Umwelt | Sostenibilità

Abbiamo bisogno di una moda più “sana”

Le storie dietro le t-shirt che compriamo. Biolife 2021 e la mostra Fashion Revolution: Franziska Blaas (Oew) sull’industria globale dell’abbigliamento e i suoi “peccati”
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Fashion Revolution
Foto: Fiera Bolzano Messe Bozen

Franziska Blaas, l’Oew-Organizzazione per Un Mondo solidale, di cui lei fa parte, cura - nell’ambito della Biolife 2021 che inizierà domani, venerdì 5 novembre, per chiudersi domenica 7 alla Fiera di Bolzano - la mostra “Fashion Revolution”, di cosa si tratta e qual è il messaggio che porta con sé?

Franziska Blaas: Fashion Revolution è un movimento globale che si batte contro il sovrasfruttamento e l’ingiustizia nell’industria tessile. La mostra tratta della produzione globale del tessile e ci informa sul percorso che una maglietta fa prima di arrivare nel nostro armadio. Dieci t-shirt giganti rispondono a domande come: quanto guadagna un operaio*a tessile in Bangladesh? Dove viene coltivato il cotone e che sostanze nocive contiene e a quali etichette bisogna prestare attenzione? Fornisce insomma informazioni accessibili sulla situazione del tessile a livello globale.

La moda, del resto, ha un forte impatto ambientale e sociale, quali sono i cambiamenti da cui partire per rendere sostenibile tutto il sistema?

L’industria dell’abbigliamento è ancora la più inquinante del mondo, seconda solo all’industria petrolifera. È responsabile dell’8-10% delle emissioni globali di CO2 e del massiccio sfruttamento di lavoratori e lavoratrici lungo la catena di produzione. Salari bassi, pesanti straordinari, divieti sindacali e mancanza di condizioni di sicurezza sul lavoro sono problemi enormi nel settore dell’abbigliamento su cui si dovrà intervenire.

Ogni anno si acquistano 80 miliardi di vestiti, di cui 40 tonnellate finiscono nella spazzatura solo in Europa. Un quarto dei vestiti del nostro armadio non viene quasi mai indossato. Ciò significa che non ne abbiamo bisogno

E nel nostro piccolo quali sono le abitudini che dovremmo adottare per uno shopping più responsabile e consapevole?

A mio avviso dovremmo cambiare il nostro comportamento di consumo e dovremmo comprare meno vestiti nuovi. Si compra il doppio dei vestiti rispetto a 20 anni fa e se ne indossa solo la metà. Ogni anno si acquistano 80 miliardi di vestiti, di cui 40 tonnellate finiscono nella spazzatura solo in Europa. Un quarto dei vestiti del nostro armadio non viene quasi mai indossato. Ciò significa che non ne abbiamo bisogno.

Come si concilia un guardaroba etico con una disponibilità economica limitata?

Se si vuole vestire in modo sostenibile ed equo, si tratta prima di tutto di ridurre al minimo il consumo. Dovremmo chiederci ad ogni acquisto se ne abbiamo davvero bisogno. Inoltre, è possibile acquistare bellissimi oggetti di seconda mano o scambiare vestiti con gli amici. Per i vestiti nuovi, raccomando di dare un occhio alle etichette del commercio equo e solidale. Questi vestiti sono di solito un po’ più costosi, ma sono anche di una qualità superiore, quindi si possono indossare per molto tempo. Il fast fashion, d'altra parte, non è veramente durevole e il prezzo è lo stesso se compro 10 vestiti economici o uno più costoso.

Ogni azienda dovrebbe essere obbligata a garantire che non ci siano state violazioni dei diritti umani o degrado ambientale nel processo di produzione. Se questo fosse controllato in ogni sua fase cambierebbero molte cose

Non sono molti ancora i marchi che rendono nota l’origine dei loro prodotti, come si può costruire un percorso di produzione trasparente e come comunicarlo ai consumatori?

Le aziende lungo la catena di approvvigionamento dovrebbero preoccuparsi della provenienza dei prodotti che comprano. Ogni azienda dovrebbe essere obbligata a garantire che non ci siano state violazioni dei diritti umani o degrado ambientale nel processo di produzione. Se questo fosse controllato in ogni sua fase cambierebbero molte cose. Allora non spetterebbe a noi consumatori assicurarci di comprare solo vestiti del commercio equo e solidale, ma sarebbe la norma.

Quali sono le pratiche che fanno più “male” al pianeta?

Il maggior peso sull’ambiente e anche sulle persone è la produzione di nuovi beni. C’è già una quantità pazzesca di vestiti nel mondo che sono ancora abbastanza buoni e anche abbastanza belli. Allora perché comprarne di nuovi?