la PA). Da non trascurare poi il fatto che molti altoatesini di lingua tedesca preferivano (ora, a giudicare dalla ricerca di collaboratori non più in tal misura) l'artigianato ad altri tipi di occupazione.
Tuttavia, non esiste nessun ostacolo per appartenenti al gruppo linguistico italiano di entrare nel mondo lavorativo privato. Certo, conoscere almeno le due lingue principali è, soprattutto per chi lavora a contatto con il pubblico, indispensabile. È qui che casca l'asino. Il problema non lo si risolve certo con il famigerato "siamo in Italia", che, mi perdoni, trasuda neppure tanto velatamente dalle sue affermazioni.
*l'assegnazione*
«Lo scrive lei stesso - appena in questo commento però - per quale motivo esiste la proporzionale.»
No: come le ho detto sopra, è un pezzo dell'articolo che già contiene il perché storico della proporzionale. Ho ovviamente fatto una premessa prima di citare la tesi.
«Lei tenta comunque ancora una volta di arrampicarsi sugli specchi»
"No: è lei che tenta continuamente di arrampicarsi sugli specchi". Che facciamo, andiamo avanti così - dicendoci a vicenda lei qua, no è lei che è là - o discutiamo seriamente?
«definendo "compressione occupazionale" il tentativo (peraltro mai riuscito), di bilanciare l'assegnazioni dei posti nel pubblico impiego in base all'appartenenza a uno de tre gruppi linguistci. La proporzionale serviva proprio per colmare lacune dovute alla compressione occupazionale a danno del gruppo linguistico tedesco.»
Premesso che non la definisco io - anche se sono naturalmente d'accordo sui risultati -, ma sociologi esperti della materia (l'ultimo nel 2017 al convegno organizzato da Roberto Bizzo sul disagio degli italiani e al quale partecipò anche Günther Pallaver), è scontato che «La proporzionale serviva proprio per colmare lacune dovute alla compressione occupazionale a danno del gruppo linguistico tedesco.»: lo dico anch'io. Il problema è che si è rivelato un sistema di compressione occupazionale a sfavore del gruppo etnico italiano.
«Che al bilanciamento non si sia mai arrivati era ed è dovuto all'interesse sufficientemente scarso del gruppo linguistico tedesco e all'offerta lavorativa nel privato più appetibile.»
E' per l'appunto proprio per il fatto che il gruppo etnolinguistico tedesco aveva a disposizione un'offerta «cosiddetta esclusiva – ovvero della quale si fruisce già solo per appartenenza etnica» che poteva permettersi di scegliere anche nel comparto privato (professionalmente più interessante e che paga meglio). Il bilanciamento al gruppo etnolinguistico tedesco non interessava e non interessa. Alla sua classe dirigente, invece, interessa eccome. E questo mio articolo spiega il perché.
«Per l'assunzione decide comunque un concorso dal quale esce vittorioso chi è più capace (dovrebbe essere un principio guida per la PA).»
Non solo dovrebbe. Lo stabilisce anche la costituzione italiana, il principio del merito. Infatti lo statuto di autonomia confligge con il principio è c'è voluta una pronuncia della corte costituzionale per statuire che il primo avrebbe prevalso sul secondo.
«Tuttavia, non esiste nessun ostacolo per appartenenti al gruppo linguistico italiano di entrare nel mondo lavorativo privato.»
Invece esiste. E' uno dei punti di questo articolo, ripreso anche da Luca Fazzi - docente di sociologia a Trento - nel suo intervento da me pubblicato qui.
«Il problema non lo si risolve certo con il famigerato "siamo in Italia", che, mi perdoni, trasuda neppure tanto velatamente dalle sue affermazioni.»
Premesso che non replico ad illazioni sui miei valori tese al discredito (argumentum ad hominem), a me - e a questo punto la battuta che seguirà è d'obbligo - pare l'esatto contrario. Cioè che dai vostri (i suoi e altri della stessa linea) trasudino - e altrettanto poco velatamente - i valori della classe dominante di qui: ovvero, un qualcosa della serie "non crederai mica di essere in Italia, che pretendi addirittura di non dover parlare dialetto per cercarti un posto di lavoro che non sia il pubblico impiego, ovvero un posto che a noi non interessa una cippa ma che gentilmente ti lasciamo in proporzione".
Zitat: "non crederai mica di essere in Italia, che pretendi addirittura di non dover parlare dialetto per cercarti un posto di lavoro che non sia il pubblico impiego, ovvero un posto che a noi non interessa una cippa ma che gentilmente ti lasciamo in proporzione":
welche Geisteshaltung, welche negative Emotion spricht aus solchen Worten??? (da bleibt man fassungslos)
Lei si sbaglia nuovamente affermando che "Il problema è che si è rivelato un sistema di compressione occupazionale a sfavore del gruppo etnico italiano", perché sarebbe solo così se questi possti fossero stati riservati al gruppo linguistico tedesco in esubero, in assenza della necessità di colmare le lacune che pure lei ammette. Dato che le lacune dovevano essere colmate, questi posti non sarebbero comunque stati a disposizione del gruppo linguistico italiano.
Non vi è nessun ostacolo per appartenenti al gruppo linguistico italiano di entrare nel mondo lavorativo privato, a parità di merito e ove siano rispettate le condizioni basilari, ad esempio la padronanza della lingua. È lei stesso a sostenere che il merito debba essere l'unico metro. Ebbene, allora non usi due pesi e due misure tra pubblico e privato. L'offerta è esclusiva solo laddove non vengono rispettate le condizioni e in questi termini ognuno deve fare i conto con se stesso, non con muri che altri inalzerebbero.
Le mie non sono illazioni, so leggere molto bene e l'interpretazione di testi è il mio lavoro. Solo en passant.
Che l'extrema ratio di tutte le sue considerazioni sul mio articolo - dimostratesi sbagliate dalla prima all'ultima - fosse l'argumentum ad hominem (per chi non lo sa è una strategia della retorica che consiste nell'attaccare la persona che propone una certa tesi anziché la tesi stessa) era ovvio fin dall'inizio. Ma che tentasse di legittimare questo espediente vantando sedicenti competenze quali «Le mie non sono illazioni, so leggere molto bene e l'interpretazione di testi è il mio lavoro. Solo en passant.» la qualifica in modo definitivo.
Temo di averla sopravvalutata, signor Klotz. La sua pervicacia nel non capire non è in buona fede. Ed è purtroppo un errore che qui su salto.bz compio un po' troppo frequentemente. Vedrò di porvi rimedio anche questa volta.
Quali capacità individuali? Quelle di saper parlare e capire una lingua che non è quella che si impara a scuola e che si parla nel Sudtirolo? Con tutto il rispetto, la mia considerazione e impegno per la salvaguardia dei dialetti dei quali ognuno esprime un'importante cultura, non si può pretendere che se ne capisca e se ne parli uno che non è il tuo, che si è poco, se non mai, sentito e che non ha un codice scritto che ti permetta magari di impararlo. In provincia si esige il tedesco come si suol dire "scritto" (cioè lingua ufficiale) , nell'espressione e nella comprensione orale (con quale coscienza, con quale consapevolezza?), si esige insomma quello che, come succede in tutte le aree rurali o lontane da centri urbani, nemmeno tutti gli autoctoni sanno parlare. E' ora che si riconosca che la facilità di imparare l'italiano da parte di molti sudtirolesi non è dovuta a una particolare genialità linguistica, ma al semplice fatto che italiano scritto e imparato a scuola è uguale a italiano parlato in provincia. E la vs insistenza nel volerlo sempre parlare anche con chi insiste a sua volta a rivolgervi la parola in un pur corretto e comprensibile tedesco, è esemplare. Esprimo tutta la mia solidarietà a chi, come di frequente succede, ammette/dimostra di avere difficoltà ad esprimersi in Hochdeutsch. Conosco molto bene questa situazione, quella cioè di dover parlare e capire una lingua nella quale non sei cresciuta. Quanto mi piacerebbe condividere questa comprensione!
Ich sag mal so, meiner Meinung nach ist eine gute Beherrschung der Zweitsprache die Grundvoraussetzung für alles was danach kommt. Sei es nun ein Studium in derselben, oder das Erlernen eines Dialekts. Und da sehe ich auf italienischer Seite die grössere Problematik. Und das ganz ohne zu werten, und ich habe persönlich auch kein Problem damit.
Werte Frau Turri, der langen Rede kurzer Sinn:
It's high time to learn English.
Then you don't need to get upset.
You don't need to change your mother tongue
and neither do we.
So we understand each other.
Problem solved.
(Lösungsvorschlag für die Komplizierten und Einseitigen, vielleicht auch für die gewollt oder ungewollt Sprachunbegabten :-).
Gentile signor Felix Frei,
Sono insegnante di inglese ed ho praticato questa professione per anni. A dispetto di ciò non sono d'accordo con Lei: mi piace molto parlare tedesco standard e all'occorrenza altre lingue. Non mi entusiasma che ci si debba in generale "appiattire" tutti usando la cosiddetta world language, contribuendo ulteriormente alla scomparsa della "diversità culturale".
Liebe Herrn, Luca Marcon &Peter Gasser.
Sitzt bei einem Espresso oder bei an Glas Rotwein zusammen und streitet euch ein für alle Mal völlig auseinander oder findet einen gemeinsamen Konsens. Veröffentlicht das Ergebnis hier auf Salto. Und dann sollte endlich Schluss sein. Mir ist eure Art und Thematik der nicht enden wollenden Auseinandersetzung lästiger als der Disput eines hundertjährigen Ehepaares.
Mmmh seltsamer Hinweis oder werden Sie zum lesen gezwungen?
Außerdem gibt hier noch ein paar Kommentatoren welche sich beteiligen, also irgendwie geht Ihr Hinweis an der Realität vorbei.
Riporto di seguito un intervento del sociologo Luca Fazzi pubblicato su Politika 2013 (Südtiroler Gesellschaft für Politikwissenschaft) nel capitolo «Das Unbehagen der Italiener» e relativo alla compressione occupazionale a sfavore del gruppo etnolinguistico italiano in Alto Adige/Südtirol.
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Quello che si configura come un elemento molto più oggettivo per interpretare il disagio che accomuna ancora oggi un’ampia fascia di italiani e piuttosto la difficoltà di accedere alle risorse e alle opportunità in modo proporzionale alla loro consistenza e a quella del gruppo tedesco.
I posti pubblici sono l’unico settore dove per legge dovrebbe vigere un sistema di distribuzione equa delle risorse. I dipendenti pubblici rappresentano il 19,6% del totale degli occupati, una percentuale quasi doppia a quella di Germania (9.6%) e Austria (11,4%) e di cinque punti più elevata di quella italiana (19,6%) (Assoimprenditori Alto Adige 2012). Il bacino pubblico riveste quindi una posizione di grande rilievo nella struttura occupazionale provinciale.
Il principio della proporzionale vale tuttavia in termini generali ma non per le posizioni dirigenziali. I posti riservati agli italiani ai vertici delle amministrazioni pubbliche sono in continuo calo: nel corso dell’ultimo decennio anche la direzione di Poste, Ferrovie e più recente l’INPS sono passate al gruppo tedesco. Sulla base dei dati forniti dall’Assessorato alla sanità in risposta ad alcune interrogazioni dell’opposizione, risulta che nel 2010 al gruppo italiano erano stati affidati solo 28 dei primariati ospedalieri e di territorio (con nessuna deroga alla proporzionale) mentre il gruppo tedesco ne poteva contare 73 (con 6 in deroga). Il rapporto tra primariati ospedalieri, ovvero quelli più importanti, risultava ancora più scompensato (16 contro 60).
Nel settore parapubblico delle cosiddette Spa provinciali che operano nei settori ad elevata valenza strategica (come la Sel nel settore dell’energia, la Smg nel settore del marketing o l’Informatica Alto Adige in quello dell’informatizzazione) la proporzionale è interamente disapplicata perché non ne è previsto l’obbligo e i manager tedeschi occupano la quasi totalità dei vertici aziendali. Nel 2011 i presidenti e i direttori delle quindici Spa provinciali più importanti appartenevano solo per il 15,3 per cento al gruppo italiano. Per quelle controllate con una quota superiore al 50% (tra cui le strategiche Sel, Informatica Alto Adige, Sadobre, Terme di Merano, Sta Strutture e Trasporti, Fiera e Brennercom) solo la legala rappresentanza di Informatica Alto Adige è affidata al vicedirettore generale della provincia di lingua italiana, mentre tutte le rimanenti presidenze e direzioni sono tedesche.
È fuori dal comparto pubblico e parapubblico che si collocano però i veri settori trainanti dell’economia provinciale: il settore alberghiero, l’agricoltura e il commercio che sono quasi interamente monopolizzati dal gruppo tedesco.
In questi settori che, nche di fronte alla crisi hanno continuato a crescere, l’occupazione si muove soprattutto sul piano delle relazioni informali e fiduciarie tipiche della cultura comunitaria delle vallate. Il volano occupazionale più che essere di tipo meritocratico appare ancora fortemente legato agli elementi della conoscenza personale e dell’appartenenza comunitaria.
La rete di rapporti densi di ordine parentale, amicale e spesso anche clientelare costituisce dunque per gli italiani un muro che si sovrappone a quello della conoscenza linguistica in sé.
Kennen Sie die Studie „Ethnische Differenzierung und soziale Schichtung
in der Südtiroler Gesellschaft“ (https://apollis.it/17d2019.html)? Sie kommt zum gegenteiligen Schluss, auch hinsichtlich Führungspositionen.
Dove si trovano le conclusioni contrarie, signor Loos? Il link rimanda alla pagina di presentazione della ricerca, ma non al materiale specifico sull'occupazione suddivisa per gruppo etnolinguistico.
Das Buch hat die ISBN 978-3-8487-3329-3.
Auf Seite 75 wird die Situation der Führungsebene im Landesdienst zusammengefasst: Die Deutschsprachigen sind mit 68,2% leicht unterrepräsentiert, die Italienischsprachigen mit 27,3% leicht überrepräsentiert und die Ladinischsprachigen kommen mit 4,5% genau auf den Wert, der ihnen entspricht. Fazit, der vertikale Proporz wird beim Land, obwohl nicht vorgeschrieben, eingehalten.
In subordine al fatto che qui sono presentate solo le conclusioni - quindi niente dati di dettaglio e nulla sul processo deduttivo - esse sarebbero riferite solamente all'occupazione dei posti apicali in relazione al pezzo citato di Luca Fazzi. Non alle tesi del mio articolo.
Sie finden das Buch in jeder größeren Südtiroler Bibliothek, wenn es Sie genauer interessiert. Abschreiben werde ich es nicht. Zur Methodik finden Sie vielleicht auch etwas bei Apollis.
Non ho alcun problema a confrontarmi con i dati del libro. Basta che vi siano i dati del mercato occupazionale dei rispettivi gruppi etnolinguistici espressi in modo tale che si possano analizzare come erano stati a suo tempo analizzati i dati che hanno portato alle deduzioni riportate nel mio articolo.
Sehr interessant. Also geht es gar nicht um den Proporz an sich, sondern um die Ausnahmen im gehobenen Segment im öffentlichen und halböffentlichen Dienst. Und da ist es wirklich augenscheinlich, dass die SVP überall ihre Personen in die wichtigsten Sessel gehievt hat. Bei der Sanität sehe ich das Problem eher bei der Zweisprachigkeitsprüfung.
Und was alles ausserhalb anbelangt, sollten die Südtiroler Hoteliers und Bauern ihren Besitz verkaufen, der ihnen in vielen Fällen seit Generationen gehört, oder wie stellen Sie sich den "Ausgleich" vor? Und nich eine Frage zu den "vallate", denken Sie wirklich, es ist in der val di susa anders als bei uns, wenn irgendein "Stadtler" ins Tal kommt, und da gross auf "impresario" macht?
No, il pezzo di Luca Fazzi l'ho citato per intero ma da parte mia non c'è alcuna analisi riguardo all'applicazione della proporzionale per i posti apicali. Io mi limito - se si può dire - alla compressione occupazionale di tutto il gruppo etnolinguistico italiano come conseguente all'applicazione dell'istituto dello statuto di autonomia.
Und genau das ist mein Problem mit Ihnen, dieses "no", dieses "da parte mia non c'é", dieses "io mi limito". Haben Sie keine Meinung zum Thema, haben Sie keine Antworten auf die Fragen?
La mia idea sul tema credo sia chiara, anche perché l'abbiamo ripetuta - chi a contestarla, io a replicare - ormai fino allo sfinimento:
«Come un principio redatto a salvaguardia del gruppo etnico tedesco si è rivelato un sistema di compressione occupazionale a sfavore del gruppo etnico italiano.»
Lo scopo dell'articolo è offrire una lettura della realtà: sulla quale mi pare che d'accordo per ora non sia nessuno. E finché non ci muoviamo da lì...
Zitat:
“La mia idea sul tema credo sia chiara, anche perché l'abbiamo ripetuta ... ormai fino allo sfinimento ...”:
Auch wenn man seine “idea sul tema” “fino allo sfinimento” wiederholt, bleibt es eben die eigene subjektive Meinung, wie der Schreiber sagt, er “offre una lettura della realtà”:
es ist aber nicht die “realtá”, es bleibt des Schreibers Meinung zur Wirklichkeit (“idea”, “lettura”). Diese kann man, muss man nicht teilen: daraus ergäbe sich ein Dialog, etwa über “Minderheitenschutz”, “Sprachschutz”, Faschismus, Meloni, Dialekt, Schweiz... leider gibt es da niemals Antworten, werden Argumente nicht aufgegriffen - es gibt nur die stereotype uns absolut gesetzte Wiederholung der eigenen “idea”, was, so meine ich doch sehr schade ist.
Ci saranno forse certi comportamenti come quelli citati nella ricerca sociologica in questione che accomuna le valli, del genere di"solidarietà valligiana". Non mi risulta però che la Val di Susa o altri territori provinciali abbiano a che fare con una schedatura etnica in funzione di una proporz
Forse perché parlano tutti la stessa lingua madre.
Ja, jetzt schon. Dort wurde früher auch Okzitanisch gesprochen, ist aber inzwischen alles erfolgreich assimiliert.
Purtroppo ci sono delle minoranze linguistiche che si lasciano passivamente assimilare, che sono ansiose di "globalizzarsi", di "appiattirsi" su una cultura imperante nei mass media (come sosteneva Pasolini). I pochi di queste minoranze consapevoli del patrimonio di valore inestimabile che ogni lingua porta in sé sono inascoltati e il loro impegno di sensibilizzazione non trova risposta. Vedi Val d'Aosta, Valli Occitane, Val di Non, ...
Perfino fra le minoranze protette ladino dolomitiche l'uso del ladino è in calo: si preferisce parlare la lingua economicamente più importante (vedi tedesco in Val Gardena e italiano in Cal Badia).
„Economicamente più importante“… Sie sind etwas ganz Großem auf der Spur!
- Economicamente più importante“… Sie sind etwas ganz Großem auf der Spur! -
Non mi è chiaro a cosa si riferisca: Sie sind = Lei è (forma di cortesia) o = loro sono (plurale)?
Brano tratto dal libro «I giorni delle gabbie. La battaglia sul censimento etnico in Alto Adige/Südtirol quarant'anni dopo. » di Maurizio Ferrandi, edizioni Alphabeta.
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Una provincia che si (rac)conta. (di Hans Karl Peterlini)
Secondo le disposizioni stabilite con l‘adozione della proporzionale, entro il 2002 si sarebbe dovuti pervenire ad un corretto ed equilibrato rapporto fra i gruppi linguistici. : un meccanismo di “recupero” che risultò tuttavia fatale per i giovani aspiranti di lingua italiana. Furono loro a dover scontare adesso il vizio di origine delle generazioni precedenti, che aveva svantaggiato i sudtirolesi tedeschi. Avvenne così che il gruppo linguistico italiano non ottenne il terzo proporzionale di tutti i posti messi a concorso, ma mediamente – a causa della corsa tedesca al recupero – solo il 6%. Nelle bacheche d’affissione capitava di leggere: 50 nuovi posti, 47 per candidati di lingua tedesca, 3 per quelli di lingua italiana. Per quei tre posti “italiani” concorrevano in centinaia, mentre i candidati per i 47 posti tedeschi erano sì e no una dozzina.
Aggiornamento del 7 febbraio 2023
In fondo all'articolo è stata aggiunta una lettera dello scrivente pubblicata sul quotidiano Alto Adige di oggi e la replica del direttore del giornale.