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"Demolito" il piano del Parco

CAI e Dachverband bocciano senza appello la bozza di regolamento di gestione. "Gli interessi economici hanno la priorità sugli aspetti ecologici di tutela".
Stelvio, parco
Foto: Salvatore Rossi

Cosa differenzia il territorio del Parco Nazionale dello Stelvio dalle aree limitrofe non coperte da questa tutela? Questa è la domanda che il CAI e la sua Commissione tutela Ambiente Montano si pongono, prendendo visione  delle bozze del nuovo piano e nuovo regolamento del parco recentemente resi pubblici come previsto dalla procedura di Valutazione  ambientale strategica (VAS), per la quale è possibile presentare osservazioni entro il 24 ottobre. Molto dura anche la posizione del Dachverband (Federazione Ambientalisti Sudtirolesi). "Purtroppo la Giunta provinciale sta per perdere questa opportunità storica di far diventare il Parco dello Stelvio un modello di sviluppo territoriale ed economico sostenibil", afferma senza mezzi termini il presidente Josef Oberhofer per il quale "gli interessi economici hanno la priorità sulla protezione e la salvaguardia dell’ambiente quasi in tutto il progetto di piano".

Il no del CAI

L’obiettivo sarebbe quello di  di riuscire a coniugare la volontà di sviluppo delle comunità locali con gli obiettivi di tutela di uno dei più antichi parchi delle Alpi, che insieme ai vicini Parco Nazionale Svizzero, al Parco naturale provinciale Adamello-Brenta e al Parco regionale dell'Adamello, costituisce la più grande area protetta dell’arco alpino. "Ci si aspettava finalmente un po’ di coerenza con gli obiettivi di tutela che quest’area meriterebbe", osserva il CAI.

Le forme e le modalità di protezione speciale del Parco Nazionale dello Stelvio, come previsto dalla Legge 394/1991 e ai della norma di attuazione (dell'art. 3 del Decreto del Presidente della Repubblica 22 marzo 1974, n. 279) , dovrebbero garantire  che il Parco Nazionale rimanga una struttura unitaria. Ciò significa  che gli enti territoriali responsabili della gestione del Parco Nazionale (Provincia di Bolzano, Provincia di Trento e Regione Lombardia, Stato) dovrebbero esser  tenuti a stabilire  standard di protezione comuni per l'intera area del parco, ed eventualmente adottare ciascuno per il proprio territorio, solo norme di utilizzo più restrittive. "Ma non pare proprio essere uno degli obiettivi del nuovo piano e nuovo regolamento. Anzi, così costituito, il Parco rimane nei fatti basato su tre Parchi distinti sottesi ad interessi politici diversi". Come i tre Enti si potranno mettere d’accordo sul controllo degli accessi e sulle limitazioni del traffico turistico?, si chiede il CAI. "Passo Sella, Pordoi, Gardena finora sono, nel male, dei fulgidi esempi". L’ideale per il parco sarebbe indubbiamente una gestione unica come accade per tutti gli altri parchi europei come si può ben verificare con il famoso “benchmark”, "richiamato nello statuto ma che in questo caso ovviamente non vale". Si potrebbe ovviare magari affidando un incarico dirigenziale a turno tra le tre provincie, ma questo presupporrebbe avere politiche ed amministrazioni simili tra i tre enti, il che non sarà mai. I documenti rimangono delle bellissime dichiarazioni d’intenti ma è altrettanto dichiaratamente esplicitato che manca e non ci sarà mai un ente parco unico con i suoi poteri di autonomia decisionale ed attuativi nell’interesse globale del naturalismo del Parco stesso".

Nella bozza presentata, osserva l'associazione alpinistica, "non vi è alcun suggerimento circa auspicabili modalità di coordinamento tra le province autonome di Bolzano e Trento e la regione Lombardia".

Si ha l'impressione che le dichiarazioni di salvaguardia e tutela del patrimonio rappresentato dal Parco vengano smentite dai fatti

La gestione del Parco, attraverso il piano ed il regolamento dovrebbe perseguire la tutela della biodiversità, dei valori ambientali, paesaggistici e culturali, la promozione e valorizzazione di uno sviluppo sostenibile. Scorrendo quanto presentato si legge però che nelle diverse  zone, anche in quelle denominate riserve integrali, è "possibile ristrutturare i rifugi alpini anche ampliandone la volumetria esistente,  senza fissare dei limiti precisi, e con i medesimi "criteri" intervenire sulle malghe o realizzare, anche se piccoli, edifici di servizio". Leggendo queste proposte ci si chiede come possa essere rispettato il principio di conservazione integrale nelle zone denominate riserve integrali - zone A, conservare la naturalità nelle zone denominate riserve integrali orientate - zone B, osserva ancora il CAI.

Complessivamente "si ha l'impressione che le dichiarazioni di salvaguardia e tutela del patrimonio rappresentato dal Parco vengano smentite dai fatti". Il criterio  della  "comprovata utilità sociale ed economica" e relative deroghe, giustifica interventi altrimenti vietati o fortemente limitati dalle zone stesse previste nel parco, guardando soprattutto ad un turismo che non tiene conto del cambiamento climatico, "vedi ampliamento e costruzione nuove piste da sci con relativi impianti di innevamento artificiale, sfruttamento non monitorato delle risorse idriche, costruzione di parcheggi ed impianti a fune con relativo aumento della pressione antropica sul territorio e disturbo della fauna".

Per l'associazione alpinistica, infine, "è necessario pensare ad uno sviluppo che tuteli ambiente e biodiversità e sia sostenibile  per il territorio, magari spostando maggiori risorse pubbliche a sostegno di un'economia  di montagna distribuita sul territorio e nelle comunità di alta montagna che valorizzi maggiormente  le tradizioni artigianali e agropastorali. Non vorremmo che anche al Parco succedesse quello che è successo ad un pezzo del Catinaccio, diventato una particella edificabile  e venduto per 27.000,00 euro dalla  Provincia alla famiglia proprietaria del rifugio Santner".

La stroncatura del Dachverband

Secondo i protezionisti,  "al momento, le proposte di Piano mirano principalmente a garantire lo sviluppo economico all’interno dell’area del Parco Nazionale e non vengono invece introdotti nuovi standard ecologici, così importanti per la protezione dell'area del parco", sostiene Oberhofer

 

La Federazione, tuttavia, non si ferma alle critiche generali, ma entra nel dettaglio e si mostra particolarmente attenta dalle disposizioni che consentiranno la costruzione di nuove piste da sci e impianti di risalita nell'area del Parco Nazionale. "Alla base di queste disposizioni c'è soprattutto la volontà di completare dell'Ortles Ronda, ovvero il collegamento delle aree sciistiche di Orso/Langenstein e Madriccio/Madritsch attraverso l'area finora incontaminata dell'Hintergratkopf", spiega Madeleine Rohrer, direttrice della Federazione. E aggiunge: "Questo non solo minerebbe gli obiettivi climatici della Giunta provinciale, ma anche quelli di tutela dei siti Natura 2000 confinanti con l’area di progetto". Infatti, l’introduzione di una nuova zona sciistica taglierebbe una zona di riserva generale orientata, creando una frammentazione degli habitat con conseguente perdita di biodiversità.

Inoltre, aprirebbe le porte ad altri progetti di impianti di risalita, piste e innevamento nell'area del Parco Nazionale. "Tuttavia, tali interventi dovrebbero essere vietati da tempo, se non si vuole ridicolizzare iniziative come il Piano di sostenibilità o il vertice sulla sostenibilità", afferma Rohrer.

La Federazione critica anche la modalità prevista nelle bozze di gestione delle aree del parco, che per diversi aspetti sono sostanzialmente uguali a quelle applicate all’esterno del Parco. "Ci si aspetterebbe all’interno del parco, l’applicazione stringente di principi di gestione sostenibile, da cui si potrebbe ricavare un valore aggiunto non solo ecologico ma anche economico", afferma la direttrice. Anche in questo caso, tuttavia, "si è deciso di non cambiare rotta e continuare con lo stesso approccio che privilegia gli aspetti economici a quelli di tutela"

La Federazione chiede inoltre di vietare la costruzione di nuove strade - comprese le strade agro-silvo-pastorali e forestali - nelle aree centrali del Parco Nazionale.  Ancora, le osservazioni presentate criticano anche la possibilità di "espansione funzionale" dei rifugi nelle zone B del parco, come previsto nelle bozze di Piano. "Questa formulazione è così vaga che può essere intesa come un'espansione qualsiasi", afferma Rohrer. "Sebbene lo sviluppo economico e sociale delle comunità che si trovano nel Parco Nazionale debba essere garantito, in questa revisione della proposta di Piano per il Parco purtroppo non sono stati messi al centro i concetti di protezione del clima, della natura, del paesaggio e della biodiversità", afferma Josef Oberhofer.

 

 

 

 

 

 

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Robert Hölzl Di., 04.10.2022 - 18:48

Das große Problem des Nationalparks seit seiner Gründung war und ist, die Tatsache, dass Dörfer, Straßen, Schigebiete und andere menschlich geänderte Lebensräume Teil des Parks sind.
Erste Maßnahme sollte sein, dies Gebiete entweder aus dem NP auszugliedern oder als weniger geschützte Teile des Parks zu erklären; so etwas wird aber mit Sicherheit nicht geschehen.

Di., 04.10.2022 - 18:48 Permalink