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Lotta alla povertà

A fine agosto il governo ha varato il Reddito di inclusione, mettendo a disposizione 1,7 miliardi per il 2018. Luci ed ombre del provvedimento.
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Foto: ilsole24ore
Il Reddito di inclusione (REI), la nuova misura introdotta a partire dal 1° gennaio 2018 nell'ordinamento italiano, è -secondo il ministero del Lavoro- "la prima legge sulla povertà". Grazie a una dotazione di circa 1,7 miliardi di euro (nel 2018, diverranno 1,845 negli anni successivi) dovrebbe garantire un sostegno economico alle famiglie che presentano determinate caratteristiche reddituali, definite secondo i parametri dell'ISEE (l'indicatore della situazione economica equivalente) e dell'ISRE.
Questo acronomo indica i redditi familiari al netto delle spese per l'affitto, di una detrazione per lavoro dipendente fino a 3.000 euro e di altre detrazioni, divisi per la scala di equivalenza, che tiene conto del numero dei componenti del nucleo familiare.
Il ministero del Lavoro calcola, ad esempio, che nel caso del nucleo di 4 persone, assumendo un affitto mensile di 450 euro e un lavoro alle dipendenze, la soglia sopra identificata è compatibile con un reddito lordo di quasi 16.000 euro (vedi tabella). La soglia ISEE è invece fissata a 6.000 euro.
Il beneficio –inclusivo di eventuali altre prestazioni, tranne l’indennità di accompagnamento- per ogni nucleo familiare non potrà essere superiore all’assegno sociale, che ha un valore annuo pari a 5.824 euro che corrisponde ad un assegno mensile di circa 485 euro. Questa cifra corrisponde al "beneficio massimo mensile" per un nucleo di 5 persone, che scende a 187,5 euro per quelle famiglie formate da un unico componente.
 
 
Sulla base dei dati del sistema informativo ISEE, cioè di coloro che hanno presentato l’ISEE al fine di richiedere una prestazione sociale agevolata, il ministero del Lavoro ha calcolato anche il numero dei potenziali beneficiari del REI, che "in sede di prima applicazione sono circa 500 mila, di cui 420 mila con minori. Le persone potenzialmente coperte dal REI sono complessivamente quasi 1,8 milioni, di cui 700 mila minori". Questi dati rappresentano la prima criticità della misura, secondo l'analisi di Andrea Fumagalli, economista dell'Università di Pavia e membro del direttivo di Basic Income Network Italia, la rete per il reddito di cittadinanza. In un articolo pubblicato dal portale Effimera, Fumagalli sottolinea come nel 2016 l’Istat abbia stimato in 1 milione e 619mila il numero delle famiglie residenti in condizione di povertà assoluta, nella quale vivono 4,74 milioni di individui, ben oltre il numero dei potenziali beneficiari del REI. Non potendo garantire l'assegno mensile a tutti, quindi, diventa necessario stilare un elenco dei nuclei familiari che avranno la precedenza: sono quelli con figli minorenni, quelli con figli con disabilità (anche maggiorenni), quelli con donna in stato di gravidanza e quelli con componenti disoccupati che abbiano compiuto 55 anni.
 
Fumagalli annota un ulteriore limite: "L’ammontare del beneficio risulta comunque di gran lunga inferiore alla stessa soglia di povertà assoluta", che per un adulto (tra i 18 e i 59 anni) che vive solo, "è pari a 702 euro mensili": in questo caso la copertura è pari al 27%.
Nella prospettiva del Basic Income Network, il Reddito di inclusione (REI) presenta un ulteriore limite. Mentre il reddito di base è definito come un "periodic cash payment unconditionally delivered to all on an individual basis" (un ammontare versato periodicamente su base individuale e senza alcune condizione), il REI prevede "l'erogazione del sostegno economico solo condizionatamente all’adesione a un progetto personalizzato di attivazione sociale e lavorativa", che -spiega il ministero del Lavoro- è "un vero e proprio patto, in cui si individuano gli obiettivi e i risultati attesi, i sostegni necessari forniti dai servizi e gli impegni assunti dai membri del nucleo". Secondo Fumagalli tutto ciò rappresenta una forma di "controllo sociale e governance della povertà".