Gesellschaft | Fragilità & LGBTI+

Amministrazione di Sostegno e LGBTI+

Uno sguardo al tema della fragilità all'interno della comunità LGBTI+
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Il 4 novembre, una data importante: viene approvato dalla Camera il disegno di legge Zan contro l'omobitransfobia, la misoginia e le discriminazioni verso i disabili. I sì sono stati 265, i no 193, gli astenuti 1.  Adesso tocca al Senato. Il testo, presentato dal deputato del Partito Democratico, prevede di estendere la legge Reale-Mancino dall'ambito del razzismo a quello dell'omobitransfobia in modo da punire con il carcere - con pene variabili a seconda delle diverse situazioni - chi istiga a commettere o commette atti di discriminazione o violenti per motivi "fondati sul sesso, sul genere, sull'orientamento sessuale o sull'identità  di genere".  Un passaggio importante, che determinerà un lento, ma costante, processo di cambiamento della nostra società, così che le nuove generazioni possano finalmente capire, imparare e costruire da queste basi un mondo nuovo: un mondo dove discriminare, escludere, denigrare un individuo per la propria identità sessuale è un crimine contro l'umanità stessa. 

Per questa occasione, mi sembra doveroso pubblicare una preziosa intervista rilasciata qualche giorno fa dalla vice-presidente di Centaurus Arcigay di Bolzano, Arianna Miriam Fiumefreddo. 

Arianna Fiumefreddo, è una counselor professionale, vice-presidente di Centaurus Arcigay Bolzano e attiva anche nell'Associazione Pro-Positiv. Arianna è dotata di uno spirito combattivo fuori dal comune. Sempre in prima linea e non solo a parole. L'inclusività e l'autodeterminazione di genere (e non solo) sono per lei una questione pratica: non la trovi soltanto in ufficio, ma in Via del Macello ad assicurarsi che le ragazze sui marciapiedi stiano bene. Vicina a chi viene emarginato, a chi non conosce la nostra lingua ed è vittima di tratta, vicina a chi riceve violenza quotidiana perché vittima di omobitransfobia. Dopo l'incontro con l'Associazione per l'Amministrazione di Sostegno (di cui sono collaboratrice da più di un anno), ci racconta le sue riflessioni e la sua scoperta di una figura che può fare la differenza anche nella vita di una persona che fa parte della Comunità LGTBI+.

Ma cos'è esattamente un/a amministratore/trice di sostegno?

L'amministratore/trice di sostegno è una persona, scelta da un giudice tutelare, che ha il compito di affiancare e supportare qualcuno/a che si trova in situazioni di disagio, fisico o psichico, è non è in grado, anche per un breve periodo, di occuparsi da solo/a i propri interessi personali e/o economici. L'AdS aiuta a gestire meglio il denaro, gli paga le bollette, gli organizza le vacanze, parla con i medici e gli infermieri, molto spesso gli risolve un bel po' di guai ma soprattutto ha il compito di ascoltarlo e progettare insieme a lui un futuro migliore.

E cosa significa davvero fragilità?

Cosa ci viene in mente pensando a questa parola? Spesso la si collega alla commiserazione e alla pena.  Fragile è infatti qualcosa che si può rompere, è un equilibrio precario.  Nessuno vorrebbe riconoscersi in questa parola.  Ma la verità, è che la fragilità è una caratteristica intrinseca nella natura umana. E se passiamo accanto a qualcuno/a più fragile di noi, aiutarlo/a e e prendersene cura, non può che farci riscoprire la nostra umanità.

INTERVISTA

Sylvie: Amministrazione di sostegno: come può aiutare una persona fragile che fa parte della comunità LGTBI+?

Arianna: Effettivamente, il tema della fragilità è un tema che spesso rimane fuori dalle tematiche trattate dalla Comunita' LGTBI+. C'è un immaginario culturale LGTBI+ giovane, bello, “favoloso”, che tiene lontano tutto ciò che è vecchio, fragile e problematico. Una visione distorta, che ci restituisce un'immagine superficiale, collegata soltanto alla sfilata di un Pride.

Questo, anche tra coloro che ne fanno parte, diminuisce la percezione di un certo tipo di fragilità, come il tema della terza età, dove le persone iniziano ad avere meno autonomia, sia tutte quelle situazioni in cui ci si può trovare improvvisamente: una malattia, un incidente, una dipendenza, l'indigenza economica. Oppure, la disabilità. Tutte queste circostanze non vengono neppure prese in considerazione.

Ma osserviamo ciò che accade a livello provinciale: l' Associazione Centaurus di Bolzano, ha avviato, ormai da due anni, diverse progettualità che l'hanno messa in contatto con le persone LGTBI+ fragili che necessitavano di un'amministratore/trice di sostegno.

Riportiamo il caso di Angela (nome di fantasia) con problematiche sociali, abitative e sanitarie che aveva richiesto di intraprendere un percorso di transizione sessuale. Una persona, nata di sesso maschile, che, sebbene abbia 50 anni, ha confessato agli operatori che l'avevano in carico, di voler vivere come una donna.

Le condizioni di salute di Angela, però peggiorano e improvvisamente non è più in grado di occuparsi in piena autonomia del propri interessi. La nomina di un amministratore/trice si rende urgentemente necessaria. Bisogna cercare qualcuno/a che sia adatto alle sue esigenze, che tenga conto del fatto che è una donna transessuale.

Se viene scelta un AdS che non possiede sufficiente sensibilità e apertura e mentale da accogliere il vissuto di Angela, legato alla sua identità LGTBI+, esso rischia di venire escluso o direttamente omesso per la paura delle ripercussioni negative e dei pregiudizi legati all'omobitransfobia. E questo non deve succedere.

Questa storia ha dato modo di riflettere sull'importanza di un'effettiva inclusività di quella parte “invisibile” della comunità LGTBI+. Questo significa essere pronti/e ad accogliere e sostenere le fasce più deboli e ad alto rischio di emarginazione.

Sylvie :Nel caso in cui una persona LGBTI+ disabile abbia già un amministratore di sostegno, questo può essere un aiuto concreto ad autodeterminarsi anche rispetto all' identità di genere?

Arianna: Se si inizia insieme un percorso mirato a migliorare la qualità di vita del beneficiario e preservarne gli spazi di autonomia, l'amministratore/trice deve essere dotato di grande capacità di ascolto e instaurare un  rapporto di fiducia tale che egli possa sentirsi libero/a di rivelargli la sua vera natura. L'Amministratore/trice di Sostegno, per svolgere la sua piena funzione sociale e solidale, deve aiutarlo/a a esprimersi e preoccuparsi di tenerlo connesso alla Comunità di cui fa parte, così che non si senta mai davvero solo/a. Se il beneficiario/a decide di andare ad un Pride a Berlino, in sedia rotelle, non deve avere nessuna paura di chiedere all'AdS di organizzargli il viaggio.

Dobbiamo tenere conto che una persona LGTBI+, che sia in perfetta salute o disabile dalla nascita, ha una difficoltà specifica che gli altri non hanno: viviamo in una società omobitransfobica, dove sin dall'infanzia è costretta ad interiorizzare i costrutti sociali e morali negativi legati all'identità LGTBI+. Se crescendo si scopre “diversa” e quindi aderente a quegli stereotipi negativi, avrà difficoltà ad avere un'immagine positiva di se stessa e ad accettarsi. In altre parole, si sentirà sempre sbagliata, fuori posto. Dovrà lavorarci tutta la vita e ci vorrà una grande forza interiore per fare coming out.

Sylvie: Abbiamo accennato all'argomento prima ma credo sia un tema molto interessante: cosa succede ad una persona LGTBI+ che si approccia alla terza età?

Arianna: Le nuove generazioni hanno potuto contrarre unioni civili, persino adottare figli o generarli. Ma cosa succede a quella quota di popolazione LGTBI+ già anziana adesso, che non ha alcun parente che possa prendersene cura o che a causa di un coming out ha interrotto da anni i rapporti con il nucleo familiare d'origine? Se viene nominato/a un amministratore/trice terzo/a, quest'ultimo/a potrebbe essere preparato/a sulle patologie della terza età ma non informato sulla possibilità che il suo beneficiario, seppur in età avanzata, abbia un certo orientamento. Come se essere anziani o malati, escludesse in automatico la dimensione sessuale. Cancellare un elemento così importante nella vita di un individuo, è lesivo per la dignità personale e umana. Pertanto, bisogna informare, sensibilizzare, abbattere questo tabù.

In altre parole, ci vuole una rivoluzione sociale e culturale che includa realmente la dimensione LGTBI+ in ogni aspetto della vita, anche la fragilità.

Le istituzioni, le associazioni, gli enti, i servizi, i/le singoli/e operatori/trici che hanno a che fare con l'ampio spettro della fragilità (patologie specifiche, disagio sociale, dipendenze, handicap, terza età, ecc.. ) dovrebbero cominciare a chiedersi se hanno dato abbastanza spazio di espressione a tutti quegli/quelle utenti che per paura di essere discriminati/e o giudicati/e negativamente, hanno tenuto nascosta questa parte di sé. Il diritto di dare voce alla propria identità di genere, in una società davvero equa e civile, deve essere garantito. Anche quando si ha un amministratore di sostegno. Anzi, ancora di più.

Sylvie Marie Hustin